(138: La camera stregata [parte 1])

65 1 0
                                    

Nicolas rimase lì, immobilizzato... non riusciva a crederci! L'uomo che aveva strappato violentemente la vita di suo fratello e aveva reso la vita impossibile alla sua ragazza e a quella di Franco era tornato in libertà, in qualche modo. Erano totalmente indifesi: la strega poteva irrompere in casa in qualsiasi momento... e quella carogna, quel Francisco, era suo complice.
Quello che però i ragazzi non sapevano era che Emma era lì dietro e aveva ascoltato tutto.
Avrebbe voluto correre via, ma sapeva che se l'avesse fatto i due l'avrebbero seguita. Sapeva che suo padre avrebbe puntato lei, che le avrebbe fatto del male, probabilmente usando una spada da scherma. Aspettò che i due andassero via, sussurrando parole incomprensibili, poi prese a tastare i mobili. In uno di quelli era stato messo il fioretto magico, a seguito del terremoto. E infatti lo trovò in un mobiletto da parete mezzo sfondato, con un solo cassetto integro. Dove si sarebbe potuta mettere per esercitarsi?
Sfiorò delicatamente l'oggetto, fino a trovarne l'impugnatura... al tatto l'oggetto era caldo e sembrava addirittura che al suo interno vi fossero delle continue pulsazioni.
"Mi aiuti, signor Fritzenwalden..." sussurrò tra sé la giovane, prendendo tra le dita il fioretto. Le tremavano le braccia: non si aspettava che potesse sembrarle così pesante.
Ebbe la sensazione che qualcuno stesse prendendo la sua mano per aiutarla a posizionarsi, e quando tese l'altra mano, fu rassicurata nel sentire sotto le dita il viso del proprietario di quell'oggetto.
"Oh... Fede..." sussurrò Emma.
"A cosa ti serve, piccola?"
"Fede, io... io... perdonami... non lo toccherò più, te lo prometto! Non arrabbiarti, ti prego!" disse la ragazza, facendo l'atto di lasciar cadere il fioretto... ma lui chiuse la sua mano su quella di Emma.
"Ma no, tesoro! Come potrei arrabbiarmi con te?"
"Davvero, tranquilla" le disse lui, dandole un bacio sulla fronte. "Solo: non capisco cosa devi farci. Vorresti imparare a tirare di scherma("
"Sì... per mio padre." spiegò lei. "Lui mi girava sempre attorno con la spada... e la usava per graffiarmi." Gli mostrò le braccia: recavano ancora delle cicatrici.
"Con lui sì che mi arrabbierei, e come il buon vecchio Freezer! Ma perché ti viene in mente adesso?" chiese lui, decisamente preoccupato.
"Non so se faccio bene a dirtelo... magari te lo vogliono dire i ragazzi..."
"Non credo. Abbiamo la mania di proteggerci l'un l'altro e facciamo disastri per questo... forse è meglio che me lo dica tu."
"È uscito di prigione... ha chiamato il commissario, per avvisarti, ma ha risposto Franco." disse titubante Emma.
In effetti Emma aveva fatto bene a dirgli la verità, perché i ragazzi non avevano alcuna intenzione di farlo.
"T'insegno io."
"Cosa? Davvero?" chiese Emma, alzandosi da terra.
"Certo... se ti va, è ovvio."
"Oh, magari! Grazie mille!" esclamò Emma, facendo l'atto di abbracciarlo. "Ma devo chiederti... riuscirai ad avere abbastanza pazienza da sopportarmi? Mio padre dice che sono un disastro, io..."
"Ahi ahi ahi, niente riferimenti a tuo padre! Di pazienza ne ho da vendere, ma tanto so che sarai bravissima! Aspetta un attimo, ti aiuto... attenta che è un po' pesante" disse il giovane, mostrandole una posizione più comoda per reggere il fioretto.
Andarono nella camera che un tempo era stata di Fede e poi della strega. Entrando, il giovane riusciva ancora a sentire la sua presenza opprimente e odiosa.
E, pur non sapendo niente di tutto questo, anche Emma si strinse nelle spalle, sentendosi oppressa da qualcosa che non sapeva definire.
"Questa è stata la mia camera e poi quella di quella stre... della... della mia madrina..." spiegò il giovane, vedendo la ragazza impallidire appena entrata nella stanza.
"È come se fosse ancora qui..." balbettò. "Dovremmo entrarci più spesso tutti insieme per mandarla via..."
"Forse hai ragione..." le disse lui, prendendo un altro fioretto. Non ci si trovava granché, perché di solito prendeva quello di suo padre, quello che Emma stringeva tra le dita.
"Immagino che tu qualcosa l'abbia imparato per sopravvivenza, vero?" le chiese, per smorzare un po' la tensione.
"Ho imparato che quando diceva: "En garde!", mi dovevo difendere" disse lei, e per un istante le parve proprio di sentire la voce di suo padre che gridava: "En garde!", per poi colpirla alla spalla con il fioretto e farla cadere a terra.
"Ehi! Va tutto bene... per ora non te lo dirò in questi termini, va bene?" le disse Fede. Anche lui cercava di contrastare una visione orrenda.
""SAREBBE COSÌ GENTILE DA NON METTERE PIÙ I VESTITI DI MIA MADRE?" gridò, furente, la piccola Fritzenwalden, guardando in cagnesco la strega, che indossava un bellissimo abito preso dal guardaroba di Maria. Quella volta Fede l'aveva rimproverata aspramente, ma la verità era che Maya aveva tutte le ragioni del mondo per essere così ostile."
"Pronta?" le chiese Fede.
"Sì..." rispose la ragazzina.
"Bene! Uno... due... tre... attenta!" esclamò Fede, sollevando la spada. Non fu ben chiaro il perché, ma parve che le due spade stessero ballando insieme. La piccola Emma era brava a colpire, ma sembrava che avesse il terrore di essere colpita.
"Ehi, ehi, piano... stai tranquilla, tesoro!" le disse lui. Le mani della ragazza tremavano visibilmente. Sentiva sempre la presenza di suo padre alle spalle, sentiva la punta della sua spada che le saltellava sulle costole, facendola gridare di dolore.
"Mi dispiace... dimmi che non ti ho fatto male, ti prego!"
"Ma no, non mi hai fatto niente!" la rassicurò lui. "Però non dovresti muoverti così freneticamente."
"Oh... ecco, io..."
"Lo so. Soprattutto ora che non puoi contare sugli occhi per schivare i colpi, hai paura che tuo padre possa approfittarne... però se fai così ti sfinirai subito..."
"Perdonami, sono un disastro!"
"Non è vero. Sei a buon punto. Sei piccolina, scattante... puoi sfruttare la cosa a tuo vantaggio... su, riproviamo... puoi farcela!"
"Ti posso fare una domanda?" chiese Emma.
"Certo! Aspetta, mettilo giù" le disse, togliendole di mano il fioretto.
La ragazza tremava, decisamente sfinita.
"Quello... era di tuo padre, vero?" chiese titubante Emma.
"Sì... era di mio padre. Quando è caduto dall'elicottero l'aveva portato con sé... e non so come, quando è caduto è rimasto intatto. Perché me lo chiedi?"
"È come... come se avessi sentito un cuore battere lì dentro... è strano, vero?"
"Strano non direi... tutta la nostra vita è strana, se la metti su questo piano..."
"Permesso?" disse una voce dolce. I due si voltarono. Emma scattò in avanti, riconoscendo i gemiti dei bambini.
"Ciao, angioletti!" esclamò, muovendo le carrozzine avanti e indietro.
"Ehi! Chi si rivede!" esclamò Fede, scattando a sua volta in avanti.
Si mise a sua volta a muovere le carrozzine e a fare delle facce buffe per far ridere i bambini. Con le loro risate, per qualche secondo, sembrò che la negatività della quale la stanza era impregnata si dissolvesse.
"Non ti avevo mai visto nel ruolo d'insegnante. Lo sai che ci sai fare, amore? Sei gentile e incoraggiante!" disse Flor, ridendo. Il giovane sentì subito le guance ardere.
"Sì... lo vorrei a scuola, uno come te" aggiunse Emma.
"Dai, non esagerare" si schermì lui.
"Ma no, è vero! E tu, piccolina, stai tranquilla, che se tuo padre si avvicina so io dove colpire..." aggiunse Flor, rivolta ad Emma.
"Come lo sai?" chiese quest'ultima.
"Ho estorto l'informazione a Nicolas" rispose Flor. "Lui non voleva dirmelo, ma poi si è convinto."
"Scusatemi... io... io non volevo causarvi tanti problemi!"
"Ma no... che colpa puoi averne tu, Emma? Quello è un... oh, scusami! Senti: tu sei una gioia per noi, piccola... tu, come tua sorella... siete parte della famiglia. Non ti devi sentire in colpa solo perché lui ti ha messa al mondo." la rassicurò Flor.
"Io... io vado a dare una mano... per rimettere a posto le altre camere... stiamo facendo in fretta... presto potremo tornare a vivere dentro casa." disse la ragazza, sorridendo debolmente. "Ah, aspetta, Fede" aggiunse, "io prendo questo..." E scambiò il fioretto magico con quello che poco prima aveva usato Fede, lo mise in una busta e lo nascose sotto la mantellina. Voleva essere pronta a difendersi, ma senza rischiare di ferirsi.
Flor rimase lì, ferma, mentre Fede continuava a restare vicino ai bambini. La negatività della strega avrebbe potuto farli agitare... e anche Flor sembrava decisamente preoccupata.
"Che hai, piccola?" chiese il giovane, avvicinando a sé anche lei.
"Sono preoccupata per Sofia." rispose Flor. "Poco fa l'ho vista uscire da questa stanza... camminava avanti e indietro, come se fosse impazzita... non te lo so spiegare... aveva... una luce strana negli occhi... ho provato a chiamarla, ma non mi ha risposto... non potevo lasciare da soli i miei figli... e..."
""È per la mia piccola. Prima camminava avanti e indietro, come una pazza, come in catalessi... fa' qualcosa, aiutala"!"
""Tesoro... io lo so che tu non lo fai perché sei cattivo, ma perché sei plagiato d aquella ragazza"!"
"L'hai vista uscire di qui?" ripeté Fede, preoccupato.
"Sì... perché?"
"Flor, dobbiamo uscire... per i bambini è pericoloso..." balbettò Fede, e, come volevasi dimostrare, appena si spostò per aprire la porta, Derick si mise a gridare.
Flor lo prese in braccio e quello che notò non le piacque per niente. Derick sembrava spaventato, anzi: terrorizzato. Poi si chinò a guardare gli altri: Eduardo agitava nervosamente le braccia, cercando di spingere in avanti le carrozzine, Aurora si aggrappava ai due fratellini e Margarita se ne stava lì, con gli occhi sbarrati. Lei quella donna l'aveva vista in faccia e ancora tormentava i suoi incubi.
Uscirono di corsa e si diressero verso la camera di Flor: una delle poche che era tornata quasi agibile. L'unica cosa che rimaneva da riparare erano i due letti.
"Va tutto bene" sussurrò Flor, cullando il piccolo Derick, mentre con un piede muoveva la carrozzina in cui era Aurora.
"Va tutto bene, bambini... va tutto bene." disse a sua volta Fede, occupandosi di Aurora ed Eduardo.
"Non capisco... ma che succede? Perché i bambini sono così agitati?"
"Non so spiegartelo... ma questa storia non mi piace per niente."
Per un momento parve che i bambini si calmassero, ma poi ripresero a piangere a dirotto... e a ragion veduta, perché in effetti qualcun altro stava vivendo un momento decisamente poco piacevole... e questo qualcuno era la povera Sofia.

Flor 2: l'Amore oltre la Vita ||Fedecienta||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora