165: Lavoro cercasi [parte 1]

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Fede aprì lentamente gli occhi. Flor, che gli stava curando le ferite riportate in battaglia, sussultò quando lo sentì tossire.
"Flor... piccola Flor... ciao..." sussurrò, con il cuore gonfio di gioia.
"Amore... ciao" sussurrò lei di rimando. "Come stai? Come ti senti?"
"Mi fa tanto male la testa... e la gola... e, accidenti, non ci credo... siamo al sicuro, Flor... è finita..."
"Va tutto bene, amore" disse lei, ridendo e piangendo in contemporanea. "Va tutto bene, credimi!"
"Oh... hai visto, mia cara? Questo ragazzo è forte... vedi che si è svegliato?"
"Oh... sì, grazie! Grazie, signor Fermin" disse Flor, rivolgendo un sorriso all'uomo che li aveva ospitati. "Mi scusi... ho visto che... che ha un telefono. Potrei usarlo? Vede, i ragazzi... noi abbiamo dei figli, una grande famiglia. Dobbiamo dire loro che stiamo bene... saranno preoccupati."
"Ma figurati, bambina mia... certo che lo puoi usare, il telefono. Tu, ragazzo, ce la fai ad alzarti?"
"Io... sì, credo di sì" rispose lui.
"Vieni... ti porto a prendere un po' d'aria."
"È molto gentile da parte sua, signore... grazie mille" gli disse Fede.
"È stata una dura lotta, caro ragazzo. Come stai, eh?" chiese l'uomo.
"Stordito... povera Flor, le avrò fatto fare uno sforzo enorme per trascinarmi fino a qui..."
"Non credere. È forte, quello scricciolo."
E lo "scricciolo" era al telefono con Greta, in quel momento.
In casa erano tutti spaventati, in lacrime, mai come allora... Flor e Fede erano letteralmente i perni fondamentali della famiglia e senza di loro si sentivano tutti smarriti. Greta, come aveva fatto Flor il giorno prima, si era messa a preparare il latte per i bambini. Le tremavano le mani e le gambe, ma non le importava. Poi, finalmente, udì lo squillo del telefono. Erano tutti terrorizzati, per cui fu la governante ad alzare la cornetta.
"Qvi... casa Fritzenwalden."
"Lo so, Greta" disse Flor, sorridendo. "Sai, forse io prenderò questo cognome, se il mio Freezer non mi manda al diavolo prima... stiamo bene tutti e due, a proposito."
Greta, come aveva fatto lei, si mise a ridere e piangere contemporaneamente.
"Piccolina, foi scappati di fuoco di strega cattiva?" chiese Greta, con gli occhi pieni di lacrime.
"Oh... sì, cara Greta, sì, stiamo benissimo" disse Flor. "Cioè, Fede è stato poco bene, ma si è ripreso... ci ha ospitati un uomo... per questo non siamo tornati... Fede non stava ancora bene... ma ora sì... ora però andate a dormire, tu, i bambini e tutti gl ialtri... ora siamo liberi... niente più strega!"
Flor non poté negare a sstessa di essere molto preoccupata per la sorte della strega e di Francisco, ma d'altro canto era contenta che lei avesse perso i suoi poteri... almeno avrebbero potuto smettere di preoccuparsi anche di quello.
Fede, oltre al dolore alla testa e alla gola per il fumo che aveva respirato, si sentiva decisamente meglio. Non era mai davvero morto, e quello era un sollievo.
"Ah... devo tagliare un po' di legna" disse tr asé il signor Fermin, camminando accanto a lui.
"Aspetti: lasc iche ci pensi io, a quello" disse Fede.
"Sai farlo, ragazzo? Ti sei appena ripreso, e poi... sei ricco, da quello che ho sentito. Per il cognome."
"Dipende da cosa intende. Se vuole dire in amore, in famiglia, in felicità, ne potrei lanciare alla gente per quanto ne sono ricco... se intende in soldi, sono appena diventato povero in canna, come si suol dire... ma almeno così mi sono liberato di un bel po' di preoccupazioni."
Forse chiunque altro sarebbe stato turbato dal tracollo economico della sua famiglia, ma la verità era che Fede si sentiva molto più leggero. non aveva più il viso tirato per la preoccupazione. L'oggetto del desiderio della strega, come pure i suoi poteri, era sparito per sempre... e per il resto, si sarebbe messo in cerca di un lavoro serale, avrebbe finto che nulla fosse successo, in azienda... tanto, per quello che gl'importava di quella gente...
Prese l'ascia, stavolta tenendola correttamente, e diede un colpo ad un blocco di legno. Questo si spezzò, senza conficcarvisi troppo, e il signor Fermin rimase sorpreso.
"Sei gentile, ragazzo... e sei anche molto bravo" disse.
"Lei mi ha salvato la vita, signore. Era il minimo, davvero." disse in risposta lui, riprendendo a occuparsi della legna.
Quando ebbero finito, Flor li raggiunse.
"Spero che non le dispiaccia, signore" disse, "ho dato una pulita... in casa, intendo... purtroppo non so cucinare... ci sa fare più lui di me... io so fare quello che avete finito di fare voi, montare tende... queste cose qui, insomma..."
"Siete stati tanto cari, ragazzi" disse l'uomo. "Ma ora dovreste tornare a casa."
"Venga con noi" disse Flor. "Solo per oggi. Ci permetta di offrirle qualcosa... non siamo ricchi, ma possiamo comunque permetterci di preparare un caffè, qualcosa di caldo, insomma..."
"Mi piacerebbe conoscere la vostra famiglia, ragazzi. Siete sicuri di non essere troppo stanchi per rimettervi in cammino?"
"Certo. Non si preoccupi, davvero" continuò Flor. "Tu che ne dici, amore?"
Per tutta risposta, Fede la prese in braccio. Le ferite della battaglia non gli facevano più male. Camminava abbastanza spedito, ma non tanto da lasciare indietro l'ospitante, futuro ospite, che in realtà sembrava piuttosto arzillo.
Arrivarono a casa in breve tempo, e neanche il tempo di aprire la porta, si trovarono addosso l'intera famiglia Fritzenwalden.
"Finalmente! Flor! Fratellone! Come state?" chiese Thomas.
"Molto bene, piccolo" rispose il giovane.
"Buongiorno, signor... ehm... signore..." disse, intimidito. "È lei che ha salvato mio fratello e mia cognata, vero?"
"Salvati no, ma li ho ospitati a casa... solo per una notte, niente di che... voglio dire..."
"Vi avevo detto di andare a riposarvi un po'... avrete passato la notte in bianco, poverini!" disse Flor, ridendo.
"Io volevo aspettare che tornaste" disse Thomas. "Ma è vero che è tutto finito, con la strega?"
"Sì, è tutto finito." rispose Flor.
"Ragazzi... l'unica cosa è che... beh, la casa resta a noi, perché l'atto di proprietà l'ho portato via, però... per il resto, dovremo imparare a vivere con meno" disse Fede.
"Che vuol dire, scusa?" chiese Thomas.
"Beh... siamo diventati poveri" rispose Flor, entrando in casa.
Fecero accomodare anche il signor Fermin e Greta gli diede un bicchiere di latte caldo e una fetta di torta. Si era messa a cucinare per i due innamorati e gli altri combattenti tornati prima di loro, che solo in quel momento si stavano "sfogando", perché l'adrenalina a mille aveva cancellato tutte le sensazioni possibili.
I ragazzi ovviamente erano rimasti un po' sorpresi da quello che Flor e Fede avevano detto loro, ma non ne fecero un dramma.
"Ragazzi, ci pensate?" chiese Fede. "Adesso possiamo cantarla anche noi, quella canzone..."
"Quale?" chiese Roberta. Il giovane si alzò, afferrò una pentola e un cucchiaio, (miracolosamente senza proteste da parte di Antonio), e si mise a cantare: "Poveri ricchi che tanto hanno, però non sanno quel che non hanno." Ed ecco che i ragazzi li seguirono a ruota, e i domestici, che facevano parte della famiglia, e i padri di Flor, e Sandra, abbracciata a Pedro... e persino la Contessa Anna!
"Forte, fratellino!" esclamò Franco.
"Ma vi ricordate quando ha saputo della band?" chiese Maya. "È stato una sorpresa più lui di noi!"
Il cuore del giovane prese a battere fortissimo. "Mi dica che è vero, Capo! Mi dica che ha funzionato, per favore!" disse tra sé.
"Perché "una sorpresa"? Non mi ricordo tanto bene" disse lui.
"Ma come no? Credevamo che stesse per venir giù il capannone!" disse Nicolas. "Quando ti abbiamo visto uscire da dietro le quinte abbiamo rischiato di finire all'ospedale, ma poi... poi hai cominciato a parlarci, a dirci di seguire i nostri sogni, e che il premio volevi darcelo tu, perché ci volevi bene..."
"Ma la cosa migliore" disse Dominick, "è stata questa: hai preso Flor, così, e le hai dato un bacio, lì, davanti a tutti, e poi le hai detto: "Ti amo" davanti a tutti!"
"Sei stato un vero figo, fratellone!" esclamò Thomas.
"Ha funzionato! Ha funzionato davvero!" esclamò Fede, con gliocchi a cuoricino.
"Funzionato?" chiese Maya. "Ma che significa?"
"Io lo so cosa vuol dire" disse Flor. "Quella storia... in un'altra vita ci ha portato molta sofferenza... ma lui ha potuto risolvere, ha potuto fare in modo che non soffrissimo noi e che non soffrisse troppo lui stesso..."
"E com'è andata, nell'altra vita?" chiese Martin.
"Non importa com'è andata" rispose Flor, che non voleva far ricordare al giovane quello che era successo nell'"altra vita", cosa che l'avrebbe senz'altro fatto soffrire tanto.
"Floricienta... Her Federica" disse Greta, spingendo le carozzine. "Gvardate chi folere foi federe! Ecco, piccolini... qvi essere mamma e papà."
"Oh, i nostri gemellini!" esclamò Flor. "Margarita... eddai, ridi, che sei più carina, quando ridi..."
E se la prese in braccio, cominciando a farle il solletico. La piccolina era accaldata, perché aveva pianto fino a quando il telefono non aveva squillato.
"E allora, signorina? Niente più streghe cattive, nei tuoi sogni" disse Fede, rivolto ad Aurora. "Al massimo... qualche fantasma!" La piccola rise. Forse sapeva che anche il suo papà, a suo tempo, era stato fantasma, anche se solo per gioco... le streghe le facevano paura, ma i fantasmi no.
"Non lasciamo soli i due cavalieri, però" disse Flor. "Ah, ecco il mio marinaretto birbante! Magari mamma imparerà a nuotare, eh? Così papà non rischierà un raffreddore, poverino!"
"Eddai, piccolo Freezer... non fare quella faccia scura, che per quella devi fare tanti, tanti anni d'esperienza, anche se è meglio che tu non li faccia... meglio che tu sia un po' più matto, crescerai, come la mamma... ehm, papà, sei sicuro cdi non averci e mani, su questo bambino, prima di mandarlo giù?" chiese infine Fede, vedendo Derick con il solito cipiglio... e Fritzenwalden Senior, in effetti, il cipiglio lo faceva di continuo. Chissà che Derick non facesse così per imitare l'uomo visto in foto?
I due giovani prendevano a turno i bambini, camminavano avanti e indietro con loro in braccio, li coccolavano e li ricoprivano di effusioni come se non li vedessero da secoli. Poi raggiunsero anche Santiago e Agostina, che, per non farli stancare, muovevano avanti e indietro le carrozzine.
"Tiago... hai avuto paura, vero, giovanotto?" chiese Fede, prendendolo per mano.
"Sì, un po', ma so che tu e mamma siete usciti da cose molto più brutte e poi ho chiesto ai nonni di aiutarvi, e alle fatine delle spade... a proposito, papà: m'insegni a fare il moschettiere?"
"Solo a una condizione" disse lui. "Non lo devi mai usare per litigare con qualcuno... per fare del male... al massimo per difendere... hai capito, principino?"
"Parola di scout" disse Tiago, battendo un cinque con suo padre.
"E tu, sirenetta?" chiese Flor, prendendo in braccio Agostina. "Hai avuto paura?"
La bambina prese a scrivere febbrilmente sulla sua lavagnetta.
"Sì... ma la mia mamma e il mio papà che sono in Cielo hanno protetto la mia mamma e il mio papà della Terra."
"Siete davvero una bellissima famiglia." disse il signor Fermin.
"Chi può dirlo? È probabile" disse Flor, contentissima. e ancora dell'aiuto, signor Fermin."
Appena l'uomo se ne fu andato, Flor e Fede chiamarono a raccolta tutti i camerieri.
"Padrone, che succede?" chiese Beba, preoccupata.
"Beh... ecco... il fatto è che, ora che non ho più niente, io... io non posso pagarvi... per quello che fate per noi, ecco... non voglio che andiate via, ci mancherebbe altro, però... mi dispiacerebbe chiedervi di... di fare le pulizie, cucinare, badare ai bambini, senza potervi ricompensare in qualche modo..."
"E tu, Flor? Tu che pensi?" chiese Amalia.
"Anch'io la penso come il mio Freezer. È che ci dispiacerebbe farvi lavorare e non potervi dare niente in cambio... io, poi, che fino ad ora non mi sono occupata di queste cose, mi sento veramente in colpa."
"Se proprio vogliamo parlare siamo noi ad essere in debito con voi, ragazzi" disse Titina. "Almeno, questo riguarda me. Io, mio marito e mio figlio abitiamo qui, e l'unica cosa che posso fare io è cucinare, pulire, occuparmi degli angioletti..."
"Io l'ho cresciuta, signor Fritzenwalden... non si deve preoccupare per i soldi, per il tempo che impiegherò in cucina... poi la conosco, so per certo che appena finito di parlare con noi andrà a cercare qualcosa da fare, oltre al lavoro in azienda... e lo stesso vale per te, Flor... o per lei, signora Fritzenwalden. Non so più come devo parlare, accidenti!"
"Bene... se proprio volete continuare ad aiutarci, allora niente più lei. Date del tu a tutti e due e basta!" disse Flor, ridendo.
"Ehm... bene... l'unica cosa che io chiedo è una stanza in soffitta, per allestire un negozio di parrucchiera, così potrò farle guadagnare qualcosa..."
"Ma certo" disse sorridendo Fede. "Però, Titina, la soffitta no... è triste, spoglia. Proviamo a chiedere ai bambini se possiamo usare la playroom, almeno mentre loro saranno a scuola... so che mentre... mentre non c'ero la stre... ehm, è stata installata una vasca idromassaggio, lì. Potremmo sfruttarla per le clienti."
"Sì, giusto! E per quelle a cui piacciono, potremmo mandare Agata e Tecito come mascotte, se loro vogliono" disse Flor... e in quel momento, Agata, ritta sulle zampe posteriori, si avvicinò a Titina e lasciò cadere, delicatamente, accanto a lei, una bomboletta di lacca per capelli.
"Bene... direi che questa è la cosa meno strana che mi è capitata da un anno a questa parte" disse sorridendo Fede. "Grazie, Agata."
"Ma figurati... ci dobbiamo aiutare tutti, miao!" rispose la gatta.
I bambini furono disponibili a cedere la playroom per dare una mano. Diedero una mano a pulire e poi, sfiniti, si addormentarono.
Fede, che non riusciva a trovare pace, rimboccò amorevolmente le coperte ai ragazzi, ai gemellini e a Flor e guadagnò la porta. Aveva indossato una vecchia tuta da lavoro di suo padre, (prima che diventasse imprenditore). Aveva letto un annuncio, alcuni giorni prima, in cui si cercava un operaio per un cantiere. Il giovane, che pure aveva imparato a spaccare legna o pietre, decise di andare a chiedere.
"Mi scusi..." disse piano, rivolto ad un uomo che se ne stava lì, chino su un blocco di pietra. L'uomo si girò e rivolse un sorriso al giovane.
"Ciao, ragazzo" disse. "Cerchi qualcosa in particolare?"
"Volevo sapere se... se quel cartello... quello che richiede operai pe rla sera, dico, è... è valido?" chiese, speranzoso, il giovane.
"Oh... sì che è valido, ragazzo. Ma dimmi: tu sei pacace di spaccare la pietra, di portare carichi, e così via?"
"Io... io so spaccare la legna... e... e per i carichi non c'è problema... non so scavare molto bene, però posso imparare."
Tom sorrise, guardandolo. "Ricco e caduto in disgrazia, eh?" chiese.
"Caduto in disgrazia, no... la verità è che sono felice di essermi liberato di quella specie di nettare... ora so di chi fidarmi e di chi no... solo che le bollette devo pur pagarle..."
Il capomastro gli batté una mano sulla spalla. Era coperto di polvere, ma Fede non fece una piega.
"Sei disposto a cominciare anche subito?"
"Sì, certo... grazie! Grazie, davvero!" disse Fede, gettandogli le braccia al collo.
"Ah... questa è la prova del fatto che non sei un presuntuoso... tutto l'opposto di tuo nonno..."
"Lei... lei conosce la mia famiglia?" chiese il giovane, sorpreso.
"Sì, ragazzo... ma non ti preoccupare. Non devi essere tu a fare le spese di quello che hanno fatto altri. Vieni, visto che non sai scavare molto bene cominciamo da lì, ti va?"
"Oh... sì, ma certo!" gli rispose il giovane. Cercò di scacciare il pensiero della frase di quell'uomo... probabilmente si riferiva al padre di suo padre, che aveva duramente contrastato la sua unione con Maria, sua madre... ma cosa poteva aver fatto a quell'uomo curvo sotto il peso degli anni e delle pietre?
Si mise ad osservarlo, come si fa con un maestro, e a seguire passo passo i suoi gesti.
Flor si era svegliata pochi minuti dopo Fede. Lui le aveva lasciato un post-it attaccato alla porta.
"Ciao, amore mio. Non volevo svegliarti, per questo ti scrivo. Sto cercando un altro lavoro, perché d'ora in poi con l'azienda di famiglia non ci potremo fare neanche la spesa. Quando torno ti racconto. Sogna tanti angioletti, amore mio."
"Oh, che amore, il mio principe!" esclamò Flor, risistemando il letto. "E che bella scrittura che ha, santo cielo!" Piegò accuratamente il bigliettino e se lo infilò nel taschino della maglietta che stava sul petto.
In quel momentò Eduardo entrò nella stanza.
"Piccola, come va?" chiese con dolcezza.
"Bene, dai... sono tranquilla, finalmente!" rispose sorridendo la ragazza.
"Lo vedo... che ha fatto il tuo principe per renderti così felice?"
"È andato a cercare un lavoro serale... no nvoleva che mi preoccupassi" rispose, tirando fuori il foglietto. "Che carino, guarda!"
"Non pensavo che ti entusiasmassi per così poco" disse Eduardo. "Ci siamo sbagliati tutti e due, su quel ragazzo... si è preso cura di me, mentre stavamo in carcere, lo sai? Anche se stava peggio di me, poverino."
"Oh... non me l'ha detto" disse Flor, sognante. "Papà... la mia bicicletta... è sempre giù in cantina, vero?"
"Sì, è lì" rispose Eduardo. "Ma perché? Che ci devi fare?"
"Me lo devo cercare anch'io, un lavoro, papà" rispose Flor. "Non voglio che faccia tutto da solo."
"E va bene, allora te la porto su io, Flor... magari ti porto qualcosa per pulirla un po' e controllare le gomme... così come sta non la puoi mica usare, no?"
"Sì, hai ragione" rispose Flor. Ripose nuovamente il bigliettino, sistemò il letto e scese al pianterreno.
Lì c'era Greta, che si stava prendendo cura dei gemellini.
"Ah, ecco mamma, piccolini" disse allegramente.
"Ehi, Greta... buongiorno!" esclamò Flor. "Oh, gli angioletti della mamma, ciao..."
"Tu tanto contenta, piccolina" disse Greta, sorridendo.
"Sì... la verità è che sono tranquilla. Insomma: sento che quei due... che quei due si salveranno lo stesso... ma almeno non ci faranno più soffrire."
"Tu sapere dove essere Her Federica? Me non trova lui" disse Greta.
"Tranquilla. Ecco qua" disse Flor, riprendendo quel bigliettino.
"Ah... e tu dofe antare, piccolina?" chiese Greta.
"Pulisco la mia bicicletta e lo vado a cercare anch'io, un lavoretto" rispose Flor. "Magari al negozio di verdura qui vicino hanno bisogno di qualcuno che faccia le consegne, o magari... magari troverò qualcos'altro da fare."
"Perfetta. Me aspettare che fenire qvalcuno per piccolini, così me aiuta Frau Titona a sistemare stanza di giochi."
"Oh, sei un amore, Greta, davvero" disse Flor, abbracciandola.
"Flor, la tua bici!" esclamò Eduardo.
"Arrivooo! Allora, amori miei... augurate tanta fortuna a mamma e papà, che poi quando tornano vi riempiono di coccole, eh? Ciao, ciao, ciao!" esclamò, mandando baci ai piccoli, che cominciarono a salutare con le mani.
Flor diede una ripulita alla bici, gonfiò le gomme e vi saltò sopra. Indossò un piccolo casco e si mise a pedalare.
Purtroppo al negozio di verdure erano tutti pieni, per cui Flor dovette bussare casa per casa e chiedere chi avesse bisogno di una cameriera o di una babysitter. Le dispiaceva tanto lasciare i suoi figli, ma si ripromise che avrebbe sempre avuto un po' di tempo per stare con loro.
"Flor! Flor, fermati!" chiamò una voce. La ragazza si voltò e riconobbe Franco.
"Ehi! Che ci fai qui, Franco?" chiese sorpresa.
"Ho trovato un lavoro, Flor! Sono l'autista di una signora... una molto ricca... non molto gentile né molto pulita, però ricca. Ha detto che le serve una cameriera... dai, vieni con me!"
Flor rise, sentendo parlare Franco in quel modo.
"E va bene, andiamo!" disse sorridendo Flor. "Immagino cbesarà un po' taccagna, da come me la descrivi, ma meglio di niente."

Flor 2: l'Amore oltre la Vita ||Fedecienta||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora