Toxic - BTS x BLACKPINK

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"Sicura che il luogo sia questo?"

La giovane annuì e si slacciò il casco, facendo un paio di passi avanti. "L'indirizzo corrisponde." Replicò secca guardandosi intorno: l'edificio sorgeva in un quartiere abbandonato, gli unici segni di vita sembravano provenire dai cestini abbandonati ai lati della strada abitati da ratti e gatti randagi.

L'uomo dietro di lei scese dalla moto nera e storse il naso "Tra tutti i posti possibili e inimmaginabili proprio qui? In mezzo ad una discarica?" La giovane alzò le spalle e lasciò il casco nero, dello stesso colore dei suoi vestiti, sulla moto, senza preoccuparsi minimamente che venisse rubato.

Chi avrebbe rubato ai ladri dopotutto?

"Se ci hanno convocato qui un motivo ci sarà." Disse infine passandosi una mano tra i lunghi capelli castani. L'uomo rimase in momento in silenzio prima di incontrare lo sguardo da gatta della giovane e rilasciare un sospiro "Se lo dici tu..." Mormorò poco convinto prima di togliersi il casco nero laccato, al quale aveva solo alzato la visiera: sotto quella montagna di nero facevano, quasi per caso, capolino dei capelli verde menta corti, decorati da qualche ciuffo più scuro.

La giovane sorrise pigramente, modellando le labbra delineate dal rossetto rosso in un ghigno quasi malvagio "Ti mentirei mai? Sei il mio cuginetto preferito!" L'uomo si accigliò "Veramente sono il tuo unico cugino, per non dire unico parente rimasto in vita!" Lo sguardo della ragazza si rabbuiò e il ghigno cadde "Questa potevi risparmiartela." Disse a denti stretti prima di dargli le spalle e cominciare a camminare verso l'edificio abbandonato.

L'uomo imprecò prima di seguirla, arrivando addirittura ad affrettare il passo per trovarsela vicino "Dai Jen, scusa, sai che sono pessimo con le parole." La giovane storse il naso e scrutò la porta d'ingresso rovinata dal vandalismo e alcuni murales "Solo quando c'era Hoseok gli riservavi belle parole, eh?" Disse in tono acido, aprendo la porta ed entrando, senza neanche aspettare il cugino, che sospirò.

Si ferivano a vicenda con le parole.

Entrambi toccavano corde note solo a loro.

Segreti che facevano soffrire entrambi.

Ma loro erano i cugini Kim.

Niente li avrebbe distrutti se non loro stessi.

"Certo che potevano dare una pulita veloce..." commentò la giovane mentre camminava nel corridoio cosparso da giornali e vetri rotti. L'uomo sospirò e si tolse il giubbotto di pelle nero "Non credo che gli importasse. Piuttosto, sai perché siamo qui?" La castana rimase in silenzio fino a quando non si trovarono dentro una grande stanza, che un tempo sarebbe potuta essere la hall di un hotel: i soffitti erano decorati con eleganti stucchi in stile veneziano ma erano coperti di fuliggine, così come i mobili in mogano intagliato. Il lampadario di cristallo, rovinato in più di due punti, emanava una debole luce gialla, che illuminava il tavolo maestoso per dodici persone e le pareti ricoperte di quadri.

Esattamente al centro della stanza li aspettava seduta una donna con lunghi capelli rossastri. Dava loro la schiena, quindi non riuscirono a vederle il volto. Stava fissando il caminetto spento posto in un angolo della stanza, come se si aspettasse che da un momento all'altro si accendesse e cominciasse a disperdere calore nella gelida stanza.

I due cugini si scambiarono uno sguardo prima di entrare nel salone, tenendosi a debita distanza dalla donna. Nello stesso istante, dalla porta opposta alla loro, entrò una giovane dai capelli biondi seguita da un uomo con i capelli tinti a metà di biondo e rosa pallido, facendolo somigliare a una caramella.

Lo sguardo della castana si piantò in quello della bionda e digrignò i denti "Manoban," sussurrò in tono pieno d'odio. La bionda alzò gli occhi al cielo con fare annoiato "Kim, che spiacere vederti qui." L'uomo dietro di lei le mise una mano sulla spalla e le sussurrò qualcosa all'orecchio che magicamente la fece calmare.

Normal life is too boring for usDove le storie prendono vita. Scoprilo ora