137: Amicizia dietro le

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Purtroppo la strega aveva capito che qualcosa non andava, quando aveva colpito Sofia. Aveva visto che Reina le aveva creato attorno uno scudo e aveva cercato disperatamente di risvegliarla.
Aveva preso ad osservarla e, per prendere due piccioni con una fava, aveva scambiato il corpo di Francisco con quello di un poliziotto. Era un cambiamento temporaneo e presto i poliziotti se ne sarebbero accorti, per cui, dopo aver condotto in prigione Reina, Francisco sarebbe rimasto nascosto. Prima di finire il turno, però, Francisco aveva avuto anche un'altra soddisfazione. Aveva chiesto ad una donna, una certa Camilla, meglio nota come Cami Camaleòn, d'intrufolarsi in casa Fritzenwalden e rapire sua figlia Emma, ma la giovane, scoperto il motivo per il quale la voleva, si era categoricamente rifiutata di farlo. Lui, allora, l'aveva condotta violentemente all'interno della stessa cella in cui era Reina. Non poteva sapere che Camilla sarebbe diventata una vera e propria spina nel fianco per lui.
Infatti, appena la giovane entrò in cella, Reina si accorse delle ferite che aveva sul viso.
"Chi è stato?" chiese preoccupata.
"Ti sembrerà strano... ma io non l'ho capito" rispose Camilla. "Vedi, da una parte vedevo un poliziotto che mi ha aiutata moltissimo... e ci stavo rimanendo molto male... dall'altra, un detenuto che mi ha chiesto un favore che io non gli avrei mai fatto."
"Siediti sulla branda, così ti disinfetto le ferite" disse gentilmente Reina. Camilla sorrise: non credeva più nella giustizia, ma nella bontà di alcune persone sì. Reina s'inginocchiò di fronte a lei e iniziò a medicarla, disinfettandole le ferite con un fazzoletto bagnato.
"Sai... quel detenuto che ho pensato di vedere... ma forse è la mia immaginazione, non lo so... mi aveva chiesto di rapire sua figlia da una casa... una ragazzina bruna, minuta... mi ha detto che è diventata cieca da poco, poverina."
Reina sorrise ripensando alla piccola Emma, che probabilmente si era rialzata in fretta perché non voleva essere chiamata in quel modo.
"Poi ho scoperto come la trattava... e neanche se fossi stata disperata gli avrei portato quella ragazza... anche mio padre..."
"In che senso?"
Camilla si scoprì le braccia: ancora portava addosso diverse cicatrici. Piccoli segni, ma impressi a fuoco su di lei.
I segni più dolorosi, però, le erano rimasti dentro. Reina capì: il padre di Camilla, quando era bambina, le usava violenza.
"Beh, nel mio caso anche mia madre, in realtà" aggiunse Camilla. "Mi sembrava che facessero a gara a chi me ne dava di più."
"Ma... come si chiamava questo detenuto?" chiese Reina, sperando di cuore di sbagliarsi.
"Francisco... il cognome non me lo ricordo, onestamente... ma ricordo che è finito in galera per tentato omicidio, omissione di soccorso e violenza domestica ai danni di una minore... tutta quella roba lì."
Reina sussultò, tanto da far sobbalzare di dolore anche Camilla. "Oh, perdonami" disse piano. Promise a se stessa che quel Francisco avrebbe pagato, in un modo o nell'altro, per tutto il male che aveva fatto.
"Lo conosci?" chiese Camilla.
"Sì, e spero che un giorno non possa più usare le mani dopo quello che ha fatto passare a quella ragazzina!" rispose Reina. "Poi... ha rischiato di uccidere mio cognato, perché un altro imbecille come lui faceva l'idiota con sua moglie..." Mentre parlava, Reina sentiva ardere dentro di sé un desiderio di vendetta sempre maggiore.
"Tranquilla, ci vendicheremo insieme" la rassicurò Camilla. "Comunque, tu che ci fai qui?"
"È un po' difficile da spiegare... non mi crederesti mai." sospirò la ragazza, amareggiata. "Dimmi come va, piuttosto."
"Bene... ma guarda che abbiamo tempo, e in quanto a credere, dopo quello che ho visto oggi ho bisogno di una spiegazione... anche una stregoneria mi andrà bene."
Reina aveva imparato a seguire il suo istinto parecchio tempo prima, e qualcosa le diceva che Camilla non l'avrebbe presa per pazza se le avesse spiegato tutto. Appena finito di curarle r ferite, sedette sulla branda accanto a lei e cominciò a raccontarle tutta la storia.
Nel frattempo, poiché le guardie le avevano dato il materiale per farlo, si era messa a fare degli orsacchiotti per i suoi nipoti. Una volta finito, avrebbe fatto loro un incantesimo, in modo da poterli proteggere anche da lì e, soprattutto, da evitare che sua madre, in qualche modo, ci mettesse le mani per trasformarli in una bomba a scoppio ritardato o qualcosa del genere.
Appena finita la storia, però, non ebbe il tempo di chiedere nulla a Camilla, né lei ebbe il tempo di realizzare quello che aveva sentito, perché si udì lo scatto di un chiavistello nella cella adiacente.
"Ma quella è la cella in cui era Francisco o sbaglio?" chiese Reina. Camilla fece un cenno d'assenso, ma rimase sconvolta quando vide uscire da lì dentro un poliziotto con un bernoccolo in fronte, decisamente frastornato.
"Victor..." biascicò, sconcertata. Reina dovette sorreggerla, ma in quel momento realizzò che qualcosa non andava. Victor era molto giovane, ed era identico a lpoliziotto che l'aveva spinto dentro... ma se quello era il poliziotto, l'altro chi era?
Perché aveva le manette ai polsi, e soprattutto: che ci faceva in cella? Nella cella di... Francisco? Poi Reina realizzò: quello era un incantesimo, sua madre aveva scambiato il corpo di Francisco con quello del povero giovane. Poi erano stati i corpi a tornare dalle rispettive anime, e non il contrario. Inoltre la strega aveva fatto in modo che il colpo che Francisco aveva assestato a Victor lo tenesse stordito per tutto il tempo, in modo che il ragazzo non potesse rendersi conto di cos'era successo e reagire, suscitando sospetti. Doveva essere così, per forza!
"Camilla, vieni!" disse, sorreggendo la giovane. Doveva rimanere lucida... lei era abituata a quelle cose, in fondo, no?
"Tua madre... è stata tua madre, vero?" balbettò Camilla. "Sapevo che non era il mio Victor, quello. Lui non mi avrebbe mai alzato le mani!"
"Vieni... mettiti giù" disse gentilmente Reina. "Coraggio, respira... respira, tranquilla..." Le afferrò le mani e le strinse forte tra le sue. Cominciò a far girare i pollici sui dorsi delle sue mani, fino a farla calmare.
"Come fai ad essere così tranquilla? Quella bestia è pericolosa, potrebbe fare del male alla tua famiglia!"
"Lo so... ma sono abituata a queste situazioni. Non potrò far nulla se mi agito." Si mise in ascolto e riconobbe la voce del commissario che chiamava il "signor Fritzenwalden".
"Fritzenwalden? Quel Fritzenwalden?"
"Sì... è mio cognato, Camilla! Cioè... beh, prima ci stavo insieme... ma per interesse... anche se lui merita una donna che lo ami, e l'ha trovata. Io... io sono una sorta di amica, ora... ma lo sai, te l'ho raccontato. Immagino che il commissario l'abbia avvisato del fatto che Francisco è fuggito di prigione."
"E Victor? Cosa succederà a Victor?" sussurrò Camilla, preoccupata.
"Sta bene, tranquilla. È un po' stordito, magari lo faranno visitare per essere certi che sia tutto a posto, ma sembra stare bene... se vuoi m'informerò anch'io, stai tranquilla."
Camilla non voleva mostrarsi debole, ma anche lei aveva imparato afidarsi del suo istinto e questo la spinse ad abbracciare Reina e scoppiare in lacrime sul suo petto. La ragazza ricambiò l'abbraccio, accarezzandole la schiena e confortandola. Sarebbe andato tutto bene. DOVEVA andare bene.
Nel frattempo il telefono di casa Fritzenwalden, che chissà come si era salvato dal disastro avvenuto in casa, prese a squillare.
Franco, che si trovava lì vicino, rispose subito.
"Casa Fritzenwalden... no, sono Franco, il fratello... sì, mi dica... come? Oh santo cielo, ci mancava anche questa... no , non... non si preoccupi... a-arrivederci."
"Franco!" Il gemello gli corse incontro, preoccupato, vedendolo sbiancare.
"È fuggito di prigione... quel verme è fuggito di prigione!" esclamò Franco.
"Chi, Franco?"
"Quel... quel verme disgustoso... quel Francisco, è fuggito di frigione!"

Flor 2: l'Amore oltre la Vita ||Fedecienta||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora