Colpa delle stelle (Deuce) 🌸

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» 𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

» Prompt: Stelle (pumpNIGHT)

Importante: la storia è ambientata durante l'evento Wish upon a Star: Wish and Dance


Tum! Tum!

Il tamburo era partito, Idia aveva cominciato a dare il ritmo per la danza che io e Trey avremmo dovuto fare, era arrivato il mio momento. Feci un passo in avanti, poi un altro e poi mi alzai sulle punte, per ricadere sui talloni, mettendo i piedi piatti al terreno. Il ballo non faceva davvero per me, mi dicevano che ero un ciocco di legno e devo ammettere che non avevano torto. Però ero stato scelto, ero uno dei Stargazen e il mio ruolo era proprio quello di danzare attorno all'albero per permettere ai sogni dei miei amici e compagni di scuola di librarsi verso il cielo. Il destino aveva scelto me e nelle settimane precedenti mi ero impegnato al meglio per sciogliermi e imparare a mettere insieme dei passi che potessero sprigionare la magia necessaria per far elevare i desideri fino alle stelle.

Un rombo provenne dal cielo e sollevai gli occhi fino ai nuvoloni neri che lo stavano oscurando. Sentivo l'ansia salirmi dentro e feci dei profondi respiri per evitare che mi prendesse e mi facesse bloccare. Sembrava davvero che tutto si stava mettendo contro l'evento: prima Idia che non voleva adempiere al suo ruolo, poi le disastrose prove e infine il cielo che minacciava un terribile temporale. Speravo con tutto me stesso che il piano che avevamo messo a punto andasse per il verso giusto o non saremmo riusciti a concludere il rito.

Tum! Tum! Tum!

Idia continuava a scandire il tempo dei passi, mentre mi allungavo, portando in avanti la bacchetta, e ritornavo indietro, con un gesto ampio e teatrale. Guardai Trey dall'altra parte dell'albero e lo vidi concentratissimo nei suoi movimenti. Si accorse di me, mi sorrise pure, per un istante, ma dopo tornò a prestare attenzione al ritmo scandito.

Il senpai di Ignihyde, nonostante avesse occhi e telecamere puntati su di lui, sembrava quasi divertirsi con lo strumento, senza sbagliare neanche un colpo. Poco prima aveva borbottato qualcosa sul fatto che sembrasse un rythmic game in real life, ma io ho sentito bene solo la risposta entusiasta di Ortho, che in qualche modo l'ha spronato ad accettare il ruolo affidatogli e a viverlo con serietà e decisione, come un impegno e un onore importanti, proprio come avevo fatto io.

Volevo che la gente mi ammirasse e mi dicesse che ero uno studente modello e dedito, volevo che qualcuno, chiunque, fosse orgoglioso di me anche solo per mezza volta.

Guardai la folla per un attimo, in modo quasi distratto, senza grandi aspettative, e fra le telecamere delle tv e i molti spettatori vidi una ragazza in prima fila, con un mostro appollaiato sulle spalle. «(Y/n)...», mi venne da sorridere dolcemente.

Se non fosse stato per lei in questo momento di sicuro non sarei qui a ballare. Lei è molto brava nella danza, ma soprattutto ha avuto tanta pazienza con me. Ha sacrificato tutti i pomeriggi, che poteva dedicare alle sue passioni, per insegnarmi a muovermi.

«Adesso seguimi a ruota. E uno, due, tre, quattro», cominciò incrociando i piedi, sollevando a metà una gamba e scendendo con grazia poco più in là, «cinque, sei, sette e otto», continuò con una piccola piroetta, un saltino e poi portando la mano destra verso l'alto, chiusa come a simulare la bacchetta che poi avrei tenuto io. «Hai capito?»

Non mi sono mai sentito così stupido e mi vergognavo a dirle che non avevo ben capito, perciò risposi in affermativo e, al suo invito, mi preparai a ripetere.

«E... uno, due, tre! Quattro... cinque, sei... sì, otto», cercai di imitarla il più possibile, in un disastroso garbuglio di passi, salti sgraziati e giri troppo veloci. Ripetere la numerazione come aveva fatto lei non era servito a nulla, perché oltre ad aver pure terminato alzando entrambe le braccia, simulando più un gesto di vittoria -sembra ironico- che un delicato accompagnamento delle stelle verso l'alto, ero pure andato terribilmente fuori tempo.

La sentii sospirare sconfitta e fu una pesante botta al cuore. Non era colpa sua, anzi, era stata gentilissima a prestarsi per le lezioni private di danza, ma la reazione non mi fu indifferente. Perché toccava a me? Sembrava davvero che le stelle avessero sbagliato alla grande, quest'anno, nello scegliere i propri Stargazen.

Stavo per chiederle scusa, ma Grim cominciò a ridere, poco lontano da noi. «Sei una vera frana!», si avvicinò con un ghigno saccente e continuò «ora ti farà vedere il Grande Grim come si fa». Si mise in posizione e, ripetendo la numerazione, fece i passi di (Y/n) senza sbagliarne neanche uno, apparendo perfino aggraziato, nonostante la stazza tozza. «Visto? Impara dai migliori!», si gonfiò di petto e io mi avvilii ancora di più. Perfino Grim riusciva a farlo e io no.

Sentì una mano sulla spalla, consolatoria, e guardai la persona che me l'aveva posata, che mi stava sorridendo dolce.

«Riuscirai a danzare benissimo per l'evento, non abbatterti». Al momento annuii, ma le sue poche parole mi diedero la forza di continuare: volevo portare a termine l'obiettivo affidatomi, l'avrei fatto per dimostrare i progressi che stavo compiendo per diventare lo studente modello.

Uno, due, tre, quattro, ripetevo nella mente, nel frattempo che i piedi e le braccia si muovevano a ritmo di musica, forte del fatto che mi stesse guardando. Le avrei dimostrato il mio impegno e che non ha perso tempo con me, che sono una persona valida e non più il delinquente che ero una volta. Cinque, sei, sette, otto, conclusi e allora i desideri dei miei amici iniziarono a fluttuare verso l'alto, sollevandosi fino al cielo. Sotto la coltre nera c'era Ortho che li stava aspettando, pronto a dissipare i nuvoloni per permettere il passaggio. Tornai a porre attenzione sui miei passi, uno, due, tre, quattro, ma la mente si stava facendo prendere dall'ansia che le stelle non sarebbero mai riuscite a superare le nubi e per un attimo, seppur misero, inciampai su me stesso.

«Deuce, concentrati», mi bisbigliò Trey poco lontano da me. Io risposi annuendo e ripresi, cercando di mantenere la calma. Mi stava guardando, (Y/n) mi stava guardando, dovevo dimostrarle che il suo tempo non era stato sprecato, che ero una persona affidabile, volevo che avesse occhi solo per me, che mi guardasse con ammirazione. Questi pensieri mi portavano avanti, mi facevano muovere senza errori, mi rendevano determinato.

Fu solo quando la musica si bloccò di colpo che mi fermai anch'io e mi accorsi dei suoni di stupore che il pubblico stava facendo. Sollevai il naso all'insù e lo notai: non c'era più una nuvola a oscurare il cielo e, nell'oscurità notturna, una cascata infinita di stelle cadenti rischiarava l'immensità. Era così bello. Rimasi incantato a guardarlo, fino a quando non mi girai verso (Y/n), esultante, e mi bloccai a vedere qualcosa di ancor più meraviglioso: anche lei stava osservando il cielo, con testa rivolta verso l'alto e la bocca semi-aperta dallo stupore; nei suoi occhi potevo vedere il riflesso scintillante del firmamento e mai avevo assistito a uno spettacolo più bello di quello. Sorrisi, imbambolato, fino a quando non mi squillò il telefono che mi svegliò dal torpore.

Ero dispiaciuto di dover distoglierle gli occhi di dosso, ma poi notai il chiamante, "mamma", e risposi sorpreso. 

Love Me (Twisted Wonderland x Reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora