Capitolo 1

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Il volto era immobile.
Lo specchio le restituiva l'immagine perfettamente ferma, incastonata nella superficie liscia e cristallina nel vetro dove si specchiava.
Gli occhi di Rose vagavano, correvano impazienti e frementi da una parte all'altra, navigando dal soppracciglio inarcato  destro alla bocca sottile, al labbro screpolato; esploravano,viaggiando scordinati, la sua pelle, piena di imperfezioni, dalla guancia sinistra alle corte ciglia, che corniciavano gli stretti occhi blu.
Le iridi ispezionavano tutto il volto, cercando qualcosa che Rose sapeva non avrebbe mai trovato.
Una somiglianza.
La luce solare filtrava dalla finestra, abattendosi con tutta la sua luminosità sulle piastrelle azzurre - velate di sporco - che davano una ombra azzurra all'aria che la circondava.
Rose Weasley sospiró, chiudendo gli occhi contro la sua immagine riflessa.
No, non c'era ancora.
Rose si passò una mano tra i capelli rossi, stringendo appena le palpebre e beandosi un attimo delle piccole macchie nere che le offuscarono la vista per brevi attimi.
Apri gli occhi. Sbuffò.
Solo qualche altro tentativo pensò, facendo diventare gli occhi come piccole fessure, e concentrandosi di nuovo sulla sua immagine riflessa.
Si incastrò una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio, lo sguardo concentrato.
Abbassò di più le palpebre, stringendo di più gli occhi, fino a vedere fra le ciglia chiare. La sua immagine sfumava, vittima dei piccoli peli che le intralciavano la visuale, e Rose ebbe come la sensazione di esserci vicina, di averlo quasi trovato. Che ci mancasse qualche attimo a concludere la sua ricerca. Ma non ci riuscì. Un tonfo, e una voce che esplodeva li vicino la distrassero.
"Hugo, toglilo immediatamente, mi hai sentito!?!"
La risposta del ragazzino venne piú velata e attutita rispetto a quella che l'aveva preceduta, ma Rose, data la vicinanza, riuscii comunque a capire di cosa si trattasse, e a valutare e catalogare come 'grave' la situazione che si stava svolgendo a qualche passo da lei.
"Momento di riflessione finito" borbottò rivolta al suo riflesso, in un sussurro rassegnato.
La sua famiglia chiamava.
Sospirò, mentre apriva la porta del bagno e usciva.
Il leggero cigolio della porta non curata - ma al quale Rose era stata abituata fin dalla nascità - l'accomoagnò per tutto il corridoio, in una perfetta sintonia con il pavimento - ormai logoro - che schicchiolava a ogni suo passo, e di certo avrebbe tradito la sua presenza, se ci fosse stato qualcuno a prestare attenzione.
La tenue luce del sole la seguiva, sbattendo contro la sua coda alta che ondeggiava lievemente a ogni movimento, e illuminava la carta da parati sporca e mal curata che ricopriva i muri del corridoio, circondandola di un tenue rosso sgradito, diventato opaco con il tempo. In alcuni punti, la carta da parati si staccava, rivelando la vera natura del muro, peggiore di quella in cui era tenuta la casa.
Rose fece una smorfia, ormai in prossimità della stanza da dove venivano le due voci, che si alzavano di intensità sia per il fatto che la ragazza di avvicinasse, sia perché la discussione stava diventando accesa.
Ma Rose era rivolta verso il muro, non verso le voci irose, in cui la carta era tanto scollata da scivolare giù  fino al pavimento, lasciando in bella vista buona parte cartongesso crepato. Rose scosse la testa e, nella penombra che la casa le conservava, data la quasi totale assenza di finestre, prese l'angolo della carta da parati e la riportò su, facendola aderire di nuovo con il muro origine e sperando che reggesse.
"Hugo, o fai come ti dico io-"
"Mi hai già messo in punizione, ricordi?"
"Tu, piccolo ingrato..."
Rose alzò gli occhi al cielo, sbuffando rassegnata.
Si voltò verso la porta chiusa, dove le voci di Hugo e Ron si facevano sempre più alte e, stampatosi un sorriso dolce in viso, prese un bel respiro, afferrando la maniglia.
Rose l'abbassò, entrando nella stanza.
"Ehy" fece tranquilla, facendo capolino solo con la testa rossa nella stanza.
Il suo sorriso vacillò un po' , vedendo cosa il padre stringeva fra le dita.
Ron sbuffò, stringendo con più forza la carta tra le dita.
Hugo, invece, le rivolse un occhiataccia da sotto il ciuffo rosso, che gli pendeva dalla fronte coprendo quasi completamente gli occhi, come una coperta messa troppo stretta.
Ron fece saettare gli occhi azzurri su di lui, fulminandolo con lo sguardo.
"Sii gentile con tua sorella" impose, fermo.
"Non ho detto niente!" Soffiò il ragazzino, sporgendosi verso il padre.
Rose fece finta di non sentire l'ultimo scambio di battute, ed entrò nella stanza.
"Che succede?" Chiese, allargando il suo sorriso e voltandosi verso il padre, tanto alto che ormai la staccava di diverse teste, nonostante i quasi sedicianni della ragazza.
"Che succede?" Ron inarcò un soppracciglio, rivolgendo uno sguardo di ovvietà alla figlia "non lo hai già capito?"
Rose addolcii il viso, più di quanto già non fosse. Il suo sorriso allegro e rassicurante, senza muovere niente, si trasformò in uno di scuse.
"Non stavo ascoltando" si giustificò Rose, stringendosi nelle spalle e abbassando lo sguardo.
Ron si addolcii un poco, ammorbidendo gli occhi duri.
"Questo" disse alzando in una mossa brusca il foglio di carta che stringeva in mano - ormai tutto spiegazzato e logoro, in perfetto accordo con il resto della casa - inconfutabile prova della colpevolezza di Hugo.
Rose rivolse un occhiataccia al fratellino - un occhiata che, però, conservò sempre il tono dolce che carettarizavano la Weasley e che sembrava più un ammonizione che un vero e proprio rimprovero - e in risposta ricevette un alzata di occhi, irritata, da parte di Hugo.
Rose aggrottò le soppracciglia, guardandolo male un ultima volta, prima di tornare al padre.
Gli sorrise.
"Bhe..." Disse, cercando di negoziare in favore del fratello "Hugo può sempre appenderlo-" Ron le lanciò un occhiataccia, e Rose cambiò bruscamente il finale della frase "di notte. La notte. Quando tu non lo vedi. Favorevole per entrambi, no?"
Rose sorrise speranzosa, cercando di interpretare l'occhiata scrutatoria con la quale il padre la stava squadrando, dall'alto in basso, come soppesando le parole della figlia. Gli sbuffi di Hugo erano l'unico sottofondo musicale per la scena.
Alla fine, Ron, sospirò.
"Va bene" ringhiò, come se quelle poche parole gli avessero costanto un grande sforzo. Guardò Hugo. "Puoi tenerlo" gli concesse, lanciando il foglio ( Hugo si buttò, letteralmente, a prenderlo, cadendo quasi dal letto dove si era rannicchiato) "però" aggiunse Ron, affilando lo sguardo (Hugo sbuffò) "non voglio vederlo. In nessun modo.  Se entro in camera tua e lo trovi appeso poi sono guai, ti avverto"
Detto questo, Ron si voltò, rivolgendo una smorfia - che doveva essere un saluto - a Hugo, e dando una leggera pacca sulla testa a Rose mormorando un "ciao 'Miome" appena percettibile, per poi uscire e lasciarsi alle spalle i figli.
Rose fissò il punto dove era scomparso, le labbra strette e le soppracciglia corrucciate in una espressione difficile da decifrare. Aspettò che l'eco degli scricchiolii causati dai passi pesanti del padre si affievolisse fino a spegnersi, prima di parlare rivolta al fratello.
"Perché lo hai fatto?" Chiese con un sospiro, l'espressione preoccupata.
Lui sbuffò, alzando gli occhi al cielo e ripiegando con cura il figlio causa della discussione.
"Hugo" lo riprese Rose, una nota dura nel tono dolce "sai che gli dà fastidio"
"Si" Hugo alzò gli occhi al cielo, scocciato "ma a me fa piacere. Quindi lo tengo"
"Hugo..."
"E poi" fece il ragazzo, quasi come non sentendo il richiamo della sorella "é bello vederlo arrabbiato"
Rose sospirò, avvicinandosi di un passo.
"Sai che é un brutto periodo questo, per lui" mormorò piano, allungando una mano sulla spalla del fratello. Hugo si rabbuiò "perché devi infierire con scherzi infantili?"
"Non sono scherzi infantili!" Protestò il ragazzo, scostandosi bruscamente dalla sua presa e fulminandola con gli occhi.
"Bhe..." Rose gli rivolse un sorriso divertito, velato solo minimamente di ironia "non é che-"
"Se vuoi farmi la morale puoi anche uscire" borbottò lui, sedendosi sulle cigolanti molle del letto, cercando di raddrizzare ciò che rimaneva del suo foglio "non sprecare fiato"
"Hugo-"
"Fuori, Rose, miseriaccia!"
E, prima che la ragazza potesse accorgersene, Hugo l'aveva spinta fuori dalla camera, e la porta sbatteva violentemente sulle sue spalle.
Il suono encheggiò per il corridoio deserto, rimbalzando sulle pareti. Per un momento Rose temette che il padre risalisse, per controllare quel baccato.
Ma Ron non lo fece. Tutto rimase tacito nell'oblio del silenzio maestoso.
Rose prese un respiro, chiudendo appena gli occhi.
Sapeva cosa doveva fare quel giorno, e aveva già sprecato troppo tempo.
La sua tabella di marcia parlava chiaro, e non accettava ritardi. Di nessun tipo.
Rose si passò stancamente una mano sulla fronte, staccandosi dalla porta del fratello e percorrendo la strada a ritroso.
Superò il bagno e entrò in camera sua - la più curata. Non si fermò a controllare le lettere, o a mettere a posto i vestiti che aveva tirato fuori Dominique la settimana prima. Andò al comodino, si chinò e, con un sinistro cigolio, aprii il cassetto.
Prese il suo borsello con i soldi della paghetta e si alzò, chiuse il cassetto con un colpo di anca e uscii.
Percorse di nuovo il corridoio e, alltezza del bagno, imboccò le scale, arrivando in cucina.
Sbirciò brevemente il soggiorno, giusto per controllare se la via era libera.
Si rassenerò. Ron non era lì.
Rose, a passi spediti, si avvicinò al soggiorno, fino ad arrivare al camino che svettava, in tutta la sua maestosa imponenza, al centro della stanza. La ragazza prese dal vaso rosa, perennemente in bilico sulla superficie scheggiata del marmo-pietra che il camino sfoggiava - un tempo con orgoglio meritato, ora solo con modesta attenzione - sul piano di appoggio.
Rose prese una manciata di Metropolvere e la gettò nel camino, tuffandosi fra le fiamme verdi e urlando a gran voce: "Diagon Allen".
Qualche attimo dopo, il brusio allegro e le chiacchere contornate da risate che riempivano di gioia Diagon Allen la circondarono, calmandola un po'.
Rose, un sorriso stampato in faccia, uscii dal camino, ripulendosi un po' dalla fuliggine che l'avevano accompagnata.
Ed é proprio quando alzò il volto, pronta a fronteggiare le frotte di magi allegri e solari si quelle strade, che tutto si fermò.
In un solo attimo, che era bastato alle persone per rendersi conto di chi avesse appena fatto il suo ingresso nella strada dei maghi, tutto si ghiacciò.
I sorrisi si spensero, le risate cessarono, prima affievolendosi  lentamente e poi tacendo completamente.
Tutte le teste, come dettate da un unico cervello, si voltarono verso di lei, una smorfia preoccupata a increspare il viso felice di qualche attimo prima.
Qualche passante, colto troppo alla sprovvista, si fermò di botto, le iridi inchiodate - come se fossero state catene pesanti, o calamite del segni opposto - fissate, indelebili, sulla figura di Rose.
Rose sorrise, raggiante, alzando il mento. Alcuni passanti, come ridestatosi dalla trance, tornarmi a camminare, riprendendo le loro faccende e ignorando la rossa che camminava liberamente fra di loro, ignorando quello che era appena accaduto.
Qualche mago sulla mezza età si schiarii la gola, a disagio e, lanciandole un ultima occhiata dispiaciuta, si eclissava, tornando alla bottiglia di Alcol dalla quale era rinvenuto, sospetto per l'improvviso silenzio.
Ma, tutti gli altri maghi - ovvero una parte sostanziosa delle persone - continuarono a guardarla, imprigionandola con le loro iridi preoccupate e dispiaciute, che Rose si portò dietro per tutto il tragitto come cani da passeggio.
Cercò di non farci caso, mentre sentiva il senso di inadeguatezza nascere in lei, e farsi strada ingrandendosi sempre di più, fino a fare breccia nel suo cuore.
Rose odiava quei maghi.
Odiava le occhiate che le stavano lanciando, e che la costringevano a sorridere incoraggiante, anche se ciò aumentava quelli sguardi dalla ragazza tanti detestati.
Rose odiava essere al centro di tutto, e odiava quelle vibrazioni che le mandano gli occhi di tutti i colori.
Rose odiava come si sentisse per il semplice fatto di riceverle.
Rose odiava tutto ciò. Ma non lo dava a vedere. Sorrideva,gli occhi azzurri che brillavano, sprezzante di tutto ciò che la gente potesse pensare di lei, di tutto ciò che lei sentiva.
Ma non poteva essere indifferente davanti alle sue emozioni.
A quello che le occhiate emanavano.
L'emozione che trasmettevano quegli occhi, piegati debolmente sotto le soppracciglia e sottomesse da un stato che i maghi credevano lecito - ma che non avrebbero dovuto provare - vibravano nell'aria, frustando Rose come una scarica elettrica.
La pena.
Era questo che gli sguardi esprimevano. Pena.
E Rose, odiava la pena.

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Nuova storia!
L'inizio é un po' così, non é troppo bello, ma é solo l'inizio.
Mi mancano una decina di capitoli alla fine, e, visto che ne ho davvero TANTISSIMI nelle bozze (é una storia molto lunga, a tratti anche noiosa) la pubblico lo stesso.
Lo ripeto: TRE PERSONAGGI SONO FUORI DAL CARATTERE CANON.
uno é Ron, e già si è capito (in mia difesa, c'è una spiegazione logica per il suo cambiamento di carattere)
Gli altri due verranno avanti con la storia, e si capisce subito.
PS. Mi scuso per gli errori di grammatica, ma sono dal telefono.
Non e non esitate a farmi notare errori sia di Trama che di grammatica.

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