82: I ricordi fanno male

114 1 55
                                    

"Flor! Flor, per l'amor del cielo, che ti ha detto quella donna?" domandò Bella, vedendo la ragazza pallida e praticamente catatonica.
"Strega... ragazzi..." riuscì a biascicare Flor. "Freezer... il mio Freezer..."
"Flor, vuoi che te lo chiami?" domandò Bella, preoccupata.
"No! No, per favore!" supplicò Flor. "Lei... lei vuole che ci separiamo!"
Detto questo perse l'equilibrio e sarebbe caduta a terra se Bella non l'avesse afferrata al volo.
"Flor, ti scongiuro, rispondimi!" disse Bella, agitata. Si avvicinò alla porta e prese a colpire, sperando che qualcuno la sentisse.
Nel frattempo, Fede aveva raggiunto Franco in giardino.
"Ehi... fratellino, sono io!" gli disse gentilmente, posandogli le mani sulle spalle. Franco era scosso dai singhiozzi e non osò voltarsi a guardare Fede, che continuava a stringergli le spalle, ma senza fare troppa pressione.
"Il processo si è concluso... tranquillo, io sto bene... devo solo sfogare un po' della mia tensione, per essere abbastanza carico quando servirà" disse pacato Franco, tra un singhiozzo e l'altro, mentre il tocco leggero del fratello gli trasmetteva un senso di calma che probabilmente non avvertiva da molto tempo. Anche lui aveva sofferto.
"Va bene, Franco... sono sicuro che andrà tutto bene... vuoi stare un po' da solo?"
"No... possiamo rientrare, fratellino."
"Va bene, se ti sei calmato va bene."
I due fratelli rientrarono e furono scossi dal rumore di alcuni colpi dati alla porta.
Salirono rapidamente e raggiunsero la camera di Emma, dove videro Bella che stringeva tra le braccia Flor, svenuta.
"Oh mio Dio... Flor! Tesoro, svegliati, ti prego!" supplicò Fede, scuotendo dolcemente Flor.
Li raggiunse anche Beba, che, vedendo Flor priva di sensi, entrò in allarme.
"Oh, Flor! Tesoro della zia, svegliati!"
"Beba, ti prego, dammi una mano! Dobbiamo portarla in camera sua!"
Lui da un lato e Beba dall'altro la portarono nella sua stanza e la distesero sul letto.
"Dev'essersi agitata per qualcosa, povera piccina! Padrone, non so come fa, ma lei la calma... resti con lei, io vado a chiamare la dottoressa."
"Sì... sì, certo..." disse lui, agitato come non mai.
"Oh, aspetti, padrone... si sta svegliando!"
Flor aprì lentamente gli occhi.
"Oh... no, Freezer... no... la strega non vuole, la strega non vuole!" supplicò Flor, cercando di allontanare la mano di Fede dalla sua guancia. "Io pagherei... per il tuo tocco sul mio viso, però... non posso, non posso, no!"
"Flor, calmati" disse prendendo la mano di Flor e stringendola forte nelle sue nel tentativo di rassicurarla.
"Lasciami, ti prego!" supplicò lei.
"Flor, fammi capire: che ti prende?" le chiese Fede. "Ti ho fatto qualcosa?"
"No, signor Freezer... tu sei un tesoro, non mi hai fatto niente di male" disse Flor, stringendo i denti per non piangere. "Mi ha chiamata..."
"Aspetta..." le disse. "Ora vedo se riesco a toglierti un po' di tensione, ma devi lasciarti toccare per questo..."
Flor fece un cenno d'assenso con la testa e lui le prese il viso tra le mani. Il calore delle mani del suo principe parve attraversarle la pelle e penetrarle fin dentro le ossa, come era accaduto. a lui quando si erano uniti in un abbraccio. Delle calde lacrime bagnarono le mani del giovane, che prese ad accarezzarle il viso candido da bambina. Quanto sarebbe mancato, alla povera Flor, quel tocco leggero, che sapeva essere anche forte e protettivo, quando il Freezer voleva!
Lei continuava a chiamarlo in quel modo perché le piaceva e perché anche lui, una volta abituatosi, aveva notato che suonava bene con il suo cognome, che in un certo senso un po' freddo lo era.. in quel momento Flor avrebbe dato qualunque cosa perché lui la insultasse, per desiderare di tirargli uno schiaffo così forte da fargli voltare il viso dal lato opposto, come era già successo una volta in cui la maschera aveva mandato il cavaliere che era in lui a farsi friggere... se fosse stato in sé, infatti, Fede non avrebbe mai detto una simile cattiveria a Flor o a qualunque altra donna, infatti se n'era vergognato praticamente subito, ma era troppo orgoglioso per ammetterlo... lei, desiderando intensamente toccare quel viso un'altra volta, tese le mani e si soffermò sulla guancia che aveva segnato con quel maledetto ceffone.
"Dimmi una cattiveria, ti prego!" disse Flor.
"Che cosa? No, non mi puoi chiedere questo. Va bene quando giochiamo, ma non mi puoi chiedere di richiamare il Freezer per davvero!" disse lui, piano.
Non voleva più essere lui a farla piangere, a farla arrabbiare... non voleva più rischiare di ferire i suoi fratelli per fare il duro... non voleva più che quel blocco di ghiaccio lo toccasse.
"La strega mi ha chiamata... dice che se non ci lasciamo, quello che è successo a Emma sarà il minimo. Se la prenderà con i ragazzi!"
A quelle parole Fede si raggelò davvero.
"Santo cielo... per questo eri così agitata!"
Ritrasse lentamente le mani, e fu come lasciar cadere a terra un oggetto prezioso.
"Vai... vai, ti prego... i ragazzi hanno bisogno... del fratello forte e duro, quello che sopporta tutto... e tu puoi farlo... io so che puoi..."
E forse Flor non aveva tutti i torti, perché Fede avvertiva una sensazione di freddo penetrargli fin dentro le ossa. Capiva che non poteva continuare a stare vicino a lei, se dovevano allontanarsi sentimentalmente... avrebbe fatto del male a lei oltre che a se stesso.
Quando lasciò la stanza, trovò la piccola Emma inginocchiata a terra, con il viso tra le mani.
"Ehi... che ti prende, tesoro?"
"Oh... Fede?" chiese lei.
"Sì, tesoro." rispose lui. "Che hai?"
"Niente... è che... non mi fa affatto piacere l'idea di restare così, perché non so se sarò abbastanza brava a imparare a gestirmi, e questo mi fa una paura tremenda."
"Aspetta, forse in questo posso aiutarti io..."
"Che vuoi dire, scusa?"
"Vieni, ti faccio vedere una cosa." le disse, e lei fu contenta che lui non cercasse di evitare la parola "vedere"!
Lui, dal canto suo, aveva imparato a leggere il cuore delle persone.
Flor, che non riusciva ad evitare di guardarli, praticamente non poté non seguirli. I due si diressero in soffitta e Fede fece accomodare Emma su un divano.
"Che fai?" chiese lei, visto che lui stava trascinando qualcosa.
"Vedi... quando i miei genitori sono passati di là... io ho rinunciato a molte cose... prima di tutto, alla musica..."
"Tu eri un musicista?"
"Non esagerare, adesso: diciamo che mi divertivo insieme a dei miei amici... e se chiedi a Nico e Franco, loro lo sanno."
Fede fece sfiorare il baule alla ragazza e lei, con dita tremanti, fece scivolare via il coperchio. I ragazzi della band avevano restituito gli strumenti, e lui li guardava spesso con desiderio... ma anche ora che non si comportava più da Freezer il tempo non gli bastava mai. Emma era sconcertata: una chitarra, una batteria, un bongo africano e una tastierina elettronica... prese quella e iniziò a premere qualche nota a caso, con molta delicatezza.
"E un'altra cosa a cui avevo rinunciato è... questa." E tirò fuori da un altro baule, quello con le cose dei suoi, un elicottero giocattolo.
"Santo cielo!" esclamò la ragazzina.
"No, no... non devi essere triste!" la rassicurò lui, sorridendo. "Nella vita arriva sempre il momento in cui trovi un modo per fare quello che amavi... e quell'incidente, in fondo, mi ha fatto rinascere. Ma più di tutto l'ha fatto l'amore... l'amore mi ha salvato! Una volta, al compleanno di mia sorella, mi è scattato dentro qualcosa e... io e Flor abbiamo cantato insieme..." Al pronunciare il nome di Flor, il suo cuore ebbe un sussulto. "Poi... lei mi ha regalato un elicottero, e abbiamo passato un'intera giornata tra le nuvole come quando ero ragazzo e mio padre mi ci portava."
"Tuo padre non era cattivo..."
"No, cattivo no... severo, quello sì... ma non era cattivo. E tu un padre lo puoi trovare in chi ti vuole bene, amore mio" le disse lui, con tenerezza.
"Quindi anch'io potrò fare quello che mi piace? È questo che mi vuoi dire?"
"Ti voglio dire di non lasciare che il dolore distrugga la tua immaginazione e la tua voglia di vivere... perché a quello è più difficile porre rimedio."
"Siete tutti così buoni..." disse piano la ragazzina. "Siete la mia famiglia."
"La famiglia te la puoi scegliere... e la tua in parte è biologica e in parte adottiva. Tua sorella ti vuole bene, ti darebbe la sua vita se fosse necessario arrivare a tanto..."
"E cosa posso fare per renderla felice, Fede?"
"Devi essere felice tu... te lo dico da esperto, perché ho passato anni a fare di tutto perché i miei fratelli stessero bene... solo che per ottenere questo ho rischiato di tarpare loro le ali..."
"Ti posso chiedere un favore enorme?"
"Ma certo! Quale?"
"Potresti farmi ascoltare qualcosa?"
E lui lo fece. Afferrò la chitarra e si mise accanto a lei. Gli ci volle un po' per ricordarsi dove mettere le mani, ma alla fine ci riuscì. La prima canzone che gli venne in mente fu quella che cantavano spesso lui e Flor. Fece tutto da solo... ma avrebbe pagato oro per poterla ancora cantare con lei.
Flor, non riuscendo più a resistere, si allontanò lentamente dalla porta, e quando fu sicura che i due non potessero sentirla, corse in camera sua e si gettò sul letto.
Le venne in mente il giorno in cui Ramiro era fuggito dalla playroom, in lacrime, e Fede l'aveva raggiunto.
""Ramiro! Ramiro, che cos'hai?" gli chiese gentilmente.
"Niente! Vattene, lasciami solo!" supplicò il bambino, che era troppo orgoglioso per mostrarsi in lacrime.
"No, non posso andarmene se stai così!"
Fede prese la mano di Ramiro, delicatamente, e disse: "Dimmi cosa ti è successo, ti prego!"
"Che cosa gli hai fatto?" chiese Flor, entrando come una furia. "Non toccarlo! Oh, poverino, amore mio..." Si avvicinò al piccolo e gli accarezzò il viso. Il povero giovane, che mai come allora non ci capiva niente, cercò di difendersi, ma n fece in tempo, perché Flor prese a gridargli contro. "Sei una bestia, un mostro, cos'hai fatto?"
"Non gli ho fatto niente!" esclamò, quasi con disperazione. "Parlavo con Roberta dell'esame e lui è. scappato in lacrime."
"In lacrime? Avrai sgridato Robertina e l'avrai spaventato!" esclamò Flor, dura, poi si rivolse al bambino. "Ha alzato le mani, tesoro? Se l'ha fatto lo denunciamo!"
"Ti prego... ti prego, Ramiro, dille che non l'ho sgridata!" provò ancora a parar colpi Fede, non sapendo più come difendersi.
"No... lui è stato molto buono con Roberta... come il mio papà... che quando non capivo qualcosa, me la spiegava con calma perché la capissi..."
"Oh... ti ha ricordato il tuo papà"..."
"Amore mio..." sussurrò Flor, e da una mensola le cadde add!sso la foto di un gattino. Flor l'afferrò, se la portò in viso e la guardò. "Tecito..."
""Povero micino" disse tra sé il Freezer, mentre i flebili lamenti del gatto gli giungevano alle orecchie. "Starà gelando, lì fuori."
"Che ti prende, Fede?" domandò Matias vedendolo assorto.
"Non posso guardare questo gatto che si congela qui fuori." disse correndo fuori e prendendo in braccio il micio. "Però... non posso neanche farti girare per casa liberamente..."
Allora gli venne l'idea di nasconderlo.
Ne parlò con Flor, che lo portò in soffitta.
"Davvero vuole che lo nasconda?" chiese lei.
"Sì... ti prego, fa' in modo che non vada dove non deve andare" la supplicò lui'
"Non si preoccupi, quassù sarà al sicuro."
"E... Flor...."
"Cosa?"
"Non dirlo a nessuno, ti prego!"
"Non lo dirò a nessuno, stia tranquillo... mi è venuta un'idea: sarà il nostro segreto" disse Flor, entusiasta.
"Il nostro segreto" ripeté lui, e un lieve sorriso gl'increspò le labbra.
Si allontanò e Flor rimase sola con il gattino.
"Oh... tu sarai il nostro segreto: il nostro grande segreto!" disse mettendo la bocca a cuoricino. "Qui starai bene! Non ti muovere, eh? Ti porto un po' di latte."
Ma non fece in tempo a muoversi che Thomas la raggiunse.
"Flor! Flor! Fede ha buttato fuori Tecito!"
"No, Thomas, non l'ha fatto, credimi!"
"Sì, sono sicuro che l'ha fatto! Ma tu che ci facevi lassù?"
"Vieni... te lo dico perché non voglio vederti soffrire... il gatto è qui sopra! L'abbiamo nascosto!"
"Cosa? Ma allora Fede non è cattivo come sembra!"
"No. Non lo è, non lo è..." disse Flor, sorridendo."
La foto le cadde dalle mani e prese a passarsi ritmicamente le mani sulla fronte. Sembrava lui prima di togliersi la maschera da duro: nell'ultimo periodo era sempre così tesa e agitata!
""Oh, quant'è bello quando ride, signor Freezer! È come se s'illuminasse tutto! Escono stelline colorate: da qui... da qui... da qui..." disse indicando il bellissimo viso del suo principe.
Lui aveva provato a congedarsi, dicendo che doveva andare a dormire, ma poi ci ripensò.
"Chi c'è? Oh, Fede... cosa ci fai a torso nudo come quando sei venuto al mondo? Stai male?"
"Sì..."
"Ti senti male? Che ti succede?" gli domandò Flor, e guardando il suo viso sorrise.. "Che ti succede?"
"Mi succede che sono pazzo d'amore per te!"
Si misero a discutere di qualcosa, ma Flor non ricordava cosa fosse... in ogni caso: lui, con quella voce che diventava uno spettacolo quando era così bassa e calda, le aveva sussurrato: "Flor, per favore... per favore, tesoro mio... dobbiamo discutere anche di questo?"
"Che cosa credi, che visto che stiamo fluttuando tra le nuvole colorate non ci sarà più né un sì né un no tra di noi, con il tuo carattere insopportabile?"
"Ah, è solo questo il problema? Il mio carattere insopportabile?"
"Ovvio! Io, se non m'infastidiscono, sono una santa: sono dolcissima e sono calma... come l'acqua immobile di uno stagno."
"Ah, l'acqua di uno stagno!" disse ironico lui.
"Ah, signor Freezer: quanto sarà bello quando romperemo i portacenere, i piatti... quando voleranno le sedie... quando ci romperemo i timpani con le urla... e dopo... faremo la pace con tanti bacetti!"
"E come faremo pace?"
"Con i bacetti. Te lo mostro?"
E avevano preso a coccolarsi...
"Ah, Flor... resterei abbracciato con te per tutta la notte!"
"Io per tutta la vita, Fede!"
Flor sospirò, colta da un pensiero. "Ma perché tutto dev'essere così difficile per noi? Mi fa una rabbia..."
"Non lo so, ma a noi tocca questo, Flor... dobbiamo lottare."
"Sì, dobbiamo lottare: andremo avanti a pugni, sconfiggendo nemici tutta la vita!"
"Lo sai? Con tanti pugni e tanti baci mi è venuta fame... andiamo a cercare qualcosa?"
"Dai! Andiamo in cucina, che è sempre piena di cose buone!" esclamò Flor. Stava per fare un passo, ma lui la fermò prendendola in braccio. "Ah, mi vuoi portare come le spose... che dolce che sei, Fede!"
E quando si recarono in cucina ripresero a stuzzicarsi.
"Sai cosa diceva la mia mamma, Fede?"
"No... cosa?"
"Diceva che noi donne conquistiamo gliuomini per la gola! Tu che dici: è vero?"
"Non lo so... credo che tua mamma ne sapesse un po' di più."
"Io credo che sia vero... perché tu sei qui da quindici minuti e sei attaccato a me come non mai. Vuoi che te ne dia una prova?" Lui assentì. "Per esempio... di chi è questo dolcetto?" disse mostrandoglielo.
"Mio!" esclamò lui, con la bocca a cuoricino.
"No, tutto più sexy deve essere, per esempio..." E Flor ripeté la domanda, con tono ammiccante.
"Mio!"
"Ah, ti è venuto benissimo! E ora te lo do..." Flor gli allungò il dolcetto, ma poi ci pensò e ritrasse la mano. "Mio!"
"Eh no! Quello che si promette si mantiene..."
E stavano per darsi finta battaglia quando entrò il barone."
"È così romantico... e ha persino cercato di proteggermi..." disse tra sé.
""No... no, sarebbe un errore..."
"No, l'amore non è mai un errore." disse Flor, mentre lui si staccava dal bacio.
"Quando il momento è sbagliato, lo è... io non posso amarti come meriti"..."
"Fatine... come faccio a dimenticare un angelo come lui? Come faccio?" disse tra le lacrime.
"Flor..." Thomas entrò nella stanza e vide Flor in lacrime. "Che cos'hai?"
"Niente, amore mio! Sto bene!"
"Non stai bene per niente, Flor! Dai, raccontami cosa ti succede!"
"Non posso... ma se vuoi, puoi aiutarmi lo stesso... con un bell'abbraccio."
Tommy non se lo fece ripetere: strinse forte a sé Flor e le disse piano: "Tu e Fede siete come mamma e papà... io lo so che vi state facendo del male per proteggerci."
Anche Beba li raggiunse.
"Angioletto dolce, Roberta ti sta cercando" disse.
"Va bene, vado" disse Thoas, uscendo.
"Vieni, tesoro" disse Beba, sedendosi sul letto accanto a Flor e facendole posare la testa sul suo petto. "Anche il padrone sta male come te, sai?"
"È stato così dolce con Emma, prima!" disse, lasciandosi andare ad un sospiro.
"Oh... amore... piangi pure, ti farà bene." disse Beba, accarezzandole i capelli. "Così, amore mio... così..."
"Oh, mamma... mamma, fammi dormire per sempre, come la Bella Addormentata..."
Beba non protestò nemmeno: Flor doveva sfogarsi.
"Ora devo dimenticarmi di lui... non posso piangere per lui... non merita di preoccuparsi anche per me: sta già male, il mio principe... non posso farlo soffrire..."
"Cerca di riposare un po', gioia" disse la zia acquisita, aiutandola a sdraiarsi. Dopo un po' Flor si assopì, ma ebbe un sonno agitato.
Beba si alzò lentamente, poi andò a cercare Fede e lo trovò sotto l'albero.
"Oh, padrone... meno male che la trovo" disse a bassa voce.
"Dai: non mi chiamare così... siamo in famiglia, in ogni caso." disse Fede.
"Va bene... so che le costa, ma solo lei può calmare Flor... si è addormentata, ma ha il sonno agitato..."
"Lei c'è stata quando ho avuto bisogno che mi stesse vicino, anche se la cosa la faceva soffrire." disse piano lui. "Grazie Beba."
"Lei è la mia nipotina, le voglio un bene dell'anima" disse Beba, mentre lui si dirigeva nella stanza.
Come aveva detto Beba, Flor si agitava nel sonno. Lui le si avvicinò, le mise le mani ai lati del viso e prese ad accarezzarle le guance candide.
"Signor Freezer..." sussurrò Flor, nel sonno.
"Shhh... dormi, tesoro mio... tranquilla... riposati... per il dolore ci sarà tempo." le disse piano lui, ripetendo le parole che lei gli aveva detto una volta.
Lei si era avvolta nella giacca che gli aveva preso e stringeva al petto Frank, il coniglietto che le aveva regalato Franco quando si era infatuato di lei, ma che considerava il regalo di un amico.
"Non te ne andare..." disse lei, che si stava calmando.
"N-no... non me ne andrò, te lo giuro."
Le lacrime continuavano a spingere, ma lui si ostinava a tenerle dentro.
Lei, sotto il suo tocco leggero, si rilassò del tutto... tanto che la giacca sfuggì alla sua presa, ma lui in un primo momento non se ne accorse.
"Perdonami, Flor.... perdonami se non ho saputo fare altro che farti piangere" disse, dandole un bacio sulla fronte. Avrebbe voluto premere le labbra sul suo ventre, sapere quale sarebbe stata la sensazione che avrebbe provato questa volta, ma non osò muovere la sua maglia per evitare che si svegliasse.
Reina entrò silenziosamente, raccolse da terra la giacca che prima era appartenuta a lui e gliela posò sulle spalle. Quel pezzo di stoffa era diventato speciale, perché aveva unito i corpi di due innamorati che rischiavano di non vedersi più.
Tornò ad avvicinarsi a lei, alla sua Flor, e prese la sua mano. Se la portò sul viso e vi premette contro le labbra per sentirla vicina.
"Questa l'avete condivisa" disse Reina con un filo di voce. "Magari potete passarvela, per sentirvi vicini quando siete lontani."
Quel pezzo di stoffa che copriva le spalle contratte del giovane aveva impresso nelle sue fibre un po' di loro.
Portandolo addosso, lui sentiva le braccia di lei cingergli la vita in uno di quegli abbracci che solo lei sapeva dare. Quel tocco immaginario, come gli aveva detto lei il giorno prima, parve imprimersi sulla sua pelle e nella sua mente, come se qualcuno avesse immerso le mani nella vernice e le avesse premute su di un foglio.
Tutti i ricordi gli passavano davanti agli occhi, sfrecciando come missili, quando Flor, nel sonno, fece un movimento e portò la mano che stringeva la sua sul suo ventre.
"Margarita..." sussurrò nel sonno. Era come se avesse capito che la creatura che aveva scalciato era una bambina e che l'avrebbero chiamata proprio Margarita. Lui assecondò il movimento e quando sfiorò il ventre di Flor, ebbe la sensazione che i petali del fiore che le aveva messo tra i capelli gli scorressero tra le dita... era vero: nel ventre di Flor c'era di certo una bambina, tra quei quattro, e il nome Margarita le piaceva, evidentemente.
"Mi dispiace tanto" sussurrò Reina.
"Stavolta non ci puoi fare niente." provò a confortarla lui'
"Sì, invece: posso fare qualcosa. Deve esserci qualcosa che posso fare, ne sono certa!" esclamò.
Lasciò la stanza e lui rimase accanto a Flor per tutta la notte, almeno fino a quando lei non si svegliò, poi andò via prima che lei lo mettesse a fuoco.
Quando aprì gli occhi, Flor si passò le mani sul viso e quando la mano su cui lui aveva lasciato un bacio passò in rassegna le sue labbra, la ragazza ebbe la sensazione che un abbraccio familiare l'avvolgesse.
"Ah... ho sognato che il mio principe mi accarezzava le guance" sospirò.
"No, Flor... non era un sogno" intervenne Reina. "Stai bene?"
"Sì... è l''allergia stagionale, e... e io..."
"Flor..." disse Reina, facendole capire che non le credeva granché.
"È tutto finito, ti rendi conto? Lui starà con te, e io devo farmi da parte."
"No... Flor, non dire così, non..."
"Non conta tutto quello che abbiamo sofferto... dobbiamo separarci, per i ragazzi... e io mi devo dimenticare di lui... anche se non credo che ci riuscirò mai... devo farlo! Aiutami, alberello, aiutami... non posso cadere nel baratro, per i bambini e per lui, poverino... non posso lasciarlo da solo, non dopo tutto quello che ha fatto per tornare..."
"Tesoro, basta! Basta!" cercò di calmarla Reina. "Io non lo permetterò!"
"Perché?" chiese Flor.
"Perché lui non ama me... lui ama te, e meritate di essere felici, più di chiunque altro!"

Flor 2: l'Amore oltre la Vita ||Fedecienta||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora