Kohotech - Siberia occidentale casa di Hyoga.
L'abitazione di Hyoga si trovava poco distante dal paese, leggermente isolata. Strada facendo Freya se ne chiese il motivo anche se non gli pose alcun tipo di domanda.
Una volta raggiunta l'abitazione ed entrati, la prima cosa che fece il santo del cigno, fu andare a controllare il fuoco nel cammino. Aggiunse uno schiocco di legna sui tizzoni ardenti e dopo un po' si sollevò di nuovo il fuoco. Freya appoggiò la giacca che aveva recuperato prima di rientrare e lo zaino ad un appendi abiti accanto alla porta, di lì a poco Hyoga la raggiunse e fece altrettanto col suo giaccone.
"Ti preparo la cena." Le disse.
Lei si voltò sollevando lo sguardo sul suo e gli sorrise.
"Posso aiutarti? Apparecchiare?" Chiese. Non aveva mai fatto cose da massaia, ma da quando aveva iniziato quel viaggio tutto era cambiato. Con Camus aveva dovuto adeguarsi e imparare a sopravvivere, preparare una zuppa con ciò che lui cacciava, sbucciare patate o cipolle preparare una tavola pulita per tutti.
Hyoga le prese una mano sorridendole e la portò verso l'angolo cottura.
"Faccio io. Tu raccontami tutto quello che mi sono perso in questo periodo." Le disse invitandola a sedersi.
Al che Freya messa alle strette prese a raccontargli tutto, di come avesse scoperto di essere una dea grazie a Fryg. Di Marin che era andata a trovarla ad Asgard e della missione di riunirsi alle tre moire che avevano stabilito. Hyoga sollevò un sopracciglio.
"Non te l'ho detto quando sei venuto ad Asgard perché ero preoccupata per Hilda, poi sai l'aria che si respirava lì."
Lui annuì e andò a sedersi accanto a lei, le mani incrociate tra le gambe leggermente divaricate e lo sguardo puntato su di lei.
"Ok! Ma Marin cosa c'entra con te e Fryg?"
"Marin è mia sorella Dike." Affermò tranquillamente la giovane.
Hyoga rimase sorpreso questa volta, lo si poteva vedere in viso. "Lei è... giuro non me lo sarei mai aspettato."
Freya sorrise ed annuì. "Lei è Dike e in Giappone c'è nostra sorella minore..."
"Miho!" Intervenne Hyoga. "Siamo amici d'infanzia." Le spiegò.
Al che lei continuò. "Qualche giorno dopo che sei andato via, mio fratello Apollo è venuto a bussare al palazzo del Valhalla. Era stato mandato da Marin al fine di aiutare Hilda, così siamo partite per la Grecia, dove Apollo vuole provare un'ultima cura per salvarle la vita."
"Tua sorella è in bilico tra la vita e la morte?" Chiese preoccupato Hyoga, anche se ne avrebbe dovuto avere sospetto con i cambiamenti che c'erano stati a palazzo. I nuovi regnanti e la nuova celebrante.
Freya acconsentì "Sì. Apollo è riuscito a rallentarne il processo, ma non mi ha promesso nulla. Hilda mi ha promesso che avrebbe resistito fino al mio ritorno."
"Pensi stia male?"
Lei sospirò. "Non lo so. Ma mi ha esortato a partire e Apollo mi ha assicurato che si sarebbe preso cura di lei." Disse la giovane.
"Non vedi l'ora di rientrare." Affermò lui alzandosi per portare la zuppa al tavolo.
Lei lo raggiunse e cercò i cucchiai che poi mise a tavola insieme a dei tovaglioli.
Quando la tavola fu pronta Hyoga portò la loro cena in due ciotole e la esortò a raccontargli come fosse arrivata fin lì e perché Camus le aveva fatto da maestro.
Al che lei riprese a raccontare, iniziando dal suo arrivo in Grecia, l'incontro con il padre e la sua insistenza affinché non partisse da sola. E a buon ragione visto le arpie che le stavano dietro dal Kazakistan. Gli disse quindi del viaggio fatto con poche risorse e che avevano preso un aereo solo quando suo padre era andato a prenderli, infine gli raccontò che fin quando non erano arrivati a Sasha Jacuzia, Camus era all'oscuro del fatto che lei cercasse Fryg.
"Camus mi ha detto che saremmo arrivati prima se gli avessi detto che cercavo Lachesi." Terminò a fine cena Freya.
Si alzò dal tavolo e sparecchiò per poi mettersi a lavare le poche stoviglie. Hyoga osservava sorpreso quella scena, poi la raggiunse.
"Lui e Fryg sono... non sposati, ma è come se lo fossero." Spiegò Hyoga mentre la osservava sciacquare i piatti e poggiarli sul gocciolatoio. Il santo prese un canovaccio e asciugò le due ciotole mentre lei metteva un coperchio sull'acqua col sapone così da non sprecarla. "Compagni, si dice compagni." Lo istruì lei con una lieve risata. "Non si spreca così giusto?" Disse riferita all'acqua.
Lui scosse la testa sorridendole poi le prese le mani e gliele asciugò. Lei lo lasciò fare chinando lo sguardo, quando il santo ebbe finito posò la pezzuola e la attirò tra le sue braccia.
"Dovresti dormire adesso, sarai stanca."
"Mmm..." scostò il viso da lui e osservò il letto contro la parete. "Il bagno?"
"Oltre quella porta. Ti scaldo l'acqua?"
Lei rise e scosse la testa tirando su la maglia e sfilandola. "No, lascia..."
Il cigno si avvicinò di più a lei portando le mani all'allacciatura dei pantaloni. Freya allora si appoggiò con le mani alle sue braccia muscolose e cercò il suo sguardo mentre l'indumento le scivolava lungo le gambe.
"Ti donano i pantaloni." Le disse lui sfiorandole il viso con le labbra.
Lei lo sollevò e gli sorrise godendo delle sensazioni che il suo solo alito o il lieve sfiorare la pelle con i polpastrelli. Si sollevò sulle punte dei piedi e incontrò la sua bocca.
Il bacio che iniziò fu lieve come le carezze che percorrevano la sua schiena. Hyoga la prese tra le braccia e sollevandola per le natiche la tirò su, Freya intrecciò le sue gambe intorno ai suoi fianchi e rispose al suo bacio sempre più intenso, avviluppando la lingua a quella di lui. Non c'erano bisogno di parole, ormai lo avevano imparato, i fatti e le azioni parlavano per loro.
Freya si sentì adagiare sul letto e lo osservò mentre la sovrastava col suo corpo. Portò le mani sullo sterno scivolando lentamente verso il basso e slacciandogli i pantaloni, lui le sorrise e si tolse la maglia. Esigevano entrambi un contatto pelle su pelle e quei vestiti erano solo un ostacolo. Quando anche l'ultimo pezzo di stoffa fu andato i due si abbracciarono e famelici si baciarono e si carezzarono. Sapevano come dare piacere l'uno all'altra, sapevano che presto avrebbero raggiunto l'estasi e quando Hyoga affondò in lei con una spinta poderosa del bacino ella non potette che esultare a quell'unione perfetta che come la prima volta non potette che darle piacere e farla sentire a casa.
...
Camus aveva messo a dormire Jacov nel suo letto, lì nella stanza principale. Di fronte al camino Fryg filava al telaio, sembrava una loro tipica giornata con l'eccezione che tante cose erano cambiate.
Durante la cena il santo dell'acquario raccontò ai due della battaglia alle dodici case, della discesa nel Cocito al risveglio da parte di Hades qualche mese prima. Infine sembrava che colpito dal loro valore Zeus avesse deciso di innalzarli a suoi guerrieri e aveva concesso loro l'immortalità.
Fryg non gli disse nulla, almeno fin quando il respiro di Jacov non si regolarizzò per il sonno.
Avvertì la ruota del telaio rallentare e poco alla volta fermarsi, al che si sollevò da vicino al letto e raggiunse la sua compagna.
"Perché non ti sei fatto sentire?" Chiese lei.
"Perché non sapevo e ancora non so cosa ne sarà di me. E tu?..." disse indicandola. "Tu sei la dea Lachesi, colei che tesse le trame. Lo sapevi!" Affermò.
Lei scosse la testa. "Non leggo le trame di chi mi è vicino. Sono nata umana e ho emozioni, come tutti gli umani, che mi fanno soffrire." Rispose lei che si avvicinò al santo e lo abbracciò.
"Quando sei venuto a mancare... a ottobre. Sentivo che qualcosa non andava, ho imparato a conoscere il tuo cosmo e non lo avvertivo più. Poi Milo venne a trovarmi e..." prese a singhiozzare, Camus le carezzò i capelli biondi, era raro per Fryg piangere, lei non lo faceva mai. Era la gioia e l'allegria insieme, era vita. "Giuro sono stata forte, se ho una certezza è che la morte è parte integrante della vita e bisogna accettarla. Ma mi sentivo sola senza di te e allora sono scesa alla tua ricerca."
"Hai lasciato Jacov solo quattro volte."
"Gli avete insegnato a cavarsela da solo." Disse lei tirando su col naso. "Poi sono scesa solo tre volte nell'Ade, ho obbedito."
"Sei stata una volta ad Asgard." Disse lui.
Lei finalmente gli sorrise, quel sorriso furbo che il rosso aveva imparato ad amare quando l'aveva conosciuta. All'epoca era una ragazzina che con un semplice sorriso gli scaldava il cuore, Joël si era chiesto come facesse. Poi aveva capito che quello era amore, per lui però l'amore era un sentimento che non poteva permettersi, era devoto ad Athena e lei veniva prima di tutto e tutti.
Ma Fryg aveva insistito e con la sua temerarietà e quel carattere così sfacciato si era intromessa nella sua vita a suon di bracciate e spintoni.
"Ci tengo a vivere sulla terra ancora per un po'. Tu hai provato a proteggerla assecondando Hades, io cercando Freya e facendole capire cosa doveva fare."
"Da quando sai di essere una dea?" Chiese lui.
Lei gli saltò addosso intrecciando le gambe e le braccia a lui. "Da quando sono morta... o quasi!"
Lui la fissò interdetto mentre reggeva entrambi per non cadere.
"Quando mi hai salvata sei anni fa... quella è stata la mia prima volta nel regno dei morti. Quindi penso di essere morta. Alla fine le mie sorella non hanno mai messo piede lì." Gli spiegò mordendogli il mento.
"Ti ho portato al caldo, ho fatto tutto ciò che potevo per farti passare l'ibernazione..."
"Sei riuscito a farmi tornare tra i vivi." Disse lei sollevando il viso e pizzicandogli una guancia.
"Ti ricordi di quando mi risvegliai dal coma?"
Lui fece una smorfia. "Fu colpa tua." Disse serio.
Lei rise "Ti piace però quando mi avvinghio a te." Disse stringendosi di più a lui.
Camus scosse la testa, non c'era nulla da fare, non la si riusciva mai a fermare. La guardò con sguardo ammonitore mentre si spostava da lì.
"Smettila o sveglierai Jacov."
"Per questo mi stai portando in camera da letto?"
"Così potrai essere logorroica per tutta la notte." Le rispose aprendo la porta
"Dormiamo anche vero?" Chiese divertita lei.
"Solo perché ho detto che potrai parlare non significa che non dormirai." Disse gettandola sul letto.
"Ehi... la grazia Camus."
Lui chiuse la porta e si tolse la maglia verde. "Sei una Moira tesoro." Ironizzò lui continuando a spogliarsi.
Lei indietreggiò sul letto godendosi lo spettacolo e quando lui la raggiunse, lo fermò con un gesto della mano.
"Aspetta, lascia fare a me." Gli disse raggiungendolo a gattoni e prendendo a carezzare il suo sesso.
"Fryg..." la implorò lui.
"Ti prego fammi giocare un po'." Disse però lei avvicinando le labbra al glande e prendendo a leccarlo.
"Almeno starai zitta." Disse lui con tenerezza.
"Almeno io ti farò perdere la calma." Rispose lei leccando tutta la lunghezza dell'asta.
Lui non rispose, trattenne invece un gemito roco e la afferrò la nuca aiutandola in ciò che gli stava facendo.
Sentiva la sua bocca che lo prendeva e poi lo succhiava e ad ogni suo gesto e movimento lui gemeva, perdendo il controllo sì, come solo lei sapeva fare. Lasciò che lo torturasse con quella sua bocca malefica, si lasciò andare all'orgasmo e le fece tenere il comando. Poi quando non resistette più la scostò dal suo membro e la stese sul letto sovrastandola e spogliandola rapidamente dei vestiti.
"Adesso tocca a me." Le disse carezzandole i seni sodi e immergendo la testa tra le sue cosce, alla ricerca del suo sesso con la lingua e con i denti...
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Agápi gia ton Olýmpou (Saint Seiya)
FanfictionPrologo di Saint Seiya dopo i fatti di Hades. © M. Kurumada © Michi Himeno © Shingo Hiraki © Toei L.T.d Storia basata sulla saga del maestro Kuramada Saint Seiya. Vietato copiare i diritti di copyright