(148: Flashback: agosto 1997: il giuramento di Fede)

49 2 5
                                    

Fede era appena tornato all'appartamento in cui suo padre l'aveva mandato, in Germania, dopo l'ennesima giornata tra numeri e scartoffie. Odiava quel lavoro, ma sembrava che lo facesse comunque molto bene. Appena entrato mise via lo zaino, senza preoccuparsi di svuotarlo, e mise su il caffè. Aveva cercato d'imparare a fare da sé, anche se comunque c'era Amalia con lui.
Il signor Fritzenwalden la sgridava spesso per la sua poca memoria, ma dato il momento di dolore non voleva che suo figlio stesse da solo.
"Oh... è tornato, finalmente, signorino!" disse la donna, sorridendogli con affetto. "Lasci, ci penso io... che faccia stanca che ha!"
"Eddai, però così non vale... mio padre non c'è... non darmi del lei, ti prego!" disse il giovane, affettuoso. "Sto bene... non è proprio il mio sogno, diventare un affarista, ma va bene... non posso farci niente."
"Andiamo, cantami qualcosa, allora" disse Amalia, comprendendo che lui non voleva sentirla distante. "Anche una inglese... anzi: quella che hai scritto a Thomas... dai, ti prego!"
Il ragazzo si mise a ridere. "Ho una fan e non lo sapevo!" disse il giovane, chinandosi a raccogliere la sua chitarra. Poiché la donna non conosceva l'inglese, Fede si mise a suonare la canzone che aveva scritto per il suo fratellino. Quella aveva conquistato tutti quanti. Tutti... tranne suo padre, che lo voleva impegnato in tutt'altra cosa.
Era il primogenito, diceva. Voleva che lui studiasse per prendere, in futuro, le redini dell'azienda. E il ragazzo si era messo a studiare di buona lena: era un giovane con la testa sulle spalle e tutto quanto, ma quando Derick non c'era si concedeva di staccare la spina, giocando con i più piccoli, dando una mano a Greta o insegnando a Franco e Nicolas a ballare e cantare o a suonare la chitarra. E ai suoi fratelli piaceva tantissimo che lo facesse: Nicolas improvvisava delle coreografie e Franco, qualche volta, prendeva un'altra chitarra e suonava con lui.
In certi casi anche Maya si univa al piccolo concerto... aveva iniziato a studiare pianoforte fin da piccolissima, in parte per volere di suo padre, ma poi aveva scoperto che le piaceva... forse perché aveva sentito la mamma suonare ed era rimasta incantata a guardarla. In tutti i casi, quando il giovane Fritzenwalden si adoperava per far divertire i suoi fratelli, era festa anche per i domestici.
Una volta Fede ricordava di aver visto anche Greta e Antonio, in genere così austeri davanti a suo padre, mettersi a ballare. E Maria, che all'epoca stava ancora bene, era contenta di questo, e gli aveva fatto promettere di non perdere mai quella gioia di vivere, qualunque cosa fosse successa. E lui all'epoca ci si era messo d'impegno. Anche dopo la scomparsa prematura di sua madre, aveva fatto i salti mortali per tenere allegri i suoi fratelli. Era l'unico che riuscisse a far mettere la piccola Maya al pianoforte, ogni tanto, dopo che la madre se n'era andata. Ma ben presto, nemmeno lui sarebbe riuscito a farla continuare a studiare, o a farle trovare ristoro in quel che faceva.
Improvvisamente il cellulare del ragazzo prese a squillare. Lui, che mentre suonava aveva chiuso gli occhi, si riscosse. Mise giù la chitarra, delicatamente, e afferrò il cellulare.
"Pronto?"
"Tu sei Federico, giusto? Il primogenito Fritzenwalden."
"Io... io... sì, certo... ma cos'è successo?"
"Abbiamo ritenuto opportuno aspettare, per dirtelo... ma è importante che torni a casa... è successa una cosa molto grave."
Il ragazzo trattenne il respiro. Il cuore prese a saltellare nel suo petto, le gambe iniziarono a tremargli e i suoi occhi divennero piccoli come fessure. Amalia, vedendolo così, gli portò velocemente una sedia e, premendogli una mano sulla spalla, lo esortò a mettersi seduto.
"Per l'amor del cielo, cos'è successo?" chiese il ragazzo, stringendosi le mani tra loro.
"Tuo padre... ha avuto un grave incidente con l'elicottero."
"Con l'elicottero..."
"Sì... sembra che ci fosse un difetto di carburante... e l'elicottero è precipitato..." cominciò l'uomo dall'altra parte. In quel momento Fede cominciò a pregare, interiormente: "Fa' che non sia quello che penso, ti prego! Ti supplico, fa' che non sia quello che penso!" Poi arrivò la risposta che tanto temeva. "Non abbiamo potuto fare nulla per lui... è deceduto sul colpo... mi dispiace tanto."
Il giovane fu tentato di lasciar cadere il telefono per terra... non poteva essere... doveva essere un brutto sogno!
Magari, se avesse mollato la presa sul telefono, quello, cadendo, avrebbe fatto rumore... e con quel rumore, lui si sarebbe svegliato e avrebbe scoperto che era notte, che si era addormentato davanti alla scrivania della sua camera dopo una notte di studio intenso alla... com'era il nome di quel poeta italiano? Sì, ecco! Alla Leopardi! Doveva solo lasciare la presa sull'apparecchio che teneva tra le mani. Nulla di più semplice.
"Sei ancora lì, ragazzo?" domandò l'uomo.
"Sì... sì, certo... sono... sono ancora qui... mi... mi dia il tempo di prendere l'aereo e... e torno a casa..." rispose il ragazzo, con un filo di voce.
Chiuse la comunicazione e rimase lì, raggelato, su quella sedia. Fissava il vuoto, sperando che suo padre potesse comparirgli davanti, lì, in quell'istante, e lanciargli un'occhiataccia.
Ma non accadde nulla. Il vuoto rimase vuoto... Fritzenwalden aveva preso il volo per l'ultima volta... e questa volta sembrava che il panorama gli piacesse così tanto da fargli desiderare di diventarne parte integrante... e forse, chi poteva dirlo, era diventato una nuvoletta oppure una stella, o qualche altra cosa... fatto sta che il giovane, da quel giorno, non avrebbe mai più visto suo padre.
"Cos'è successo?" chiese Amalia, vedendo il volto contratto del povero ragazzo.
"Papà... è caduto con l'elicottero..."
Non avrebbe voluto dire quella frase, perché dirlo a qualcuno sarebbe stato un po' come confermare che entrambi i suoi genitori erano diventati il passato... dei ricordi che in quel momento sembravano troppo lontani per poterli raggiungere. Ma, in qualche modo, riuscì a trovare la lucidità per dire quello che era successo... poi, però, finì per crollare, inevitabilmente.
Amalia lo abbracciò, premurosa come lo sarebbe stato una mamma... e per un istante il giovane trovò il sollievo di cui aveva bisogno, in quell'abbraccio.
Dopo quel pianto liberatorio, che l'aveva letteralmente sfinito, il giovane sciolse delicatamente l'abbraccio e si alzò.
"Amalia... io... io devo tornare... tu sei disposta ad accompagnarmi?" le chiese, con un filo d'esitazione.
"Ma certo che ti accompagno... i tuoi fratelli avranno bisogno di te." disse Amalia, iniziando a preparare i bagagli, mentre Fede prendeva i biglietti per il primo volo disponibile per tornare in Argentina. Quando tutto fu pronto, il giovane pagò l'affitto dell'appartamento, con un piccolo extra per non dover dire che non sarebbe tornato.
Il viaggio in aereo fu un vero inferno. Ad ogni movimento del veicolo, il povero Fede pensava ai voli in elicottero fatti con suo padre. Non osò guardare il panorama, come soleva fare quando viaggiava su un velivolo, perché sapeva che questo l'avrebbe inevitabilmente portato a pensare a suo padre... non poteva crederci: ad un anno di distanza, erano tornati al punto di partenza. I suoi genitori dovevano amarsi moltissimo, per non riuscire a stare l'uno senza l'altra fino al punto di raggiungersi dall'altra parte della vita. Li immaginò mentre si tenevano per mano, ballavano insieme tra le nuvole, o addirittura volavano... perché di certo, lì dov'erano, non avrebbero avuto alcun bisogno di un veicolo, per spiccare il volo.
Ma il vero inferno avvenne nel momento in cui tornò a casa.
Martin se ne stava lì, in un angolino, al buio. Il suo letto era completamente bagnato. Thomas si agitava nella culla. Ovviamente non poteva capire cosa fosse successo, ma sentiva il nervosismo degli altri e piangeva forte, mentre Greta cercava di calmarlo. Matias, appena saputo quello che era successo, si era recato dai Fritzenwalden. Lui poteva capire cosa provavano i Fritzenwalden... anche lui aveva perso suo padre, tempo prima, e nel giro di pochi mesi anche sua madre se n'era andata. Per fortuna i Fritzenwalden si erano presi cura di lui. Almeno fino a quando non erano riusciti a rintracciare dei suoi parenti che l'avevano ospitato... ma i suoi amici, in particolar modo Fede, andavano molto spesso a trovarlo. Volevano anche mettere su una band. Poi la vita li aveva condotti verso un'altra strada.
"Ehi, tedesco!"
I due ragazzi si abbracciarono e il povero Fede scoppiò di nuovo in lacrime. Matias rimase in silenzio. Non gli disse le solite cose che vengono dette in questi casi, e il giovane gliene fu grato, anche perché, appena arrivato a casa, fu sommerso letteralmente da un mare di gente che gli diceva proprio quelle parole... quelle che non voleva sentire. Riuscì ad arrivare a fine giornata, in un modo o nell'altro... ma poi ricevette l'ultima visita.
"Buonasera" disse l'uomo sulla porta. "Sono Morales, il giudice del tribunale dei minori. Casa Fritzenwalden?"
"Sì... le hanno dato l'indirizzo giusto." rispose il giovane, stanco e preoccupato. Il giudice del tribunale minorile? Perché era lì?
"Mi dispiace di essere intervenuto in un momento simile, ragazzo. Però... il fatto è che... probabilmente sarà necessario che veniate portati in un istituto..."
"Un istituto? Perché? Non abbiamo fatto niente di male!"
"No... ascoltami, ragazzo: è per il vostro bene!"
"Ma... ma potremmo essere adottati da famiglie diverse... la metà di noi non arriva a dieci anni, come glielo spiego che dobbiamo separarci?" Ma non era soltanto quello, il problema. Il giovane pensava anche ad un'altra cosa. Gli orfanotrofi, in quella città, non avevano una buona reputazione. Erano pochi quelli che facevano un vero lavoro, negli orfanotrofi... erano pochi, quelli che si occupavano seriamente dei bambini, e per nulla al mondo Fede avrebbe lasciato i suoi fratellini nelle mani di estranei.
"Ascoltami, ragazzo: è l'unica soluzione... tu stesso sei ancora minorenne... cercheremo una buona struttura, tranquillo" provò a rassicurarlo il giudice... ma Fede scosse la testa.
"Per favore, mi ascolti! Io compirò diciotto anni tra un mese, quindi il problema non ci sarà più... e... e poi ci sono i nostri collaboratori, ecco... Greta, Antonio, Amalia... loro potranno informarla... se vuole può venire lei stesso a controllare come va, e se non ha tempo per farlo può mandare qualcuno dei suoi collaboratori... ne avrà, immagino... ma non mi separi dai miei fratelli... farò qualunque cosa, glielo giuro!"
Fu in quel momento che il giovane rinunciò per sempre alla sua spensieratezza. Era un ragazzo maturo, ma in quel momento dovette fare un salto in lungo e in alto contemporaneamente... dovette diventare uomo, padre, madre, capo dell'azienda, tutto in una volta... sul finire dei diciassette anni. Un macigno gli scese lentamente sulle spalle, iniziando a portarlo alla tensione... quella tensione che, con il tempo, gli avrebbe congelato il cuore. Il giudice del tribunale minorile rimase lì a guardare il volto di quel ragazzo cresciuto troppo presto. Vide i suoi timori, il suo dolore, ma anche il suo coraggio... tutto in quegli occhi che sembravano spenti, ma nascondevano una gran forza d'animo... non erano uno specchio, ma un tramite. In quel caso, lo specchio dell'anima del giovane erano solo alcune parole che aveva detto: "Non mi separi dai miei ragazzi!"
Il giudice prese le mani del giovane e gliele strinse, incoraggiante. "Sei un bravo ragazzo" disse. "È una scelta molto coraggiosa, quella che stai facendo."
Quando il giudice se ne fu andato, Fede si recò nella camera da letto dei suoi genitori. Afferrò una sciarpa, quella che sua madre preferiva, e prese ad accarezzarla, delicatamente... a contatto con quel tessuto era come se le sue membra fossero percorse da qualcosa... una vibrazione, un senso di elettricità.
"Mamma... papà... vi prometto che farò del mio meglio... ma noi siamo una famiglia... resteremo tutti insieme... nessuno verrà portato via... non lo permetterò, fosse l'ultima cosa che faccio" disse, stringendosi addosso la sciarpa di Maria, sperando di sentirsi avvolgere in un suo abbraccio.
"Fratellino!" La piccola Maya, tenendo in braccio Thomas che ancora stentava a camminare, corse nella stanza. "Non ci porteranno via, vero? Dimmi che non ci porteranno via!"
E quella fu l'ennesima conferma.
Il giovane attirò a sé i due bambini e li abbracciò forte.
"Non succederà" disse teneramente. "Vi prometto che nessuno vi porterà da nessuna parte... ci penserò io a voi!"
Credo sia ben chiaro, a questo punto, che un vigliacco non avrebbe mai fatto niente del genere.

Flor 2: l'Amore oltre la Vita ||Fedecienta||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora