"Jennie, è il tuo turno."
L'ennesima voce che mi giunge alle orecchie. Il tono annoiato è evidente: forse neanche questa infermiera vuole starci qui, in questo maledetto ospedale, un luogo così opprimente da farmi venire il vomito.
O forse è l'astinenza da ossicodone a rendermi nervosa.
Controvoglia mi alzo, lascio la mia tanto amata sala d'attesa e a passi lenti mi avvicino alla porta del nefrologo che mi ha in cura; giro leggermente la testa per trovare lo sguardo di mio fratello maggiore Jimin e mia madre fisso nel mio: cercano di incoraggiarmi, cercano di ricordarmi che lo sto facendo per una giusta causa.
Vogliono ricordarmi dell'overdose.
Sperano che io abbia imparato la lezione.
Senza neanche accorgermene, apro la porta ed entro nello studio del dottor Jung: ovunque ci sono stampe di reni e delle varie malattie che possono colpirli. Alzo un sopracciglio, quasi divertita: bel modo per spaventare i propri pazienti e per costringerli ad esami costosissimi, forse fare il dottore non è così male.
Guarisci le persone facendo promesse quasi impossibili.
"Ah Jennie, come stai?" mi chiede cortese il dottore Jung: è un uomo di mezza età con i capelli grigi e la pelle rugosa, le mani gonfie che si massaggia continuamente creano un rumore sordo che mi disgusta, mi ricorda quello delle carte delle caramelle quando vengono accartocciate.
"Sono in piedi." mormoro, sedendomi davanti alla scrivania. Il dottor Jung accenna un sorriso "È bello vederti qui: ero stanco di fare avanti indietro dal mio ufficio alla tua stanza d'ospedale!" Sta cercando di scherzare ma sta solo peggiorando la situazione. "Sarebbe bello togliersi questa maledetta camicia." continuo a mezza voce, indicando con il mento la camicia d'ospedale che indosso: è ruvida, puzza di morto e odio il colore della stoffa.
Mi fa sembrare più morta di quello che io già non sono.
"L'infezione ai reni è stata quasi del tutto guarita." dice il dottor Jung con un enorme sorriso sul volto, è chiaro che pensi che io sia felice di quella notizia ma non posso esserlo: l'ospedale, per quanto terrificante e opprimente, era l'unico luogo nel quale ero al sicuro da lei.
"Tra un paio di giorni puoi tornare a casa ma devi promettere di non farti rivedere qui per parecchi mesi!" Esclama, allungando la mano destra di modo che io possa stringerla. Lo osservo dall'alto in basso prima di accettare la sua stretta, fin troppo forte per le mie deboli mani. "Ci provo," mormoro prima di alzarmi e uscire dall'ufficio, dove vengo raggiunta da mio fratello "Ti riporto in stanza?" chiede con un sorriso, che tento miseramente di replicare "No grazie oppa, ce la faccio anche senza quella." dico indicando la sedia a rotelle vicino a mia madre, che non riesce a trattenere le lacrime.
"Eomma..." sussurro "Non piangere." Mia madre si alza dalla sedia e mi viene vicina: è dimagrita molto in questi mesi, è diventata così minuta da sembrare mia figlia. "Sono felice di averti qui, con me e Chim." replica prima di abbracciarmi. Chiudo gli occhi e respiro profondamente: è sempre stata colpa mia? Sono io la causa del malessere di tutti coloro che mi stanno accanto? Perché mia madre, mio fratello, Taehyung e tutti i miei amici devono soffrire a causa mia?
Faccio un respiro profondo e mi sforzo di pensare ad altro ma la mia mente si annebbia.
La vera depressione è questa.
Il momento in cui ti dimentichi dell'ultima volta in cui hai riso, in cui ti sei sentita veramente felice, in cui non hai pensato a nulla.
Ti dimentichi di tutto ciò che ti fa sentire umana.
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Normal life is too boring for us
FanfictionOne-shots per tutti i gusti in tutti i gusti. Quando imparerò a scrivere una descrizione breve in italiano mi emozionerò. But it is not today. Morale della storia? BTSxBLACKPINK One-shots