(78: Cicatrici)

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Durante la notte, non riuscendo a darsi pace, Matias si diresse verso la camera di Maya.
La ragazza era sdraiata sul letto, con gli occhi socchiusi, e quando riconobbe il tocco dell'uomo che amava sulla fronte si rilassò completamente.
"Sei più fresca" disse tranquillamente.
"Sembri davvero il mio angioletto custode!" esclamò Maya, rilassata. "Ma sai qual è la parte migliore? Che mio fratello non ti prenderà per un maniaco! Se l'avessi visto, oggi: è stato così dolce, così carino... era il mio Fede!"
"È da una vita che è tornato ad essere se stesso" le disse lui, mettendosi a sedere accanto a lei e prendendo la sua mano. La pelle della ragazza era calda, vellutata e accogliente. Il giovane avvocato guardava con ammirazione la ragazza che gli aveva rubato il cuore per poi custodirlo come fosse stato un tesoro.
"Sono felice che oggi sia venuto anche tu" gli confidò Maya. "Sei stato quello che ho fatto più fatica a lasciar andare... perché ti amo."
Pronunciò quelle parole e si sentì finalmente libera. Lui prese ad accarezzarle il dorso della mano e lei si rilassò completamente sotto il suo tocco. Le piaceva sentirlo vicino, le piaceva che lui la proteggesse e le piaceva poterlo dire, senza vergognarsi.
"Tu riesci a vederci tra dieci anni?" gli chiese Maya.
"Salvo incidenti, sì: ci vedo con una bambina, sperando che gli altri possano aiutarci, così potrai continuare a studiare, ma non finirai per toglierle tempo." rispose lui. "Anche se in teoria non dovrei pensare a certe cose."
"Perché no?"
"Perché sei piccola" rispose lui, dando un pizzicotto scherzoso sull sua guancia. "E nemmeno tu ci dovresti pensare, se proprio dobbiamo parlarne."
"Eddai, ora che Fede ha smesso di ripetere questa stupidaggine ti ci metti tu?" protestò lei. Stavano scherzando, ma improvvisamente Maya si rabbuiò.
"Che c'è? A cosa stai pensando, Maya? Hai una faccia triste..."
"Sai, spero che la strega non s'intrometta di nuovo..." sospirò Maya.
"Non devi pensare a quello che fa lei!"
Matias le prese il viso tra le mani e lei si tirò su, per rendere più comoda la loro posizione. Fece scontrare le loro labbra e chiuse gli occhi, mentre lui li teneva bene aperti, per guardarla meglio.
"Siamo noi che vi dobbiamo proteggere."
"Ma allora è come pensavo: tu e mio fratello avete proprio studiato sullo stesso libro!" esclamò Maya, ridendo.
"Diciamo di sì, ma sembra che stavolta, per fortuna, sia una cosa buona, vero?"
In quel preciso istante udirono un grido proveniente dalla camera di Martin.
Anche Flor e Fede, che si erano addormentati sul letto dei signori Fritzenwalden, si erano precipitati nella camera dei bambini. Martin era caduto dal letto e si era raggomitolato su se stesso, terrorizzato e rosso dalla vergogna, perché le lenzuola tra le quali era disteso si erano completamente impregnate di un liquido che tutto sembrava fuorché acqua. Stavolta Thomas non aveva detto nulla: era da dopo l'incidente di Fede che, nonostante fosse il fratello più piccolo, si comportava come il più grande, cercando di proteggere il piccolo Freud. Roberta, Dominick e Ram'iro tolsero precipitosamente le lenzuola e aiutarono il ragazzo, impaurito, sudato e fradicio, ad alzarsi dal pavimento. Pas era corsa a prendere degli abiti di ricambio e aveva rassicurato il suo ragazzo: sapeva cosa gli era successo, cos'aveva sognato.
"Va tutto bene, tesoro. Va tutto bene" continuava a ripetere.
"Martin! Martin!" Flor, Fede, Maya e Matias entrarono proprio in quel momento.
"Che è successo, tesoro?" chiese Flor.
"L'auto... si sposti, signore, si sposti! No, Fede... non lo fare..."
"Martin... fratellino, sono qui!" disse il Freezer, spiazzato, afferrando le mani del ragazzo, ricoperte di sudore freddo. "Oh santo cielo, ma... ma tu... stai tremando... che ti prende?"
"No, Fede, no! No, non può essere..."
Martin era terrorizzato, quindi Thomas intervenne perché Fede potesse capire.
"Da quando hai avuto l'incidente lui ha spesso gli incubi... e quando capita... sai, ritorna al passato" rispose infatti.
"Va tutto bene, Martin, va tutto bene" continuò a dirgli Fede, e, con le mani strette in quelle del fratello, Martin si calmò.
"Non ti voglio perdere, Fede!"
"Non mi perderai. Non un'altra volta!"
"Davvero... non farai di nuovo l'eroe?"
"Tranquillo, non mi perderai. Non sarò così avventato un'altra volta."
Fede promise a se stesso che se qualcuno avesse rischiato la vita, specie sotto un'auto, invece di spingere quella persona e mettersi al suo posto, l'avrebbe tirata indietro.
Flor cambiò le lenzuola e i ragazzi aiutarono Martin a cambiarsi. Martin respirò lentamente e si sdraiò di nuovo.
"Avviciniamo i letti." disse Thomas. I ragazzi si misero tutti vicini e il piccolo Fritzenwalden spostò i capelli dalla fronte del fratello e lo rassicurò dicendo: "Vedi? Fede sta qui e a quanto vedo è tutto intero."
"Sì... qualche taglio qua e là, ma sono qui, sto benissimo!" rispose lui. "Ora sdraiati e cerca di riposarti un po'... la tua famiglia sarà sempre con te... quando ero un fantasma ti ho promesso che sarei stato sempre con te, e se vuoi te lo posso promettere di nuovo."
Martin sorrise: quando stavano andando lì, a quel dannato funerale, si era sentito toccare una spalla da una mano che in realtà sembrava incorporea e aveva immaginato la voce di suo fratello, che quando voleva era molto dolce, che diceva: "Martin, ascolta: devi essere forte e andare avanti con la tua vita. Io starò sempre con te... sempre!"
Quel giorno si era fermato, per qualche attimo, e aveva girato lo sguardo attorno per cercare quel volto, ma non l'aveva visto... voleva incrociare i suoi occhi, ma non li aveva trovati e questo l'aveva spinto a piangere un bel po' durante quello che credeva l'ultimo saluto al suo mito, al fratello che non poteva sapere molto, ma le tentava tutte per aiutarlo quando qualcosa lo turbava in un qualsiasi modo.
"Resta, ti prego!" supplicò il ragazzo.
Il suo letto era il più esterno, quindi Fede vi si sedette, fece stendere Martin sulle sue ginocchia e gli premette delicatamente una mano sul torace e l'altra sulla fronte. Martin si sentì tranquillo e dopo un po', sfinito, finì per addormentarsi.
"Mi dispiace tanto." disse piano Fede.
"Non è stata colpa tua, fratellone!" lo rassicurò Thomas.
"Non posso credere che siate stati segnati fino a questo punto!"
"Quando le streghe erano due era ancora peggio... e lui ti cercava sempre... ti ricordi? Ti ho promesso che mi sarei preso cura di Martin, anche se sono il fratello minore, e... e ho pensato a quello che avresti fatto tu se fossi stato con noi, sai? Sei un vero mito!"
"Mica tanto, Tommy" sospirò lui. "Non ho potuto fare niente per impedirvi di soffrire e questo è il più grande fallimento del mio prima e del mio adesso..."
"Me l'hai insegnato tu: non si può impedire che quelli che amiamo soffrano, ma si può evitare che restino soli quando cadono... si può dar loro una mano ad alzarsi." rispose tranquillo Thomas.
"Sei cresciuto molto, sai? Alla fine non è fondamentale essere grandi anagraficamente, se si è maturi, e sono orgoglioso di te. Sono felice che tu non abbia riso di lui."
"Ho imparato a ridere delle cose che rendono felici tutti, e non delle figuracce di mio fratello... io gli voglio bene, Fede... e ne voglio a te."
"Anch'io ti voglio bene... tanto bene."
Thomas si sdraiò sul letto e si accoccolò vicino ai fratelli, godendosi il loro contatto. Anche lui, povero piccolo, era cresciuto troppo in fretta.
Anche Maya si avvicinò a loro.
"È normale... quello che hai sofferto è stato un colpo per tutti" disse, posando una mano sulla spalla del fratello con il quale aveva litigato tanto e che aveva amato tanto.
"Come ti senti, piccola?" chiese lui, gentilmente.
"Ho ancora qualche linea di febbre, ma va meglio... e tu come stai?" chiese lei mentre prendeva in braccio Thomas e gli scompigliava teneramente i capelli.
"Scosso... però sto bene! Mio Dio, quanto sei cresciuta, tesoro mio! Sai chi mi ricordi adesso, mentre tieni in braccio Thomas?"
"La mamma, vero?"
"Sì... sei identica a lei!"
La ragazza rise sommessamente, continuando ad accarezzare il viso del fratellino, che si era addormentato tra le sue braccia.
"Lo sai? Lo facevo ogni sera, quando sei andato via."
"Per questo sei tornata a casa" disse lui, sicuro.
"Sì... te lo dovevo. Per tutte le volte che ci siamo urlati contro fino a spaccarci i timpani... per tutte le volte che hai provato a parlarmi... per tutte le volte che io ho provato a parlarti. Ti sembrerà assurdo, ma a quanto pare sono quella che ti somiglia di più. Per questo ci scontravamo continuamente."
"Io ti guardavo sempre, quando rimanevi sola e prendevi a botte i muri... quando scendevi in cantina di nascosto e ti mettevi al pianoforte... ti vedevo quando ti facevi gli occhi rossi sui libri, perché ti toccava studiare per conto tuo visto che la tua tutrice non ne voleva sapere di mandarti a scuola né a continuare il tuo percorso a Londra. Per un po' ho avuto paura che diventassi fredda anche tu. Non lo auguro a nessuno, sai?"
E mentre lo diceva, continuava a stringere Martin, e ogni volta che lo sentiva più agitato, lo teneva più vicino a sé.
"Volevo che mamma, papà e quel matto di mio fratello fossero contenti di me..."
Lui le sorrise.
"Lo eravamo già, te l'assicuro."
"Non credo di aver mai passato così tanto tempo sui libri come allora... ma ogni volta che mi concentravo su quelli, o mi mettevo al piano, o cercavo di calmare Thomas, che era sempre furioso, spaventato o comunque teso, ti sentivo vicino, e me lo facevo bastare."
Lui avrebbe voluto attirarla a sé. Anche su di lei l'incidente aveva lasciato dei segni: quando lui non c'era si era buttata anima e corpo sui libri, da sola, aveva fatto lei la parte del Freezer, perché i gemelli erano troppo scossi, specialmente Franco... e in quel periodo aveva cercato di controllare la rabbia che le facevano la strega e una Reina ancora malvagia, perché ogni volta che chiamavano "stupido" suo fratello, lei desiderava staccare loro la testa a suon di ceffoni perché la smettessero... ma ricordava che lui non l'aveva mai toccata, neanche quando la rabbia aveva raggiunto il picco, e come lui aveva semplicemente imparato ad imitare lo sguardo glaciale.
"Stanotte è meglio che stiamo tutti qui" disse Flor, mentre prendeva tra le braccia Roberta. I gemelli, che avevano sentito le grida, si misero seduti per terra e poco per volta la camera si riempì di persone. Alcuni si misero per terra, altri sui letti, vicino ai bambini... comunque quella grande famiglia riuscì a concentrarsi tutta nella stanza dei bambini, e così passarono la notte. La tensione aveva toccato un po' tutti, quella notte... ognuno di loro aveva bisogno di tutti gli altri.

Flor 2: l'Amore oltre la Vita ||Fedecienta||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora