Tempio di Zeus - 23/09/1990
Il viaggio in mare era stato più veloce del previsto, Nettuno come aveva promesso aveva mosso il mare a loro favore velocizzando la nave. Poco prima di arrivare al porto Aphrodite aveva lasciato la nave con le ancelle sulla sua nuvola, a precederla Saga e Kanon che come all'andata avevano organizzato il viaggio dei bambini attraverso la dimensione oscura. Infine una volta al porto gli elicotteri di Zeus avevano prelevato i restanti abitanti della nave, da Poseidone e i suoi quattro soldati, i titani giunti con Death Mask alla nave, Hera con Hercules ed alla fine lady Tahira.
Gli elicotteri li portarono tutti direttamente sulla vetta Stefani, ad accoglierli trovarono lo stesso Zeus che dopo aver stretto Hera in una abbraccio fraterno si era sincerato che tutti stessero bene.
"Grazie fratello." Disse riconoscente a Poseidone prima che potesse dedicarsi a tutti i suoi ospiti, doveva ringraziare più di una persona in realtà. Non solo il fratello ed i suoi generali, ma anche i titani che si erano loro alleati.
Li osservò tutti riconoscenti fino a quando non incrociò lo sguardo della donna araba. Sollevò un sopracciglio guardingo per poi rivolgersi al fratello che consultò mentalmente.
"Perché l'hai portata fin qui?" Chiese scettico, se stava con lei bastava dirlo, avrebbe capito.
"Ci sarebbe arrivata comunque, era questa la sua destinazione." Rispose lui.
"Hestia sorella mia, seguimi ti mostrerò dove potrai riposare." Intervenne la voce amichevole di Juno in quel frangente.
Gián si voltò verso le due donne intanto che lady Tahira si avvicinava alla sorella con gratitudine.
"Se mi permettete seguirò Hera così da potermi ritirare nella mia stanza." Disse ai due fratelli.
"Hai da raccontarmi qualcosa?" Chiese Gián a Juno.
"E tu?" Chiese con sfida la madre degli dei.
Senza scomporsi Gián sorrise e fece spallucce. "Al mio arrivo ho trovato Tifone con altri giganti ad attendermi. Ma grazie a Hermes, i gold saint ed il risveglio di Hades sono riuscito a rinchiuderlo nel tartaro." Disse facendo sembrare gli eventi di poche ore prima come qualcosa di facile da gestire.
"Noi durante l'attacco dei mostri marini mandati da Ponto abbiamo avuto modo di conoscere nostra sorella Hestia." Rispose Hera di rimando. "E adesso dove sono tutti?" Chiese.
Gián assentì indicando si suoi ospiti una strada da seguire e si incamminò. "Esmeralda, Marin e Apollo sono rientrati da poco. Marin è a conoscere suo figlio, Apollo a controllare Shaka, Mu ed Aiolia, mi ha detto che Milo è partito su commissione di Eireen ed allora ho mandato Hermes a prelevarlo ad Atene." Iniziò a raccontare mettendo una mano sotto al mento. "Vediamo un po'... June sta badando ai bambini di Persefone con Astrid, Lis riposa dopo il trapasso e Greta è qui che la sta accudendo, Fryg e Diva sono impegnate ad aiutare Esmeralda con i bambini arrivati poco fa. Rosa è al capezzale di Giulia in attesa di Alessandro eeee..." si allungò sull'ultima sillaba per poi guardarla. "Credo di averti detto di tutti." Terminò con un sospiro.
"Credo piuttosto che tutti siamo stanchi dopo questi giorni." Affermò la madre degli dei, chi più chi meno, avevano passato un periodo di preludio che aveva stancato tutti mentalmente. "Penso sia il caso di cenare e sostentarsi, poi domattina potremo festeggiare e stare tutti insieme. Hai detto che Alessandro sta tornando?" Chiese Juno pensando al suo figlio maggiore, era da quando avevano saputo di Gea che non lo vedeva più ed aveva bisogno di avere la certezza che stesse bene.
"Sì mia cara, Elios ha detto che prendevano il primo aereo disponibile, saranno qui entro domattina lui ed Ernesto." La rassicurò Gián.
Al che la donna gli sorrise prendendo a braccio Hestia. "Vieni, ti faccio conoscere nostra sorella Demetra, Alessandro ed Ernesto sono i miei figli... abbiamo tanto di cui parlare." Disse sparendo oltre una colonna con la donna araba.
Gián si fermò al centro della stanza e puntò lo sguardo su Iperione e i suoi fratelli.
"Io veramente vi ringrazio per tutto, spero che questo sia per noi tutti un nuovo inizio. Di mettere da parte le diatriba che si sono create nei tempi passati e di poter vivere insieme ed in pace tutti insieme come una famiglia." Disse sinceramente loro.
Iperione assentì col capo, si aspettava una sorta di riconciliazione, ma non un'offerta di pace così vasta. Vivere come una famiglia, quello era il loro scopo al loro risveglio. Vivere tutti come una famiglia e dare un'opportunità al popolo dei titani.
Si lanciò uno sguardo con i fratelli Oceano e Ceo, ma fu Crono ad intervenire con enfasi.
"Certo che accettiamo, un nuovo inizio è quello che abbiamo sempre voluto. Mettere da parte i conflitti e vivere con i nostri fratelli è il nostro obbiettivo."
Crio scosse la testa spazientito, come sempre Crono si lasciava andare al suo temperamento impulsivo. "Potremmo vedere Giapeto e Themis divino Zeus? Non li vediamo da quando siamo saliti sulla nave." Disse, non immaginava che notizie potessero esserci di loro, non li aveva sentiti nominare da Zeus.
"Sì certo, sono nell'ala est; nelle stanze di Dike. Forse adesso riposano, il piccolo Lyon prende loro molto tempo." Spiegò Gián a tal proposito.
I titani annuirono, forse visto che erano con un neonato non era il caso di raggiungerli. Così il titano Crio lanciò uno sguardo a sua sorella Febe per poi parlare.
"Vuoi andare tu? Non vorrei disturbare troppo." Le chiese
La donna dai capelli verdi annuì. "Ci penso io, voi prendete pure possesso delle vostre stanze." Disse voltando loro le spalle e raggiungendo Themis.
A quel punto ai titani non restò altro da fare he seguire Zeus. L'uomo chiese loro di chiamarlo Giánnis, poi cercando di non essere invadente cercò di comprendere chi fossero e dove fossero vissuti prima che si incarnassero. Sapeva già che Giapeto era in realtà Peter, il secondo marito di Theresa. Prima di sparire con la moglie verso il mondo dei titani lui era stato un cuoco, con Theresa si erano conosciuti in Italia e lei era rimasta sorpresa nello scoprire che anche lui avesse origini norvegesi, da quel giorno avevano iniziato a frequentarsi fino a sposarsi.
Poi c'erano Crio e Ceo, Gián non voleva sbagliarsi ma gli ricordavano molto Stig e Igor i fratelli di Theresa, coloro che avevano cresciuto le sue figlie. Di Iperione, Oceano e Crono non immaginava la storia, soprattutto perché il titano che nei tempi del mito era stato suo padre, lì in sua presenza era un ragazzino di sì o no circa tredici anni non di più.
Iperione fu quello che si sbilanciò subito, era stato un soldato inglese, vissuto a Liverpool fino a dieci anni prima. In occasione di una delle sue licenze aveva conosciuto Thea, in realtà Teia, ad una cena. Col tempo si sposarono ed ebbero tre figli, forse col primo, Helios, Athena aveva avuto conoscenza* anche con lui.
Gli altri intanto restavano sulle loro posizioni fin quando non si trovarono tutti a cena e non presero a rilassarsi tra cibo pregiato e vino
....
24.08.1990
Lyon piangeva a crepapelle tra le braccia di Marin. Quando la rossa era tornata la sera prima aveva trovato ad accoglierla Aiolia che era stato risoluto nel dirle subito che poteva vederlo ma non toccarlo o svegliarlo.
Non aveva compreso l'ex silver saint le sue parole fino a quando poco prima dell'alba il loro bambino non si era svegliato, svegliando proprio tutto il tempio.
Aveva un acuto da far paura e piangeva senza lacrime, segno che aveva fame, la informò Themis. La rossa lo strinse ancora di più a sè sentendosi impreparata a tutto ciò, cosa doveva fare? Sarebbe voluta tornare alla sera prima, all'accoglienza dì Aiolia, ai suoi abbracci confortanti ed al calore che l'aveva accompagnata tutta la notte nonostante a differenza sua non avesse dormito. Sì! Sarebbe voluta tornare indietro, se non fosse stato per sua madre.
"'Marin... Marin mi hai sentita?" Chiese pazientemente.
Marin scosse la testa, anche la sua presenza le metteva suggestione. Erano quattordici anni che non la vedeva più e le ultime notizie erano una fine catastrofica nel tartaro, cosa voleva da lei?
Theresa scosse la testa e le si avvicinò lasciandole rilassare le braccia. Prese un braccio del piccolo Lyon e lo mise sotto quello di sua figlia poi pigiò dolcemente su di esso.
"Devi tenerlo così..." disse girando il piccolo verso il suo seno. "... non stringere troppo, indicagli la strada per la mammella e lascia che l'istinto faccia il suo corso naturale." Terminò di istruirla, poi tornò a sedersi di fronte a lei sorridendole. "Forza prova adesso, quel bambino sarà stanco di latte liofilizzato." La incoraggiò
Rossa in volto Marin guardò il piccolo poi fece come le era stato detto. All'inizio Lyon sembrò titubante o schizzinoso in merito, ma quando dalla mammella iniziò ad uscire il latte si infervorò e con una mano piccina poggiata contro il seno iniziò a ciucciare il suo latte. Marin si perse a guardarlo mentre mangiava, tutto svanì in un attimo. Sua madre, l'angoscia degli ultimi mesi, il ricordo del parto ancora troppo fresco. Tutto svanì mentre lei osservava il suo bambino, splendido come il padre, che si nutriva da lei.
"Siete bellissimi..." sussurrò Aiolia che proprio in quel momento era entrato nella camera.
Marin gli sorrise carezzando la guancia di suo figlio. "Aveva fame." Affermò.
Intanto il leone si inginocchiò di fronte a lei e carezzò la pancia del figlio. "Adesso che sei tornata andrà meglio, ne sono sicuro." Disse sicuro, lo sperava perché la paternale dei compagni quella mattina lo avevano indispettito.
"Senti i figli di Persefone?" Aveva detto sarcastico Death Mask. "Ah no! Non si sentono, perché loro sono bambini normali e non piangono, sono tranquilli!" Ci aveva tenuto a precisare.
Aiolia era subito stato pronto a ribattere e perché no a scontrarsi con il parigrado ma Mu lo aveva fermato subito.
"Ragazzi calmatevi che Lady Persefone e Shaka riposano." Ci aveva tenuto a precisare, quando Shaka era rientrato con in braccio la dea degli inferi aveva loro avvertito del trapasso della dea e della sua veloce ascensione e che come previsto da Apollo lui stesso si era notevolmente stancato non essendo ancora al pieno delle sue forze. Aveva quindi affidato il piccolo Hades ai compagni e con Persefone in spalla era andato a riposare, da allora ancora nessuno dei due si era svegliato e Mu ci teneva che si portasse un po' più di rispetto per tutti, purtroppo sembrava che il santo di cancer era immune al rispetto in generale. "Death ogni bambino è a se, lo stesso Ras spesso fa dei capricci e con molte probabilità il bambino di Persefone anche è stanco visto che Hades ha usato il cosmo nonostante fosse appena nato." Aveva spiegato così da interrompere la discussione.
Ma ad Aiolia ancora bruciavano le parole del Cancro, come si era permesso di giudicare suo figlio.
"Stai sereno Aiolia, non saremo costretti a vivere tutti insieme per sempre." Disse Marin intanto che allattava il bambino, quasi gli avesse letto nel pensiero.
"Pensi davvero una cosa del genere?" Chiese il leone.
La rossa annuì. "Freya aspetta un bambino da Hyoga e spesso non ci sarà, ma su nel vero Olimpo noi Horae abbiamo un tempio tutto nostro, vedrai che non sarai costretto a condividere le tue giornate con chi non ti garba." Terminò intanto che Lyon si spostava dal suo seno.
Theresa fece un colpetto di tosse così da far percepire ai due la sua presenza, quando ebbe l'attenzione della figlia le indicò il bambino.
"Adesso lui sembra sazio, fagli fare il ruttino e passa all'altro seno. Deve saziarsi per bene altrimenti ti chiederà sempre di mangiare." La istruì.
Aiolia prese il figlio dalle mani della donna e se lo mise in piedi contro il suo torace e col viso sulla spalla, era diventato bravo in quel compito, Themis era stata molto paziente con lui in quei dieci giorni, gli aveva insegnato come comportarsi col bambino ed anche che se piangeva non doveva spaventarsi, addirittura doveva farlo piangere.
"Potrebbe essere un semplice capriccio per venire in braccio, ma anche qui devi dosare il tuo tempo altrimenti da capriccio diventerà vizio. È piccolo, troppo ancora per prendere dei vizi, quindi quando piange misura bene le sue grida, quelle di fame, di dolore, di bisogno di essere lavato ed infine quelle capricciose. Quelle devi evitarle, lascia che si sfoghi perché stanco crollerà." Le aveva spiegato, e lui lo faceva.
Certe volte restavano lì, lui con Themis e Giapeto ad attendere che smetteva di piangere e quando lo faceva i tre esalavano un sospiro di piacere, significava che la pace era giunta anche se per poco.
Marin osservò Aiolia intendo ad andare avanti e indietro per la stanza, le sue grandi mani muscolose carezzavano la schiena del figlio in lievi colpetti.
In quel momento la rossa si innamorò ancora di più del suo leone, era bellissimo nel suo ruolo di padre e concentrava sul figlio tutto il suo amore. Finalmente la dea della giustizia poteva ritenersi felice e soddisfatta, aveva ritrovato la sua famiglia ed il suo amore ed ora non aveva bisogno di altro...
....
Apollo camminava per i giardini in fiore del tempio paterno, lo sguardo perso in un punto non definito. Sorrise quando incrociò i bambini che stava accudendo sua sorella Esmeralda insieme a Milo.
Quelli erano i piccoli del figli delle stelle ed erano stati cresciuti in parte da sua sorella Miho, scorrazzavano vivaci per i giardini divini incuranti di ciò che era avvenuto nell'ultimo mese. Si erano spaventati quando il collegio era stato attaccato e distrutto dal gigante, ma come era giusto che fosse i bambini avevano sorvolato e si erano subito adeguati a quella nuova situazione.
Facevano si che gli spostamenti diventassero nuove avventure e prendevano del bello da ogni situazione. Era incredibile come essi riuscissero a star bene dove c'era anche e soprattutto del male.
"Sarebbe bello poter ritornare bambini." Intervenne una dolce voce femminile.
Elios sussultò riconoscendo la voce di Hilda ancora prima che si voltasse. Ella era lì e le sorrideva, era rientrata la sera prima sulla nuvola di Aphrodite così che potessero preparare il tempio per il ritorno di Ares.
"Sanno tanto di spensieratezza, non ricordo di esserlo stato mica." Rispose alla regina tendendole il braccio.
Ella lo accettò intanto che asseriva col capo. "Lo siete stato, eravate forse più quieto ma siete stato bambino. Spensierato, felice e senza alcuna responsabilità." Affermò lei.
Elios strinse forte il braccio di lei intorno al suo e proseguì.
"Siete stata mattiniera, avete ancora tanti preparativi da portare a termine?"
"In realtà ho finito amico mio." Rispose ella. "Credo sia abitudine oppure l'aver dormito troppo in questo periodo, o ancora..." Terminò non dando voce ai suoi pensieri.
"Non sarete sicura fin quando non riabbracceremo Freya." Terminò per lei Elios.
Ella annuì, aveva avvertito il giorno prima che qualcosa di brutto fosse accaduto alla sorella minore. Ma ancora non sapeva cosa e se non la rivedeva non poteva stare serena.
"Assicurarvi che l'ho lasciata che era in forma e in buone mani non vi aiuta?" Chiese lui.
"Rivederla mi aiuterà! Voi invece? Sbaglio o siete in piedi da molto più di me." Affermò cambiando argomento la regina.
"Con il sorgere del sole, come sempre." Rispose con un primo sorriso, Hilda lo ricambiò era raro vederlo sorridere o ridere e quando lo faceva il dio del sole diveniva bellissimo.
"Pensavo ci fosse dell'altro, vi ho visto uscire dal tempio medico."
"Non vi si può nascondere nulla vero?" Chiese lui prendendole la mano libera per poi annuire. "Sono stato a controllare Milo, dopo il lancio dall'aereo ha usato ciò che gli restava della sua forza fisica per atterrare qui al tempio di Zeus." La informò poi prendendo a carezzarle il dorso della mano. Milo aveva nei due giorni passati portato il suo cosmo al limite, certo per lui che era nato col cosmo dentro, abituato sin da piccolo a sprigionarla come l'argento vivo del suo carattere, non era difficile. Era forse una forzatura non farglielo usare, ma era l'unica soluzione che Elios aveva trovato per far sì che non bruciassero le molecole che lui poco la volta stava ricostruendo. Dimostrazione che quella fosse la giusta via erano le mani bruciate e il viso scheggiato di scottature, come se egli si fosse avvicinato troppo al sole. Quando lo aveva lasciato la mattina precedente aveva appurato che le stesse ferite più lievi le aveva al petto ed alle gambe, nulla però di catastrofico. Subito curabile se fosse rimasto a letto a riposare e seguire le sue istruzioni.
Ma erano in guerra e non si poteva chiedere a chi era nato guerriero di stare fermo a guardare l'evolversi degli eventi senza far nulla. E Milo aveva avuto alla fine una parte fondamentale in tutto, senza di lui non avrebbero potuto recuperare lo scettro della pace, volente o nolente era l'unico a sapere dove fosse custodito ed il cosmo aveva dovuto usarlo ed espanderlo per raggiungere la velocità della luce cui tutti i gold saint erano abituati.
Sospirò, lo sguardo di Hilda era puntato sul suo viso preoccupato.
"Gli siete affezionato." Affermò ella.
Sorrise ancora Elios. "Già, non pensavo di affezionarmi di nuovo a delle persone. Ma si è instaurato un legame tra me e quei cinque gold saint, che può paragonarsi all'amicizia." Affermò.
"Di nuovo?" Chiese Hilda sorpresa.
Egli rendendosi conto della gaffe appena compiuta scosse leggermente la testa. "Cose vecchie."
"Non volete parlarmene?" Chiese Hilda.
Lui le strinse la mano avvicinandosi di più a lei, il suo sguardo caldo che circondava l'essere quello della regina. "Volete parlarmi di ciò che vi turba? Volete aprirvi con me?" Rispose lui.
Lei turbata si allontanò di un passo scuotendo la testa. "Non ancora." Rispose, soprattutto non dopo aver incontrato Poseidone, la causa di tutte le sue sofferenze.
"E allora non ponetemi alcun quesito mia cara amica, perché non vi risponderò." Rispose lui lasciandole andare la mano.
Hilda sollevò la sua così che potesse sfiorargli il braccio. "Perdonatemi, ma non posso. Non riesco ancora io..." spiegò lei amareggiata.
Elios scosse la testa e sollevò il suo viso così che i suoi occhi color del ghiaccio potessero incrociare il suo sguardo.
"Lo comprendo e non dovete chiedermi scusa Hilda." Rispose sinceramente, sarebbe stato così facile averla e chiedere a sua sorella di poter passare del tempo con una delle sue ancelle. Ma non voleva, perché avrebbe confermato a Rosa sospetti che ella aveva da tempo e che alla fine non erano reali. Quella era solo attrazione ed Elios non voleva cedervi facilmente solo perché si trattava della sorella tanto amata di Freya, altrimenti si sarebbe già lasciato andare alla lussuria come era capitato con delle ancelle di Zeus o una volta con Daisy, la prima ancella francese di Aphrodite. Era stata una notte di passione carica ed intensa, entrambi erano stati insieme con passione e il giorno dopo erano tornati alle loro giornate senza rancore. Ma Hilda era diversa, non solo era la sorella di Freya, ella era anche una regina, in più gli smuoveva dentro sensazioni che non pensava di avere. Anche per questo ci andava con i piedi di piombo con lei e non chiedeva compagnia, se non quella che giungeva occasionale come in quella mattina.
"Voi... non è colpa vostra Apollo, anche voi mi siete amico e molto caro." Disse Hilda.
"Non vi ho chiesto nulla Hilda." Rispose lui, possibile che fosse così palese ciò che provasse, che Rosa non aveva avvertito i suoi sentimenti solo perché era la dea dell'amore. Ma che lui Apollo si fosse tradito con le sue stesse mani? Strinse il mento della donna in una carezza e si avvicinò di un passo al suo, se era evidente ciò che sentiva avrebbe palesato alla donna ciò che voleva, poi l'avrebbe lasciata andare dandole il tempo di decidere e scegliere cosa volesse realmente da lui.
"Però sì vi voglio. Voglio il vostro corpo invitante, voglio perdermi nei vostri gelidi occhi così che sprofondano nei miei. Voglio farvi squagliare al mio tocco ed al mio sguardo e lasciar sciogliere tutto il ghiaccio che vi circonda e di cui siete la regina con il calore che irradio da me. Sole caldo contro gelida neve, per una volta almeno uniti in una cosa sola." Le sussurrò per poi allontanarsi da lei.
Le risa di sua sorella Esmeralda stavano giungendo alle sue membra e doveva allontanarsi, per non destare sospetti o peggio ancora, per non baciare quella donna che era una tentazione divina da toccare e da possedere.
"A Mezzogiorno rientra mio fratello Ares. Assicuratevi che Giulia sia vestita in maniera adeguata." Ordinò dandole le spalle.
Hilda non disse nulla, lo vide andare via e prima che potesse crollare tremante andò ad appoggiarsi al tronco dell'albero più vicino.
Quelle sue parole le erano entrate dentro come liquido, fluendo fino al suo basso ventre e lasciandola orfana di un desiderio crescente. Ma non poteva, non voleva lasciarsi andare a quella passione, non ancora e non dopo aver incontrato Poseidone, l'uomo che l'aveva indotta ad uccidere il suo amato Siegfried.
"Grazie della compagnia divino Apollo." Sussurrò la donna amareggiata intanto che ella stessa dava le spalle al dio del sole, era decisamente meglio restare lontani l'uno dall'altra e riservare le sue attenzione sulla moglie del dio Ares era una buona distrazione per Hilda.Esmeralda sembrava vivere di vita propria mentre assegnava ai bambini dei giochi da fare. Rideva dei loro goffi tentativi di primeggiare gli uni sugli altri, delle idee bizzarre che passavano loro per la testa.
Quando fu raggiunta da Ikki raggiunse il ragazzo prendendolo per mano e rendendolo partecipe dei giochi che stavano facendo.
"Per favore no!" Si oppose lui.
Ma ella incurante continuò a portarlo nella calca di ragazzini, un sorriso gioviale sulle labbra che si espandeva sul giovane viso fino agli occhi.
"Perché mi hai raggiunto allora?" Chiese birichina.
"Per assicurarmi che questa volta non lasci il tempio. Sto per andare via!" Affermò la giovane fenice.
Esmeralda annuì e gli andò incontro incrociando le mani dietro la nuca, si sollevò sulle punte e gli diede un bacio a fior di labbra.
"Stai sereno Ikki, non mi muoverò più da qui fino a mese prossimo." Affermò incrociando il suo sguardo scuro.
Lui sospirò posando le mani sui fianchi rotondi e perfetti facendo un segno del capo. Doveva fidarsi di lei, come la stessa Esmeralda si fidava di lui e lo aveva fatto nel corso di quell'anno. Sapeva che adesso che sarebbe andato via avrebbe sentito di nuovo la mancanza della sua amata, sapeva che quel mese sarebbe stato interminabile e sapeva che la separazione poi sarebbe stata di nuovo dura.
Ma preferiva vivere di quei sentimenti e sapere che l'avrebbe rivista anziché vivere l'amarezza di averla persa per sempre, così come era accaduto solo l'anno prima e per tutti quei mesi.
"Ovunque tu sarai ti aspetterò." Le disse ricambiando il suo bacio con la differenza che lui fu più deciso e pretese da ella un vero bacio. La giovane lo assecondò schiudendo le labbra e lasciando che egli la assaporasse, poi mentre il bacio andava via via terminando fece uno scatto indietro e sorrise al santo della fenice.
"Prendimi e sarò tua per sempre." Scherzò iniziando a correre nei giardini del tempio.
"Esmeralda..." la chiamò lui, osservò la chioma bionda che correva verso gli alberi ed udiva le risate cristalline, immaginava anche il suo volto sereno.
Esmeralda stava bene e comprendeva che in quel momento stava giocando, sapeva Ikki che lei sarebbe stata sua per sempre. Almeno fino a quando lui sarebbe vissuto, poi dopo alla sua fine... sgranò gli occhi! Non la sentiva più, si era allontanata abbastanza da non farsi vedere, perché lui lo sapevano entrambi era veloce e scaltro.
Prese a correre nel boschetto alla sua ricerca e quando la trovò la afferrò per la schiena attirandola al suo petto.
"Mi hai presa." Disse lei ridendo nello stesso momento.
Ikki sorrise immergendo il viso nei suoi capelli biondi. "Per sempre!" Le disse restando fermo in quella posizione, aveva deciso: sarebbe diventato il suo nuovo Hercules quando sarebbe giunto il suo momento, se nella vita terrena non gli era stato concesso questo lusso avrebbe accettato il dono che la sua amata le faceva, vivere per sempre con lei o morire senza di lei. La scelta non era difficile e glielo avrebbe detto, non in quel momento ma con la calma che la sua risposta richiedeva. Esmeralda non voleva che lui scegliesse quella via, lei lo aveva innalzato a guerriero della speranza e gli aveva più volte ricordato che combattere al fianco di Athena era il suo destino. Lo riconosceva questo Ikki, lui era un santo di Athena e doveva proteggere gli uomini per quello che restava del suo destino, poi un giorno lontano o vicino che fosse, lo sapeva che sarebbe tornato con Esmeralda per sempre.
Esmeralda poggiò le esili mani sulle sue braccia possenti ed assentì. "Ho deciso di fare una specializzazione per l'insegnamento." Iniziò a dire al compagno.
Lui assentì col capo. "Non mi stupisco sai?" Le disse e lei sorrise voltandosi e aggrappandosi a lui.
"Voglio dare ai bambini quello che io non ho potuto avere da piccola e sono contenta che tu non ci sia rimasto male."
"Io sono contento che tu stai vivendo la tua vita Esmeralda, ti sosterrò in tutte le tue decisioni." Le disse rincuorandola, l'avrebbe sostenuta sì, fin quando non contemplava lui nelle relazioni sociali poteva appoggiarla in tutto ciò che ella voleva fare...——
* accenno a: la leggenda dei guerrieri scarlatti
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Agápi gia ton Olýmpou (Saint Seiya)
FanfictionPrologo di Saint Seiya dopo i fatti di Hades. © M. Kurumada © Michi Himeno © Shingo Hiraki © Toei L.T.d Storia basata sulla saga del maestro Kuramada Saint Seiya. Vietato copiare i diritti di copyright