Parte 6ª - Juno

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Lecce Settembre 1971

Incinta... di nuovo. Juno camminava sconsolata per le strade della sua città, tra le mani l'esito degli esami che davano conferma di quello che già sapeva. Quella che era avvenuta con Gián era stata una notte che non sarebbe dovuta succedere.
Ancora Juno si chiedeva perché Theresa fosse stata così pazza da lasciargli il marito così, bello come il sole, su un piatto d'argento. Aveva sempre amato Gián, e più gli anni passavano, vederlo con i figli faceva crescere questo sentimento. Come anche vederlo con Theresa, le premure che gli riservava erano le stesse che Gián le aveva dato nel loro primo e unico anno insieme come coppia.
Vederli insieme era per lei fonte di rimpianto, se l'era cercata da sola. Adesso col senno di poi lo aveva capito, quante volte prima di iniziare a frequentare Theresa lui aveva cercato di riprenderla, quante volte lei lo aveva rifiutato, accettando di rendere il loro rapporto solo sessuale.
Lo mortificava col sesso, sapeva che poteva fargli male e allora dopo essere stati insieme lo aveva sempre accusato di essere egoista e succube dei suoi desideri. Per rivalsa e vendetta, perché sapeva in fondo che non era così e lo sapeva anche lui. Ma le parole e i gesti che Juno gli rivolgeva lo colpivano profondamente perché Gián odiava sentirsi impotente e senza speranze, soprattutto verso chi amava.
E lui nonostante tutto ancora l'amava, come una sorella diceva Gián, con l'opzione dell'attrazione fisica.
C'era da ammettere un punto debole del suo grande amore, ex ormai. Lui se andava in difficoltà in un rapporto si sentiva in diritto di poter tradire, soprattutto quando a sbagliare era la compagna, o il compagno, di turno. Questo perché nel momento stesso in cui Gián iniziava una storia, se la storia era importante restava fedele. Lo aveva fatto con lei, con Kyros e con Theresa.
Solo nel momento stesso in cui le storie si definivano chiuse, non da lui, egli subito prendeva e usciva già con qualcun altro. Questo perché Gián non riusciva a stare solo, lui aveva un bisogno impellente di essere amato, compreso e voluto. E proprio per questo rovescio della medaglia che alla fine con le perone con cui aveva storie realmente serie, Gián non aveva mai perso i contatti. Era infatti stato amico suo, era rimasto molto legato a Kyros e anche in quel caso, pensava Juno, c'erano tanti rimpianti da parte del viticultore di Santorini.
Giánnis era infatti così, andava avanti. Cercava di mantenere i rapporti quando loro chiedevano e dicevano basta, ma se era chiusa non si voltava indietro. Date tutte le possibilità non si arrovellava più il cervello, perché asseriva lui, il cuore poi soffriva troppo.
E ci credeva, infatti lo stesso Gián le diceva sempre che doveva andare avanti. E lo stava facendo Juno, aveva conosciuto qualche ragazzo in quegli anni, al corso di infermeria ed ora in ospedale.
Ma non erano quelle persone che ti facevano battere il cuore o che ti facevano sentire bella sempre, anche solo con uno sguardo. E lei Juno era bella e lo sapeva, però cosa più importante nessuno fino ad allora era riuscita a farla fremere come solo Gián aveva fatto.
Doveva andare avanti e non sapeva da dove iniziare, ecco. Doveva darsi un punto di partenza, ma come si faceva con quattro figli ed un quinto in arrivo?
Sospirò il semaforo era rosso, poteva passare la strada, un passo, due passi poi si sentì strattonare.
"Attenta." Sentì dire mentre veniva spinta sul marciapiede, un auto incurante del semaforo e della segnaletica correva spedita a tutto gas incurante dei pedoni.
"Resta qui." Disse ancora la voce.
Juno non capì, cinse con una mano il palo giallo del semaforo (si negli anni '80 erano gialli nda) e con un gruppo di persone si accingeva a seguire la scena.
Un uomo stava correndo a una velocità incredibile dietro la macchina, e sempre incredula Juno lo vide afferrare il paraurti posteriore della Fiat 128 e facendo forza la fermava.
Esclamazioni di stupore si estesero al semaforo, quell'uomo era fortissimo. Quando le ruote dell'auto finirono di girare a vuoto, finalmente lasciò andare il veicolo, poi pensò a far uscire il provetto pilota consegnandolo alla polizia che arrivò di lì a poco.
Juno seguiva tutto momento dopo momento, con la folla che si era venuta a formare.
Il salvatore di tutti, perché solo così poteva chiamarlo, dal suo metro e tanta altezza, ne era sicura, si avvicinò alla folla dopo essere stato un po' con i poliziotti e guardando tutti cercò di rassicurarli.
"Signori lo spettacolo è finito. Vi consiglio di tornare tutti alle vostre case." Disse l'uomo.
L'accento, Juno lo riconobbe, era italiano ma non delle terre del sud, sembrava più toscano o almeno quella lettera c aspirata le faceva pensare alla fiorente Firenze, dove in passato era stata.
La gente ringraziava il loro salvatore e iniziò a defilarsi, mentre Juno continuava a studiarlo. Capelli biondi, occhi castani e profondi, spalle larghe e muscolose, poi era alto. Quasi quanto Gián e Kyros, pensò vedendolo da vicino.
Ed era bello, altro che se lo era. Un fremito le percorse il basso ventre, la mora arrossì chinando il viso. Cosa andava a pensare, diamine era incinta e si eccitava solo guardando quell'uomo.
Era questo che provava Gián quando andava incontro ad una nuova storia, quel fremito che ti faceva tremare dentro e che non potevi fermare? Strinse più forte il foglio che aveva tra le mani e si irrigidì.
A chi voleva darla a bere? Lei non poteva provarci con nessuno, aspettava un bambino e ne aveva altri quattro a casa ad attenderla.
Sollevò lo sguardo verso l'uomo avvicinandosi a lui, fece un rapido inchino per poi cercare il suo sguardo.
"Grazie infinite. Sappia che oggi ha salvato più di una vita." Gli disse gentilmente, il rossore alle guance che non l'abbandonava.
L'uomo si grattò la nuca ben rasata e le sorrise "Come ho detto agli altri dovere. Non mi deve ringraziare."
Juno gli sorrise. "Si fidi è così." Indicò il foglio che aveva tra le mani. "Oggi ho scoperto di aspettare un altro bambino. Se lei non mi avesse spinto via dalla strada il mio piccolo sarebbe stato in pericolo e forse i miei figli non avrebbero avuto più una madre." Affermò allora.
L'uomo si illuminò in volto guardandola. "Aspetta un bambino. Oh cielo! Che bella notizia." Disse eccitato. "Sono contento di essere intervenuto allora, è per questo che ho scelto il mio lavoro. Per difendere e proteggere i deboli e salvare dei bambini è la più bella impresa."
Juno gli sorrise. Che dolce che era, un uomo grande e grosso che sembrava andare in tilt a sentir parlare di bambini.
"Che lavoro fa?" Chiese curiosa
"Sono un sol... un soldato. Un soldato in proprio in realtà, sono venuto qui in licenza. Mi muovo sul suolo africano in aiuto delle persone più bisognose." Le disse.
Che uomo di nobile animo era! Si chiese stupita Juno. Si guardò intorno alla ricerca di un bar per invitarlo a prendere qualcosa, per poter parlare ancora con lui. Non voleva sparisse dalla sua vita così come era entrato. Era così affascinante ciò che le raccontava.
"Le va di prendere qualcosa in un bar? Mi ha incuriosito, sa io sono un'infermeria e... sto cercando uno scopo. Ci sono medici senza frontiere dalle vostre parti?" Chiese iniziando a fare raffiche di domande.
L'uomo ancora si grattò la testa osservandola scettico, una smorfia seria sulla bocca dura e lineare. "Non credo sia il caso signora. Non penso che a suo marito faccia piacere saperla a prendere un caffè con un uomo solo o a fare la crocerossina in luogo pericolosi e sperduti."
Juno arrossì "In realtà Giánnis... il mio ex. Non stiamo più insieme da un po'..." balbettava, come poteva raccontargli di quanto fosse stupida? "Ecco lui... approva che io percorra la mia strada e mi appoggia nelle mie scelte. Anche se dovessi andare a Timbuktu!" Affermò a quel punto.
Omise di dirgli che approvava anche uscisse con degli uomini, che ricominciasse. Giusto per non far intendere a quell'uomo che ci stava provando con lui. Non erano state quelle le sue intenzioni quando lo aveva invitato a prendere qualcosa al bar.
"Comunque la ringrazio ancora. Mi ha dato un'idea ed effettivamente è tardi. È stato un piacere soldato."
E così dicendo offesa gli voltò le spalle e si diresse di nuovo al semaforo per tornare a casa. Quando fu rosso finalmente si avviò e passeggiando si accorse di essere seguita... dall'uomo.
"Non mi sta seguendo spero?"
"Si la sto seguendo. È buio, lei è una bella donna ed è sola. Com'è possibile che il suo compagno l'abbia lasciata sola e incinta. Se ne pentirà semmai dovesse accaderle qualcosa." Affermò lui.
Arrivata dall'altra parte del marciapiede Juno si voltò verso di lui. "Sono un'infermiera, faccio questa strada tutte le sere quando sono di turno, per tornare a casa. Nessuno fino ad ora mi ha assalito e non inizieranno stasera... grazie lo stesso del pensiero." Disse dandogli di nuovo le spalle e tornando ad incamminarsi verso casa.
Il soldato però era insistente e continuava a seguirla imperterrito. Lei non disse nulla, non le andava di raccontargli della storia con Gián, se non lo aveva fatto fino a quel momento non è che per toglierselo di torno glielo avrebbe raccontato. Lui dal canto suo fece altrettanto, la seguiva a debita distanza ma non le parlava. Dopo due isolati ecco che arrivò finalmente a casa sua. Osservò l'uomo incrociando le braccia al seno, la villetta bifamiliare aveva solo due finestre accese, segno che i figli erano in salone con sua zia Concetta.
"Sono arrivata, ancora grazie e addio." Lo congedò altezzosa.
Lui si scostò un attimo osservando l'abitazione, poi le sorrise.
"Juno... si chiama come la dea Giunone."
Juno arrossì voltandosi verso il cancello, la cassetta della posta. "Ma dico? È uno stalker?"
Lui rise scuotendo la testa e andando a grattarsi la nuca con la grossa mano "No. Solo Marcello, poi ho seguito la logica. Ci sono due cassette, una appartiene a una coppia viene da se che l'altra sia lei."
"Vada via!" Gli ordinò allora lei.
Lui rise e fece un passo indietro, poi un altro. "Arrivederci Juno."
"Arrive mai Marcello." Disse lei aprendo il cancello e chiudendolo rapida alle sue spalle.
Voleva dimenticare quell'incontro imbarazzante al più presto. Si perché era imbarazzante provare desiderio per uno sconosciuto, era imbarazzante essersi sentita bene solo al pensiero che fosse lì a camminare al suo fianco solo per proteggerla, era imbarazzante il tremito che aveva provato al cuore quando si era illuminato a sentire parlare di bambini.
Doveva mettersi alle spalle quell'incontro, ecco tutto. Col senno di poi, poteva affermare però che era in grado di provare ancora emozioni, vere e pure, per un uomo che non era Gián.
...
Juno aveva messo da parte l'incidente della settimana prima e aveva accettato anche la gravidanza. Al pensiero che un folle in auto avrebbe potuto causarle un aborto spontaneo, tutto aveva preso una luce diversa. Non importava quanti figli aveva e quanti ancora ne avrebbe avuti, lei li amava e li avrebbe tenuti sempre tutti.
Il giorno prima aveva contattato Gián e Theresa per dire loro della nuova gravidanza, inoltre aveva chiesto a Gián cosa ne pensava dell''idea di medici senza frontiere.
"Hai un cuore grande e immenso Juno. Credo che tu debba partire, non hai scelto di essere infermeria per restare chiusa tra quattro mura a curare graffi e fare siringhe. Se vuoi parti pure, ci penseremo io e gli zii Santoro ai bambini. Almeno mentre ti stabilizzi dove prenderai destinazione." Le disse dolcemente Gián.
Quindi per lui era stato un sì. Col cuore colmo di gioia Juno aveva iniziato allora a guardarsi intorno e fare domande, c'era una destinazione di tre mesi in Somalia, poteva prendere quella per vedere se medici senza frontiere faceva al caso suo. E se si trovava bene poi sarebbe potuta partire e prendere una casa per se e i bambini tutti, e trovare una tata. Perché Juno non poteva chiedere alla sorella di suo padre di seguirla fin lì, era anziana e già quattro bambini erano un bel da fare, figurarsi in una terra straniera.
Quindi per ora la soluzione migliore era appunto mandare i piccoli in Giappone per un po' oppure da Kyros, si sarebbe visto poi con calma.
Per ora procedeva e dava la sua disponibilità alla missione. Era già a posto con tutti i tipi di vaccino che avrebbe dovuto fare, dal momento che viaggiavano molto, lei e i suoi figli erano sempre al passo con i tempi. Inoltre partendo che medici senza frontiere non era obbligata a lasciare l'ospedale. Cosa che accadeva regolarmente ad ogni gravidanza, per i medici non era congeniale per una donna in dolce attesa lavorare a stretto contatto con gli ammalati per questo appena c'era la certificazione doveva restare a casa ferma. Adesso invece avrebbe lavorato, e ne era più che felice.
Con tutto ciò che stava facendo e su come si stava muovendo la sua vita Juno aveva rimosso il soldato Marcello dalla sua mente, non pensava sarebbe più tornato. Ma si sapeva, mai dire mai, soprattutto se l'uomo una sera non si era presentato all'uscita dell'ospedale.
Appena la vide la salutò e le andò incontro.
"Buona sera Juno."
"Buona sera a lei Marcello." Disse lei impettita avviandosi verso casa.
Lui prese a seguirla a debita distanza. "Tra poco dovrò partire, tornerò in missione."
Lei si voltò e gli sorrise. "Mi raccomando, stia attento."
"Pensavo... prima della mia partenza. Le andrebbe di cenare con me?"
Juno lo guardò attentamente, tirò su il fiato e rispose "Sono una madre e sono incinta."
"Mi ha detto anche che è divorziata." Rispose lui
"In realtà non ci siamo mai sposati, questo però..." era relativo. Non stavano più insieme "Non lo dico per me, ma per lei."
"Non le ho chiesto un impegno, solo una serata in compagnia." Disse allora lui. "Se poi non le va basta essere chiari."
Juno lo guardò con superiorità e si avvicinò a lui puntandogli il dito in petto. "Non mi metta in bocca cose che non ho detto. Poi io non esco... non esco con persone che mi fanno del lei."
Lui la guardò serio, gli occhi castani smarriti nei suoi verdi che lanciavano sguardi di sfida. Era deliziosa in quella sua bellezza unica e rara. "Basta essere sinceri e dire le cose come stanno mia lady." La sfidò "Usciamo? Insieme io e te... stasera!" E domani anche avrebbe voluto dirle, e quello dopo ancora.
Juno si sentì imbarazzata a quel suo approccio repentino, arrossì e abbassò lo sguardo.
"Non posso stasera. Mia zia non può tenere i bambini oltre, devo avvisarla per tempo."
Marcello sembrò deluso, poi le sorrise. "Beh allora. Se non risulto troppo invadente potrei prendere della pizza e del gelato e ceniamo a casa tua."
Juno alzò lo sguardo stupita. Era insistente! "Va bene. Anzi va benissimo." Sorrise, Alessandro ed Ernesto non gli avrebbero permesso di avere troppe libertà con lei. Volevano sempre giocare e sapeva che come sempre avrebbero avuto la sua attenzione anche se c'erano ospiti a casa. Poi c'era Esmeralda che era ancora piccola e quindi anche in quel caso richiedeva tutte le sue attenzioni, per Rosa invece era un altra storia, a lei bastava che la mamma le pettinasse i capelli, che vedesse i suoi disegni e che giocasse con lei alle modelle. Rosa era la tipica bambina amata e vezzeggiata a cui piaceva giocare con le scarpe e i rossetti della mamma e lei la adorava. Lei adorava tutti i suoi figli.
Quando arrivarono a casa con Marcello si attardarono per prendere la pizza strada facendo, mentre per il gelato Juno lo rifiutò dicendo che aveva una vianneta in congelatore e che ai bambini non faceva mangiare nulla dopo l'orario di cena, soprattutto cibo a contenuto di zucchero che poi non avrebbero consentito loro di dormire tranquilli.
Aprendo la porta la donna subito venne accolta dalle feste di Alessandro che quel giorno aveva scritto il suo nome su un foglio, fiero il maggiore dei suoi figli le mostrava il lavoro. Si interruppe solo quando vide il gigante, come lo chiamò lui.
"Un gigante ha portato la pizza!" Urlò ai fratelli.
Subito giunsero Ernesto e Rosa, Esmeralda sgambettava dietro di lei con il pollice in bocca che succhiava avidamente.
"Non è un gigante Alessandro." Lo ammonì Juno dando un bacio al figlio, prese Ernesto in braccio e salutò la zia Concetta che stava giungendo in quel momento.
"Tutto bene Juno?" Disse con voce affannata.
"Si. Ti hanno fatto stancare?" Chiese dolcemente la ragazza
"Erano scatenati ma Rosa ha tenuto loro testa. Ha chiamato Kyros, ha detto che settimana prossima viene a prenderli per portarli a Santorini." Disse poi la zia.
Juno annuì, poi prima che potesse andare via presentò la zia a Marcello.
Quando furono soli la donna subito si apprestò a preparare per la cena. Rimanendo colpita dal fatto che Alessandro ed Ernesto non le stessero dietro ma al contrario giocavano con Marcello... alla guerra. Stavano massacrando di botte il loro ospite, e in tutto ciò le piccole ridevano divertite. Ma come aveva fatto quell'uomo a ingraziarseli in pochi minuti?
"Ehi, nessuno vuole cenare?" Disse alzando la voce.
Marcello alzò le mani al cielo. "Mi arrendo... mi arrendo... offro pizza a tutti quanti..."
"Pizzaaaa." Gridarono in coro i bambini
La serata trascorse così piacevole. Juno non pensava che si sarebbe aperta così tanto con Marcello quella sera ma lo fece.
Lui le raccontò di essere nato durante il conflitto mondiale, nel '41, abbandonato in un ospedale a Livorno. Le disse di come era rimasto in orfanotrofio fino a sei anni e poi come aveva lasciato tutto per andare in custodia a un uomo che era diventato il suo mentore. Egli era un soldato e gli aveva insegnato tutto ciò che sapeva, si era arruolato nel suo esercito privato seguendo le sue orme.
Ed ora dopo tanti anni alla sua morte era diventato comandante degli uomini del suo esercito e viaggiato in giro per il mondo. Niente vita personale, niente amici, niente amanti... non gli aveva raccontato altro Marcello.
Lei invece dopo essersi rilassata e messo a letto i bambini con l'aiuto di lui, gli aveva raccontato la sua vita. Nata per miracolo da una coppia anziana era cresciuta molto amata, raccontò di come avevano adottato Giannis e poi di averlo amato, insistendo con lui e facendolo innamorare di lei. Le raccontò di come diventato padre delle sue ex lo aveva allontanato, perché non si sentiva l'unica ma solo una delle tante. Aveva raccontato a Marcello di come lo aveva sempre rifiutato ma anche sfidato a fargli capire che senza di lei era nulla, tenendolo fermo nella trappola del sesso, lo seduceva e lo abbandonava. Ma ogni volta arrivava un nuovo figlio, poi lui aveva conosciuto Theresa e si era allontanato da lei. Si era sposato aveva avuto una bambina da lei, e lei, Juno, sempre quando era in crisi con la moglie aveva approfittato di lui.
"Ed ora sono di nuovo incinta. Lui mi ha detto di stare tranquilla che mi saranno sempre vicino, ma io mi sento perfida verso di loro. Ci credi che Theresa nonostante tutto mi tratta come una sorella?" Terminò
Lui la osservò "Perché non sei cattiva, solo hai voluto lottare per quello che pensavi fosse il tuo amore."
Lei lo guardò "Pensi non lo sia stato?"
Lui mosse la testa, un gesto di diniego ma neanche. "Penso che forse è solo attrazione e che poi tu sia rimasta impuntata sul fatto che solo tu devi essere sua. Non so se mi spiego, alla fine andavi da lui quando vedevi che andava avanti. Forse ad un certo punto il bisogno di prevalere ha preso il sopravvento sull'amore. E adesso ti senti mortificata perché credi di non essere andata avanti."
"Sono andata avanti, tra dieci giorni parto per la Somalia." Disse allora Juno.
"Non è una bella zona al momento." Disse lui con un sorriso
"Significa che ci saranno persone che necessitano aiuto." Disse lei
Lui annuì giocando col cucchiaino ormai orfano del gelato che avevano mangiato.
"Possiamo vederci anche domani?" Le chiese
"Non dovevi partire?" Lo riprese lei.
"Tra due giorni." Affermò lui con un sorriso. E lei non seppe perché ma accettò.
Si rividero la sera dopo, e il giorno dopo ancora si era presentato a casa dicendo che voleva portare i bambini allo zoo.
Non glielo aveva detto ma Juno aveva capito che amava i bambini.
"Dovresti avere dei bambini tuoi." Gli aveva detto. Lui le aveva sorriso.
"Non posso." Le disse
Juno arrossì, possibile che fosse gay? Per questo fino ad allora non ci aveva provato con lei. "Come mai se posso chiedere?"
"Perché sono impossibilitato. Mi sono sterilizzato quando sono stato arruolato."
"Perché mai?" Chiese lei
"Era richiesto e per me non fu un sacrificio."
Non allora, ma in quel momento? Poteva esserne pentito?
Questo Juno non lo scoprì allora ne mai. Quando si trattava del suo lavoro Marcello raramente le diceva molto.
Quella sera però quando riaccompagnò tutti a casa la baciò e fu un bacio intenso e delizioso di cui Juno non riuscì a saziarsi.
Si salutarono così e Juno non sapeva se si sarebbero rivisti o meno.
Sette giorni dopo partì per la Somalia dove si trovò benissimo e restò per tre mesi.
Al suo rientro ritrovò ad attenderla a casa Marcello, rientrato dalla sua missione. Marcello le aveva proposto di festeggiare insieme il Natale e quando Juno lo aveva avvertito che lei festeggiava con Gián e Theresa non si era perso d'animo.
"Li invitiamo qui?" Aveva detto, e allora lei aveva chiesto a Gián se poteva portarlo alla loro festa di Natale. Ovviamente il suo ex ne era stato felice e aveva acconsentito. In pratica Marcello lentamente era entrato nella sua vita senza che se ne accorgesse, diventò amico di Gián e di Kyros, intavolava piacevoli conversazioni con Theresa e Monia, incitava il nuovo amore di Kyros ad andare a vivere con lui... era diventato parte delle sue giornate e Juno ad un certo punto gli chiese di portarla con lei.
"Portami in Etiopia con te." Gli disse. "Avrò fa fare lì anche senza medici senza frontiere."
Lui fu esistente, ma lei gli ricordò che adesso aveva una tara straordinaria e che i bambini sarebbero stati bene ovunque visto che erano abituati ai viaggi.
Così si erano trasferiti in Etiopia e fu lì che nacquero June (nome scelto da Marcello) ed Erii.
Dopo la nascita delle due Marcello l'aveva chiesta in sposa e lei ne era rimasta stupita visto che non avevano mai consumato insieme. Lei aveva comunque accettato, Marcello era stata la sua rivalsa, aveva capito con lui che sapeva amare, di quell'amore puro e senza pretese, di quell'amore che ti faceva sentire protetta e unica. Di quello che realmente doveva essere il matrimonio, una promessa di amore e fedeltà.
Solo dopo il loro matrimonio Juno scoprì che sempre per il voto presentato al suo esercito poteva avere rapporti solo dopo il matrimonio e che non era ammesso il tradimento.
"Ti ho scelta Juno. Ti ho scelta tra tante e non ne sono pentito. Io mi sono innamorato di te dal primo momento che ti ho vista e credo che... il mio Rex approvi questa mia scelta se solo potesse parlare." Le aveva detto.
Il Rex aveva capito in quegli anni Juno era il capo del suo esercito, ma fino ad allora ella non lo aveva mai visto e se ben aveva capito la donna, anche a Marcello era ignota la sua identità.
Partirono in viaggio per la Nuova Zelanda, i primi dieci giorni da soli, poi Gián portò loro i bambini visto che volevano visitare le Filippine. Marcello diceva che quel luogo era mistico e sentiva che forse il Rex si trovava lì, voleva quindi esplorare meglio quel posto.
Tutto fu annullato quando dieci giorni dopo persero Esmeralda e allora Juno si sentì trafiggere il cuore e ricordò, ricordò chi ella fosse stata, lei era Hera: la madre degli dei.

Agápi gia ton Olýmpou (Saint Seiya)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora