"Allora, hai preso tutto?"
"Quasi" piccola pausa, e un lieve rumore di cosmetici ruppe il silenzio "tu cosa pensi ci servirà?"
"Ginny" Harry parve trattenere una risata "andiamo a Diagon Allen, un posto dove siamo sempre stati.
Non dobbiamo mica prepararci per un escursione"
"Questo lo so" ribatté secca Ginny, piccata "ma mi riferisco a tutti i paparazzi che per colpa tua non ci lasceranno mai in pace. Lo spray al peperoncino andrà bene?"
"Tesoro...non puoi spruzzarlo sulle persone. Non è politicamente corretto"
"Da quando ti interessa il politicamente corretto?" Sbuffò lei "e comunque" aggiunse, scostandosi i capelli rossi dal viso "é nel mio diritto tirare pugni, incantesimi o peperoncini a chiunque superi la distanza di un metro"
"Sai che non ho chiesto io di essere famoso" Harry sorrise mesto.
Ginny si addolcii. "E io so che non lo avresti mai chiesto. Ma comunque"la voce della donna si fece più secca "ti considero responsabile della nostra mancata privacy"
"Che onore" borbottò Harry, prima di poggiare le labbra su quelle della moglie. Ginny si abbondò al bacio veloce, poi si staccò da lui e, con un sorriso, salii al piano superiore.
Ron roteò gli occhi. Sembrava che sua sorella e il suo migliore amico si fossero dimenticati che lui era lì. Con loro. E vedeva le loro effusioni di cui dai tempi della scuola preferiva rimanere all'oscuro - anche perché la voglia di prendere la bacchetta e staccare quei due era stata davvero tanta, e Ron quasi si sorprendeva di avervi resistito.
Però forse ai due piccioncini piaceva avere pubblico. Ron represse un brivido al pensiero.
Era seduto sul divano rosso nella casa di Harry e Ginny - molto più curata della sua, ma loro due avevano dei motivi per andare avanti, Ron no - circondato dalle pareti colore carne del salotto. Harry era in cucina, un espressione idiota e ebete sul volto al tempo stesso, poggiato sul bancone con la schiena, le braccia incrociate al petto e lo sguardo che seguiva la scia che aveva lasciato Ginny. I suoi occhi esprimevano solo un emozione: amore. Puro, semplice, sincero, amore.
Ron fece una smorfia. Riusciva a vedere il migliore amico dalla porta aperta della stanza azzurra dove moglie e marito si erano rintanati - forse credendo che Ron non riuscisse a vederli. Ma erano scemi? Quella casa era tutta una finestra, trovare un muro continuo senza interruzioni era in impresa più difficile che riportare in vita Silente. Davvero avevano anche solo pensato per un secondo che potevano essere nascosti agli occhi tristi di Ron? Allora il Prescelto aveva sul serio perso colpi, con l'età.
Se mai gli aveva avuti. Pensò Ron con una punta di acidità. Più che altro si sorprendeva che i due non temessero di essere colti in flagranze in scene compromettenti, sia dai vicini che da altri.
Si lamentavano tanto dei paparazzi, ma la loro casa sembrava letteralmente una vetrina che invitava i giornalisti a dare un occhiata dentro. Chi poteva biasimarli se non avevano resistito all'irrefrenabile, implacabile e mostruosa curiosità. Ron avrebbe fatto lo stesso, se fosse stato nei loro panni.
"Allora, Ron" Harry sbucò dalla cucina ancora con un sorriso sul volto, terribilmente irritante per parte di Ron. "Come va a casa tua? É accettabile per far tornare Rose e Hugo durante le vacanze di Natale?"
Ron sbuffò. "Le vacanze di Natale sono fra più di un mese. Ho tutto il tempo di risistemare la casa"
"Ma aspetterai all'ultimo, a farlo, non é vero?"
Ron gli lanciò uno sguardo. Non era in vena di scherzare. "Non lo potresti sapere" borbottò, spostando gli occhi verso una finestra che si apriva sulla strada del quartiere di Harry e Ginny. Era pulito, sicuro, accogliente. L'esatto contrario di quello di Ron.
Harry si sedette accanto a lui con un profondo sospiro, come se fosse stanco. Rimbalzò comicamente sul davano, mentre questo emetteva un lieve sbuffo di protesta. Ron si trattenne dal dirgli qualcosa di poco carino.
"Hai bisogno di aiuto?" Gli chiese Harry "sai che puoi sempre contare su di noi"
"Sì" Ron si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo "lo so"
Harry rimase zitto un attimo.
"Ti ricordi" riprese piano, lanciado un occhiata su per le scale. "I Natali che passavano a casa dei tuoi? Quando eravamo ancora a scuola"
"Sì" Ron accennò appena un sorriso "sì, mi ricordo"
Harry si abbandonò con il busto allo schienale della sedia. "Quelli sí che erano bei tempi. Io e te che ci svegliavamo tardi, Ginny che preparava la colazione, Molly che ci dava regali tutta entusiasta...inizio anche ad avere nostalgia dei regali di Fred e George."
"I loro scherzi" disse Ron scuotendo la testa "ti facevano andare fuori di testa e scatenarvi le loro risate. Quando arriva Ginny?"
"Mi manca anche la solita visita di Dobby. Te lo ricordi? Anche se non ci vedevamo spesso non si era mai dimenticato di noi. Mai. Ci ricordava come i due ragazzi che gli avevano dato la libertà."
"Tu gli hai dato la libertà" borbottò Ron, guardando apprensivo sulle scale e sperando che Ginny si materializzasse all'improvviso su di esse per porre fine a quella discussione "io non feci niente."
Harry non parve nemmeno averlo sentito. "Kreacer ancora oggi, qualche volta, mi fa dei regali. Lo fa molto spesso ai ragazzi. Soprattutto a Lily.
Penso sia la sua preferita"
"Mm" fece Ron abbastanza distratto. Seguiva a metà il discorso di Harry. Con l'altra metà del cervello pregava che Ginny scendesse da quel fottutissimo piano di sopra e si dimostrasse pronta per uscire.
"Ti ricordi cosa mi fece al Natale del sesto anno? Una sacca di vermi.
Incredibile. Quei cosi mi fanno ancora schifo se ci penso"
"Fantastico"
Ron guardò su per le scale. Miseriaccia. Perché sua sorella ci metteva tanto a prepararsi?
Harry sospirò, mettendo le mani dietro la testa. Tenne lo sguardo alto, verso il soffitto, probabilmente con gli occhi ancora persi in quei ricordi.
"Durante quei tempi, Hermione ci faceva sempre un regalo. A tutti e due."
Ecco. Esattamente il punto della discussione che Ron voleva evitare. Il nome della moglie uscito dalle labbra di Harry con quel tono nostalgico e triste lo aveva attraversato come un dolore fisico. Un dolore che Ron non ci teneva a ripetere.
"Ricordi..."
"Harry" Ron lo bloccò, stanco. Aveva deciso di tagliare corto "Non ho voglia di perdermi nei ricordi, né alcuna intenzione di divertirmi, ridere o scherzare"
"O essere felice" sbuffò Harry a mezza voce.
Ron lo fissò in modo interrogativo "scusa?"
"Niente" Harry si alzò, nervoso. Guardava su per le scale insistentemente, forse cercando di evocare Ginny con il pensiero. Sembrava irritato e ansioso.
"Cosa c'è?" Chiese Ron, guardandolo in sottecchi.
Harry sospirò. Si passò una mano fra i capelli sempre più indomabili, e solo dopo si voltò verso Ron. Aveva il volto rosso e contratto, notò questo ultimo con sorpresa, e sembrava trattenersi dall'urlare.
"C'è" sbottò Harry, con un evidente sforzo nella voce per non iniziare a dare sfogo alla rabbia "che tu non vuoi mai scherzare. Non vuoi mai divertiti, non vuoi mai fare niente. Tu non vuoi mai vivere. Inventi sempre qualche scusa e rimani da solo, triste, mogio. Non ti lasci più trasportare dagli eventi, come invece facevi proma. Non sei mai in vena di fare battute, cosa molto diversa dal ragazzo a cui io ero abituato, pronto a mettere il sorriso a tutti, anche nei momenti più bui."
Ron inarcò un soppracciglio. "Sono cresciuto, forse? Sai, é un processo che capita e non si può bloccare"
Harry lo ignorò.
"Dopo la morte di Hermione tu ti sei spento! Sei diventato mogio, e quando ti parlo sembra che nemmeno mi ascolti..."
"Oh beh, mi dispiace se non ho superato la morte di mia moglie. Sai, l'unica donna che io ho mai amato e che mai amerò" sibilò Ron, alzandosi.
"Devi andare avanti, Ron. É morta quattordici anni fa!"
"E dimenticarla?
"Non si tratta di dimenticarla" disse piano Harry, mettendo le mani avanti.
"Sì invece!" Disse Ron, ormai vicino all'urlo "si tratta di dimenticarla, e tu lo sai bene. Ma se ti fosse importato almeno in po' di lei adesso mi appoggeresti nella mia tristezza sensa spingermi a fare cose che non voglio.
La ricorderesti inseme a me, invece di-"
"Credi che non mi dispiaccia?" La voce di Harry era piatta, tranquilla. Eppure scottava come il giaccio.
"Si. Se fai così, penso che non ti dispiaccia" ribatté Ron, furioso.
"Nella questione non c'entra di dispiacermi o meno. C'entra che la morte di Hermione mi ha distrutto, ma tu sei ancora peggio! Sembra che tu sia morto con lei."
"Anche se fosse?" Chiese Ron "é quello che mi merito. Lei doveva vivere. Lei era quella brava della coppia. Lei meritava la felicità. E invece? Mi ha lasciato, é morta giovanissima senza vedere sua figlia crescere. Mi ha lasciato allevare i nostri figli da solo! Hai almeno la vaga idea di quando sia doloroso?"
"No" ammise Harry. "Non la ho"
"Ecco. Non potrai mai capire"
"Hai ragione." Harry si era acceso di rabbia. I suoi occhi lanciavano lampi, e per un secondo Ron fu tentato di fare dei passi indietro "Non potrò mai capire perché tu abbia tentato il suicidio. Non capirò mai la fatica che fai a crescere Rose e Hugo da solo. Non avrò mai la più pallida idea di come sia fare il genitore da solo, ne proverò mai lo stesso dolore che senti tu per aver perso la persona che ami. Ma non credere che non sappia cosa sia il dolore. Non credere che non sappia cosa si prova a prendere qualcuno che ami. Devo forse ricordarti la mia infanzia, Ron? Tutte le persone che mi volevano bene e che hanno tentato di farmi da genitori che se ne sono andate? Sirius, Remus, mia madre, mio padre persone che non ho mai conosciuto! Credi davvero che non sappia come ti senti? Che non capisca il vuoto che hai dentro? Ti assicuro.
Lo capisco. E lo provo. Ogni giorno."
"Io non mi sento vuoto" affermò Ron, poco convinto.
"Si invece." Ribatté Harry "e io lo vedo"
Ron rimase in silenzio a lungo. Quasi implorava sua sorella di rimanere di sopra ancora in po', dare il tempo a loro due di finire quella discussione. Da solo.
Alla fine alzò lo sguardo su Harry. I due smeraldi che aveva negli occhi lo fissavano intensamente, con rabbia, qualche accenno di cedimento che faceva trapelare il dolore di quanto sentiva dentro di lui. Sembrava attendere un commento finale per quando successo.
Ron lo fissò duro. La sua voce era secca, quando parlo, tanto che si sorprese lui stesso.
"almeno io non vivo la mia vita felice facendo finta che lei non sia mai esistita." Disse. Harry parve smontarsi sotto i suoi occhi "Io la ricordo ancora"
Harry rimase un attimo interdetto, con la maschera di cera che si era scuola sulla sua faccia per la furia delle parole di Ron. Poi si riprese, allentò i pugni e si mise dritto, tranquillo. Sospirò.
"Ma io non voglio perdere i miei due migliori amici in un colpo solo. E se tu continui a comportarti da morto, non mi fai altro che farmi avere la sensazione di aver perso altre due persone importanti per me. Di doverti aggiungere alla lunga lista di persone a cui ho voluto bene che ora non ci sono più" fece una pausa, guardando su per le scale. "E io non voglio, Ron.
Mi basta che Hermione non ci sia più con noi. Non voglio che non ci sia più nemmeno tu. Non andartene prima del previsto"
Ron rimase zitto. Era sorpreso? Sì, ma non lo avrebbe mai ammesso. Tentennò, spostando il peso da una gamba all'altra, a disagio. Non sapeva esattamente come rispondere. Alla fine aprii la bocca per replicare, ma non riuscii a emettere fiato.
"Allora?" Chiese Ginny solare, ai piedi delle scale. Indossava un giacchetto rosso, di pelle, nonostante fuori facesse un freddo incredibile. I capelli lisci erano legati in una coda laterale, che cadeva sulla spalla a mo' di pozza di sangue. "Andiamo?"
Harry si voltò verso di lei sorridendo. Ogni traccia del loro litigio era svanita, evaporata dal suo corpo come neve al solo. Non rimaneva nemmeno un ombra.
"Certo amore" disse. Le si avvicinò, scoccandole un bacio a fior di labbra.
Ron li guardò sentendosi improvvisamente male. Dovette trattenere un conato di vomito. Fece una smorfia, spostando lo sguardo.
La tristezza e la nostalgia non lo avevano mai colpito in modo tanto violento. Ora si erano mischiare insieme, compattandosi, formando un unico, doloroso turbine di emozione che si abbatteva su di lui con la più totale e completa consapevolezza che Hermione non c'era più.
Niente l'avrebbe riportata più indietro.
Ron fissò ancora Harry e Ginny, che si stavano staccando. Si sorridevano, e i loro occhi sprizzavano amore da tutte le parti. Ron quasi lo sentiva intorno a lui, nell'aria. Quasi lo stava soffocando.
Forse lui e Hermione sarebbero stati così, chissà. Certo, se il cuore di lei non avesse smesso di battere, e lui non fosse morto dentro.
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Diagon Allen non era mai sembrata tanto accesa. Solare. Piena di vita.
Tutte cose che Ron, al momento, odiava. Harry e Ginny camminavamo a qualche metro da lui, mano della mano, guardandosi con occhi dolci di tanto in tanto da sopra le dita intrecciate. Ignoravano con una certa maestria gli sguardi dei curiosi che si fermavano, li guardavano, li indicavano. Sembrava che ci fossero solo loro due, avvolti in una specie di bolla fatta di zucchero e unicorni...
Ron per un momento si chiese se lui e Hermione fossero mai apparsi così dall'esterno. Se anche loro avevano dato l'impressione di perdersi in un mondo tutto loro, senza che gli altri potessero accedervi. Beh, perché per Ron i momenti con lei erano sempre stati così: la sola presenza di Hermione bastava a portarlo lontano, trasportarlo in un altro universo privo di sofferenze, dove loro due potevano divertirsi all'infinito. Era incredibile quanto lei avesse il potere di sdradicarlo dal reale (per quanto a lei potesse sembrare reale il loro mondo magico) e far piangere le sue radici altrove, dove nessuno avrebbe più potuto disturbarli.
Ron guardò ancora Harry e Ginny. Sentii qualcosa incrinarsi dentro di lui, succube della nostalgia. Distolse lo sguardo.
Ora, quei viaggi, li faceva da solo. Esattamente un ora prima era andato dalla moglie, dopo che il trio era uscito, con la scusa di aver dimenticato qualcosa a casa. Aveva passato solo cinque minuti con la sua immaginazione che macinava le probabili risposte che la donna gli avrebbe dato, ed era stata sempre la stessa: trovati un altra. Voglio che tu sia felice. Come se lui potesse anche solo concedersi qualcosa del genere!
Però non erano neanche solo lontanamente simili a quei viaggi, quei rifugi che si costruivano intorno per non essere disturbati, che facevano quando lei era ancora in vita. Quando lei lo portava in un mondo solo loro.
Ora la mano calda di Hermione che lo teneva e lo guidava era solo pura immaginazione, gli sguardi che si lanciavano biechi ricordi ammuffiti di cui Ron aveva il terrore di perderli.
Dimenticarsi di lei e non riuscire più a trovarla. E questo terrore comprendeva anche trovarsi un altra.
Come avrebbe fatto a onorare la memoria di sua moglie, se accanto aveva un altra donna, di certo non alla sua altezza? A Ron sembrava impossibile potersi concentrare su due donne contemporaneamente.
Per questo risolveva il problema subito: evitava di uscire con altre, e Hermione occupava tutta la sua testa, senza doverla condividere con qualcuno altra.
E poi, pensò Ron, tentando di convincersi e di soffocare l'invidia nei confronti di sua sorella e del suo migliore amico, sarebbe stata una presa in giro per la sfortunata donna.
Ron amava ancora Hermione, anche se non lo poteva più dimostrare, e anche se lei non avrebbe mai più potuto cogliere il suo amore. Frequentarsi con qualcun altra per lui sarebbe equivalso a tradirla, dato che lui avrebbe pensato sempre, costantemente, senza interruzioni, a Hermione. Nessuna donna meritava di essere un rimpiazzo per porre una momentanea fine alle sue sofferenze. Nessuna, per quando crudele, meritava di essere presa in giro così.
E Hermione non meritava di avere un rimpiazzo.
E poi, parliamoci chiaro: Ron non aveva niente da offrire, se non la fama (non meritata) della seconda Guerra Magica. Hermione era stata l'unica donna (per qualche motivo oscuro a lui) che aveva - e avrebbe mai - accettato di passare la vita con lui. Ron non era abbastanza per nessuna. Si chiedeva ancora come mai Hermione si fosse accontentata di uno come lui.
Il suo cuore mancò di un battito, e Ron sentii come il petto accartocciarsi su se stesso. Adesso rimpiangeva di non aver chiesto alla moglie come mai aveva accettato di essere legata con un fallito come lui.
Chissà cosa gli avrebbe risposto. Magari che lo aveva così tanto e così sinceramente da passare sopra a certe piccolezze, come il fatto che lui non era minimamente all'altezza della portentosa donna più intelligente della sua età.
O magari che le aveva fatto pena. Che sapeva nessuna l'avrebbe mai voluto e che lei si sacrificava per toglierlo dalla circolazione e dargli un contentino. Si, forse questa era l'ipotesi più plausibile. Di certo anche questo aveva influenzato la scelta di Hermione.
Però, assecondando ciò, Ron non riusciva a fare altro che maledissi di più.
Se Hermione non avesse accettato quel dannato anello, se non avesse voluto crescere una famiglia proprio insieme a lui, ora sarebbe ancora viva.
Felice, magari con un altro. E Ron si sarebbe sentito soddisfato.
Per lui era sempre stato mille volte meglio vederla lontana, anche con al fianco una persona che non fosse lui, ma felice; che vederla accanto a lui, ma sotto la terra, triste e fredda, priva di contatto. Morta.
"Ron?" Harry, ancora semi abbracciato con Ginny, richiamò la sua attenzione "Ron, ci sei? Almeno hai sentito parte del nostro discorso?"
Ron sbatté le palpebre. Ci mise parecchio a voltarsi e a mettere a fuoco l'espressione scazzata di Harry.
"Si" disse "vi ascolto"
Harry gli mandò un rimprovero con gli occhi, ma non disse niente. Ginny, invece, alzò gli occhi al cielo, un sorriso divertito a incresparle le labbra.
"Sei sempre il solito, Ron! Stavano parlando del Natale"
Ron sbuffò. "Manca ancora più di un mese. Mi spiegate perché vi preoccupate così presto di una stupida festività"
"Prima tu ti preparavi da ottobre per il Natale" ribatté Ginny, il mento alto. Gli occhi di Harry corsero a Ron, in una occhiata eloquente; che Ron ignorò bellatamente "quindi vedi di aiutarci e fare meno l'ipocrita"
"Ma grazie eh"
Ginny gli sorrise smagliante. Ron si rese improvvisamente conto di quanto Lily Luna le somigliasse. "É sempre un piacere"
La somiglianza svanii, di colpo, come fumo sotto la forza del vento. Ron sbatté le palpebre, e non c'era più.
Era come se qualcuno avesse scosso lineamenti di Ginny, e tutto ciò che in lei a Ron gli ricordava Lily fosse svanito.
Come il mare che si ritira sulla spiaggia e trasforma i disegni sul bagno asciuga in chiazze indistinte e senza forma. Prive di significati.
"Che cosa stavate dicendo?" Chiese, ripretosi dalle sue riflessioni. Gli occhi di Hermione II somigliavano al mare. Ron lo aveva sempre notato. Erano i suoi. E Ron ci era sempre rimasto male.
"Che il ventitré andiamo tutti alla Tana" Ginny sbuffò, scocciata "passiamo vigilia e Natale, e Capodanno da mamma e papà"
"Perché non facciamo anche l'epifania" borbottò Ron, ironico.
"Se continui a fare così puoi scommeterci che ti ci faccio passare anche l'epifania. Almeno aiuti mamma e papà e compensi a Hermione II e Hugo il tempo che nell'estate non passano con i loro nonni" ribatté Ginny.
Ron le lanciò un occhiataccia. Sua sorella alle volte era davvero insopprimibile. A dire il vero, alle volte la odiava.
A beh, dopo la morte di Hermione odiava un po' tutti. Ma non era certo colpa sua.
Era colpa degli sguardi che la gente continuava a lanciargli credendo che lui non vedesse. Cosa pensavano, che dalla morte di Hermione si fosse rincoglionito? Certo, era cambiato tanto che nemmeno lui si riconosceva più, ma di certo non era la sua intelligenza a essere calata.
Potevano anche farsi i fattacci loro. Di certo non sarebbero morti se, per una volta, non so fossero impicciati nei cazzi altrui.
Ron fece scattare la testa di lato, fulminando un uomo di vent'anni che continuava a lanciargli occhiatine.
Il ragazzo arrossì, voltandosi velocemente nell'illusione che Ron non avesse visto che lo stava fissando da venti minuti buoni. Ron sbuffò.
Che deficente.
"Andiamo" mormorò Ginny, che si era accorta dello scambio di sguardi "qui non si può stare un minuto in pace"
Harry strofinò la punta del naso sul suo collo "mi dispiace, tesoro"
Ron fece una smorfia. Miseriaccia, perché non capivano che si sentiva fottutamente in imbarazzo? I suoi segnali non erano abbastanza espliciti? All'inizio aveva pensato anche di vomitare, pur di farli smettere, ma gli sembrava poco carino. E poi erano in pubblico. Non voleva essere costretto a mostrare il suo vomito davanti a degli estranei.
Non se lo meritavano.
"Passiamo di qui" proprie Harry, accennando con la testa a una via laterale. Ron la guardò. Era un vicolo stretto, con i muri che lo delimitavano quasi addossati l'uno all'altra, e si concludeva in un buco nero. Lanciò un occhiata a Harry. "Sicuro? Non sai mai cosa potremmo trovarci dentro"
"Oh Merlino Ron" Ginny alzò gli occhi al cielo, a metà scocciata e di scherno "siamo maggiorenni patentati. Sopravvissuti a una guerra. Chiunque ci sia non potrà farci alcun male"
Non se ci coglie di sorpresa pensò Ron, e stava per dare voce alla sua congettura, ma poi si trattenne guardando il vicolo.
Chissà...magari era la volta buona che succedeva la catastrofe per ricongiungersi a Hermione.
"Andiamo"
Ginny e Harry svoltarono in avanti. Lui subito dietro di loro, e tutti e tre si addentrarono in quel vicolo. Li, anche se ci fosse stato qualcuno, con tutto quel buio che li avvolgeva nessuno li avrebbe visti. Figuriamoci riconoscerli! Ron poteva stare tranquillo. Perdersi un attimo nei ricordi con Hermione, privatamente e...
No. Un suono acuto strappò l'aria intorno a loro. Ron si bloccò sul posto.
Harry e Ginny si immobilizzarono, due sagome scure contro uno sfondo nero. Simultaneamente, quasi leggendosi nel pensiero, fecero lo stesso identico movimento e sfoderarono le bacchette contro l'oscurità che li avvolgeva.
Ron si rese a stento conto di averla presa anche lui. Non si ricordava di aver seguito i movimenti di Harry.
Se ci fosse stata Hermione, probabilmente, lo avrebbe fatto in contemporanea a lui. Ron ne era quasi certo: una volta messi insieme avevano raggiunto un intesa invidiabile.
E di nuovo, un suono acuto ruppe il silenzio. A Ron si gelò il sangue nelle vene, riconoscendo un urlo.
Urlo da donna.
Ginny trasalì, appoggiandosi a Harry. Lui la fece passare dietro, accanto a Ron, e si mise in avanti. Aveva le spalle rigide, e Ron riconobbe la solita posa di attesa che usavano durante gli appostamenti Aurur. Senza che avesse bisogno di sentirselo dire, afferrò sua sorella per un braccio e la mise un po' dietro di lui, senza lasciarla andare, cercando di farle scudo con il corpo sia avanti che indietro. Potevano arrivare da tutte le parti.
Ginny riprese il suo sangue freddo. Levò alta la bacchetta, e Ron vide la lieve luce irradiare il volto teso e preoccupato della donna. Si rifletteva in piccole scaglie bianche dentro i suoi occhi scuri.
Senza pensarci, forse per qualche istinto rimasto da quando erano bambini, Ron le accarezzò piano il braccio. Era stato così delicato e impercettibile che non pensava Ginny se ne sarebbe accorta, e rimase sorpreso quando vide gli occhi scuri di sua sorella mandargli un ringraziamento muto.
Appena spaesato, Ron annuii.
"LASCIAMI"
Tutti e tre si allertarono con un sussulto. Harry volto per un attimo la testa verso Ron e Ginny, gli occhi verdi spaventati.
Poi si rigiro in avanti e partii a corsa, percorrendo il vicolo in tutta la sua lunghezza.
Ron rimase un attimo immobile, poi lo rincorse, tirando Ginny dietro di sé. Lei si fece trascinare per qualche secondo, poi si staccò da lui e gli corse a fianco, intenta a raggiungere il marito scomparso in tutto quel buio.
"Harry!" Chiamò Ginny.
Ron agitò la bacchetta, e una luce potente e bianca tagliò a metà il vicolo, illuminando dove mettevano i piedi. Era lercio, con della spazzatura per terra sparsa quasi dappertutto e i cassonetti aperti gettati in mezzo alla via, ma Ron non se la sentiva di fare il moralista. Era troppo abituato a casa sua.
Ginny, invece, fece una smorfia. "Che schifo"
Un altro urlo. Ora era incredibilmente vicino.
Ron guardò Ginny nella penombra.
"Facci l'abitudine"
Poi accelerò il passo e Ginny, dietro di lui, fece lo stesso. Non era affaticato, era abitato a correre così tanto, soprattutto negli inseguimenti. Ormai non la sentiva nemmeno più lo sforzo che faceva da quante volte lo aveva fatto. Eppure aveva il fiato corto, il cuore che batteva a mille.
Aveva paura. Una fifa matta che a Harry o Ginny potesse accadere qualcosa, e che la loro famiglia potesse cadere nello stesso baratro di non ritorno nel quale era precipitata la sua. Fece una smorfia.
Non lo avrebbe mai permesso.
Il cono di luce bianca di Ron catturò nella sua aura di giorno la fonte del rumore. Prima ancora di capirne il senso sentii la voce di Harry, chiara e imponente come quella che usava durante gli interrogatori. Si bloccò, mentre Ginny lo sorpassava e si schierava di fianco al marito. Come aveva sempre fatto.
"Ti conviene andartene" disse Harry, secco. "La hai sentita. Non ti vuole"
"Oh ma tu guarda" lo schernii un uomo imponente, alto almeno due metri "é arrivata la cavalleria per la puttana" sorrise, o denti storti che riflettevano la luce della bacchetta di Ron in bagliori inquetanti "non sapevo fossi così importante. Te la fai anche con lui? In tal caso, rossa, dovresti ammazzarla. E credimi, avresti il mio totale appoggio"
"Oh beh" sibilò Ginny, un felino pronto a balzare "la voglia di uccidere qualcuno, in questo momento é alta, ma credimi non é per lei"
"Allora sei molto stupida" commentò l'altro.
Ginny alzò la bacchetta, furiosa. Harry fece un passo avanti, facendole cenno di abbassarla. Guardò dritto in faccia l'uomo, dal quale distava poco meno di un metro. Era più basso di lui, ma conservava sempre la pericolosità data dalle cicatrici, segni indelebili delle sue sofferenze.
"Sparisci" disse calmo, ma con un tono che non ammetteva repliche.
L'uomo ghignò.
"Qualche problema?" Chiese. Strafottente.
"Si. Se non te ne andrai te me ritroverai parecchi" intervenne Ron.
Per la prima volta, l'uomo si girò a guardarlo. E solo in quel momento Ron notò che aveva serrato nella mano il polso di una ragazza, semi nascosta dall'oscurità.
Strinse la presa sulla bacchetta.
"Ho sentito parlare di te" disse piano l'uomo. "lo Weasley fallito. Quello che fa passare un inferno ai propri figli.
Che odia il più piccolo e a tentato di ammazzarlo solo perché aveva ucciso sua moglie. Hai mai pensato che forse sei stato tu?" L'uomo sorrise ancora, e Ron strinse maggiormente la bacchetta. Harry gli lanciò un occhiata di ammonimento, che Ron non si curò di notare "Dopotutto, sei stato tu a metterla incita. Hai mai pensato che avresti potuto fermarti?
Adesso, la tua cara Hermione sarebbe viva."
Ron scattò. Il nome di sua moglie non doveva essere profanato. E non doveva uscire dalle lerce labbra di uno stronzo. Levò la bacchetta in aria.
Harry lo precedette.
"Cacsna!"
Un raggio giallo partii dalla punta della sua bacchetta, dritto verso l'uomo. Qualcuno urlò, ma l'incantesimo si infranse contro una barriera invisibile.
"Notevole Potter" sogghignò l'uomo guardandolo attraverso l'oscurità. "Ma non abbastanza. Silamtan"
"Proteco"
Ron si lanciò in avanti, affiancando Harry. L'uomo aveva degli occhi da felino, folli. Lo guardò, una luce strana sul volto. Poi fece un sorriso storto.
"Stupeficium!" Urlò, tirando il braccio senza bacchetta verso di loro. Ron vide una figura alta, snella, elegante stagliarsi contro il nero e perdere l'equilibrio. Sentii distrattamente Harry parare lo schiantesimo, mentre lui si lanciava in avanti, ginocchia al terreno, e sentiva un corpo caldo cozzare contro di lui con forza.
La afferrò per i fianchi, attento a non toccare più del dovuto. Non voleva approfittarsi di una situazione del genere, sopprattutto con una ragazza che sembrava già averne passate tante.
L'uomo sorrise fissando gli occhi folli su di loro. "Ammirevole" disse.
Ron alzò lo sguardo e lo fissò. Fece una smorfia di rabbia. Fece per alzarsi e scattare in avanti ma, con una mezza giravolta e uno schiocco, l'uomo si era già smateriallizato. Altrove. Lontano da loro.
"Merda!" Sbottò Harry, arrivando un secondo in ritardo ne punto fino a dove un attimo prima c'era stato l'uomo. Si passò una mano fra i capelli, nervoso "lo avevamo quasi preso!"
"Harry" Ginny lo ammonii con una occhiata "non sei a lavoro" poi andò verso Ron con un sorriso rassicurante.
Ron ci mise un attimo più del dovuto a capire che non era per lui. "Come stai?" Chiese Ginny alla donna, tirando fuori un tono dolce che Ron le aveva visto utilizzare solo con James, Albus e Lily.
"Alla perfezione" disse lei, e il cuore di Ron mancò un battito per la sorpresa di riconoscerla. Allentò la presa sui suoi fianchi, sentendosi arrossire improvvisamente. Per fortuna era buio, e le sue guancie sarebbero passare inosservate con tutto quel nero. E con i recenti avvenimenti, certo. La donna si alzò in piedi, spazzolandosi il vestito nero.
I tacchi scuri brillavano sotto la luce della bacchetta di Ron.
"Grazie, comunque" disse Pansy Parkiston, tendendo una mano a Ginny.
L'altra sorrise, afferrandola. "E di che" disse "chiama quando hai bisogno"
Pansy scrollò le spalle. "Lo farò"
"Vuoi sporgere denuncia?" Chiese Harry avvicinandosi a loro "se ci dai la sua descrizione posso mettere degli Aurur al suo inseguimento, possiamo trovarlo e..."
"No" Pansy scosse la testa "non avrebbe fatto niente di male. E io anche se fosse successo io me la sarei cavata bene anche da sola"
Harry la guardò. Sembrava deluso.
"Sicura?"
"Si, Potter." Pansy gli scoccò un occhiata "sono sicura. Comunque grazie anche a te" aggiunse, lievemente in imbarazzo.
Ron si alzò piano. Per lui era successo ancora tutto troppo velocemente. Doveva metabolizzare.
Curiosa dal movimento, Pansy si voltò verso di lui. La luce della bacchetta di Ron le illuminava il volto, facendole splendere i denti bianchi del sorriso.
Sorriso che si gelò non appena lo riconobbe. Una smorfia spiazzata e terrorizzata prese il posto sul suo volto.
Ron non disse niente. C'era una stra tensione, nell'aria, e lui sapeva a cosa fosse dovuto. Un po' se ne pentiva e imbarazzava. Ah, e ovviamente gli dispiaceva.
Il ricordo del loro ultimo incontro era vivido fra i due come un segno di preannuncio di sventura.
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In The Name/ Scorose.
Hayran KurguTutti concordano sul fatto che Rose Weasley é una delle persone più buone al mondo: sempre gentile e altruista con tutti ( e con tutti, ovviamente, comprendo anche gli animali, dai più piccoli e innocui ai più grandi e pericolosi) pensa prima alle n...