Video Call - Jinsoo

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"Buongiorno Soo!"

Jisoo non trattenne una risata mentre poggiava il telefono sul treppiedi che teneva sempre sul comodino "Vorrai dire buonanotte!" Lo corresse con un sorriso, indicando la luna della luna che filtrava attraverso le tende e la finestra dalla camera da letto, illuminando la camera piuttosto spoglia del nuovo appartamento di Mapo-go. L'uomo sullo schermo chiuse gli occhi e scosse la testa, limitandosi a sospirare debolmente "Giusto, buonanotte..." ripeté in tono malinconico prima di gettare un'occhiata verso sinistra, finendo per aggrottare le sopracciglia "Che ore sono lì a Seoul?" Chiese in tono preoccupato.

"Mezzanotte e venti." Disse Jisoo dopo aver controllato la sveglia dietro il treppiedi. L'uomo sullo schermo sospirò e si passò una mano tra i capelli castani tenuti piuttosto corti: le occhiaie scure e le guance assottigliate erano un indizio ben chiaro a capire quanto fosse stressato e stanco. "Non voglio farti perdere troppe ore di sonno... puoi chiamarmi quando qui sono le dieci di sera, lì a Seoul sarebbe mattina..." "Ma alle nove crolli oppa: sei tu quello ad avere bisogno di dormire, molto più di me." Lo riprese Jisoo con un sorriso dolce, cercando di mettersi su un fianco, così da poter guardare meglio l'uomo sullo schermo.

Era nel suo ufficio a lavoro, riconosceva le pareti bianche piene di ritagli di giornale e cornici con quadri anonimi e ripetitivi. La luce proveniva tutta dalle plafoniere sul soffitto, non c'erano finestre e se si fossero state avrebbero solo un'orrenda vista sul parcheggio di una zona industriale a pochi chilometri dal Bronx. L'uomo indossava la sua divisa da lavoro: una camicia bianca che nascondeva una canottiera dello stesso colore, un paio di pantaloni scuri e un grembiule grigiastro con il suo nome ricamato pochi centri metri sopra il cuore, in un'elegante calligrafia corsiva.

Jisoo sorrise nel vedere l'uomo indossare una semplice catenina d'oro con una piccola J come ciondolo: gliela aveva regalata lei per il suo compleanno, l'ultima festa che avevano passato insieme, e lui le aveva giurato che non se la sarebbe mai tolta.

"Mi manchi tanto Soo-ya" sussurrò l'uomo con un sorriso malinconico che fece stringere il cuore di Jisoo "Anche tu mi manchi tanto oppa." Disse cercando di mantenere la voce ferma: dovrebbe essere usata a quella routine, erano passati ormai due mesi da quando Kim Seokjin, il suo ragazzo e capo chef di una delle sedi di una celebre catena di ristoranti coreani, se ne era andato a New York assieme a Kim Namjoon, amministratore delegato della catena, per concludere un accordo con una catena di ristoranti americani e ampliarsi anche in territorio statunitense.

La sua unica gioia era quella di poter abbracciare il suo cuscino ogni notte, aspirando il suo profumo inconfondibile.

"Forse tra qualche mese potrò tornare lì." La voce di Seokjin la fece risvegliare dai suoi pensieri "Davvero?" Chiese Jisoo spalancando gli occhi e sporgendosi verso lo schermo, facendo sorgere un sorriso sulle labbra dell'uomo "Le trattative stanno andando molto bene e presto non ci sarà più bisogno di me qui: servo solo per allenare i cuochi che lavoreranno qui, non mi occupo del progetto del ristorante o dei contratti!" Jisoo non poté trattenere un sorriso che le fece brillare gli occhi "Sarebbe davvero bello averti di nuovo qui oppa: la casa è fin troppo vuota senza di te." Il silenzio che seguì quelle parole fu sufficiente a far sospirare Seokjin.

"Soo-ya..." cominciò, esitando e cercando le parole giuste "Mi dispiace così tanto averti lasciato dopo esserci trasferiti nella nostra prima casa dopo solo un mese... darei davvero ogni singolo centesimo in mio possesso per poter stare con te e sistemare ogni stanza per renderla perfetta." Jisoo cercò di rallegrare l'atmosfera con una battuta "Se spendessi ogni singolo centesimo che hai in banca probabilmente non riusciremmo a pagare le bollette e il mutuo!" Esclamò, facendo ridacchiare il compagno.

"Tra quanto devi andare?" Chiese Jisoo cercando di trattenere uno sbadiglio: quella mattina si era alzata alle cinque e mezza per montare i mobili mancanti in bagno e la libreria del salotto, per poi dirigersi alla scuola dove lavorava come segretaria, dove era sommersa di lavoro; inutile dire che la tentazione di chiudere gli occhi e dormire profondamente fino alla mattina successiva la stava tentando, così come la tentava il morbido cuscino che aveva sotto la testa e il calore delle coperte.

Normal life is too boring for usDove le storie prendono vita. Scoprilo ora