Kiss in the snow (Epel)🌸

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» 𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵
» Prompt: Brina (pumpNIGHT)

Importante: è ambientato durante l'evento Harveston's Kelkkarotu, quindi potrebbe contenere degli spoiler.

Era stata una giornata piena e stancante, ma finalmente era giunta la sera. (Y/n) si sentiva un po' strana all'idea di dormire fuori dal suo dormitorio dopo così tanto tempo che era stata lì, però la casa della nonna di Epel era un luogo accogliente e caldo, senza quegli odiosi spifferi che la notte la facevano gelare nella vecchia stanza decadente. Era pronta per coricarsi, mentre Grim l'aveva preceduta e stava ronfando beato, borbottando, ogni tanto, il nome di qualche mela che aveva assaggiato durante il giorno. Ognuno aveva una propria camera ed era rassicurata dal cambio di location che, per una volta dopo tanto tempo, lei avrebbe avuto una lunga dormita, che sarebbe durata fino alla mattina, senza che nessun colpo di gelo o visitatore notturno potesse interromperla. Rassicurata da ciò, si tirò le calde coperte fin sotto il mento e calò le palpebre.

«Pss! (Y/n)! (Y/nnn!)» Spalancò gli occhi al richiamo, quasi pensando di aver sentito male. Si mise a sedere, guardandosi attorno e si accorse di uno spiraglio della sua porta aperto, dalla quale sbucava metà della testa di Epel. «Ti ho svegliata?»

Lei scosse il capo. «Che ci fai qui?», sussurrò di rimando, non volendo che Grim interrompesse il suo sonno.

«Posso entrare?», chiese a sua volta, ignorando la domanda precedente, in vista di un paio più importanti. (Y/n) annuì ed Epel si accomodò all'interno, mostrandosi a corpo intero. Appena comparve, la prima cosa che la ragazza notò furono gli abiti che indossava, non alcuni comodi per dormire, ma gli stessi della mattina e che avrebbe indossato per la corsa con gli slittini. Stava per domandargli a riguardo, ma intuì che stesse per parlare di nuovo, perciò aspettò. «Vedi... ecco...», cominciò timido, per poi farsi coraggio ed esplodere con decisione, «che ne dici di andare fuori a fare una battaglia di palle di neve?»

«Adesso?», fece lei incredula, guardando fuori dalla finestra, indecisa. La brina aveva creato della condensa sui vetri, perciò non riusciva a vedere bene oltre, ma era più che certa ci fosse una vasta coltre bianca che ricopriva ogni angolo del paesaggio. Di sicuro avrebbe fatto tanto freddo, però l'idea era allettante, sarebbe stato molto divertente giocare un po' nel candore gelido. «Okay, va bene», confermò quando tornò a guardarlo, «dammi il tempo di svegliare Grim e cambiarmi di nuovo. Tu, se non l'hai già fatto, puoi andare chiamare i senpai e Sebek, nel frattempo».

«No, aspetta!», si precipitò Epel, fermando (Y/n) che già si stava girando per destare il mostro, ricevendo da lei uno sguardo interrogativo. «Se non ti dispiace...», borbottò assumendo una colorazione rosata sulle gote, «vorrei che fossimo solo noi due, devo farti vedere una cosa e solo a te».

L'inaspettata risposta, ora, stava scatenando la curiosità che, a poco a poco, stava avendo la meglio e non le fece chiedere come mai questa fantomatica "cosa" che doveva farle vedere fosse riservata solo alla sua persona, piuttosto sorrise e annuì. «Va bene, però devo comunque cambiarmi, aspetta fuori».

Epel rimase alla porta per pochi minuti, circa cinque o più, in attesa che lei si rimettesse gli abiti caldi che le aveva regalato quella mattina, dopo aver messo piede nella casa di sua nonna. Stava ripercorrendo nella mente gli attimi, sorridendo come un ebete al ricordo di quanto fosse felice che la mantella e il cappello riservati a lei fossero del suo colore preferito, quando affiorarono i diversi commenti provocatori che l'anziana signora gli aveva fatto nel momento in cui aveva visto che, fra gli amici che aveva portato con sé a casa, ci fosse una ragazza, mettendolo in imbarazzo. Le parole dettogli, nonostante fossero passate diverse ore, continuavano ad avere un certo effetto su di lui e il cuore aveva ripreso una corsa senza fine nella gabbia toracica. Era inutile che cercasse di trattenersi, di dirsi che era stupido essere in imbarazzo per qualcosa del genere, fatto solo per provocarlo, perché il piccolo muscolo cardiaco non aveva intenzione di rallentare, né le sue guance volevano tornare al solito colorito di porcellana. Era così perso nella sua lotta interiore che quando la porta si aprì, con uno scatto piuttosto violento, lui sussultò al punto tale che era certo che lei l'avesse notato. Ricacciò indietro tutto, sperando che il rosato si fosse già sbiadito e, rivolgendosi verso il corridoio, nella speranza che non notasse nulla di insolito in lui, le disse «vieni, andiamo di qua».

Love Me (Twisted Wonderland x Reader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora