(5: L'ostacolo più difficile)

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Torniamo un attimo indietro, al momento in cui Fede aveva perso conoscenza.
"Margarita..." sussurrò Fede, vedendo la donna seduta accanto a lui, che era disteso per terra e si trovava di nuovo in quell'immenso giardino.
"Sei stato molto bravo, caro." gli disse Margarita. "Ma sembra che il Capo voglia qualcos'altro da te!"
"Cosa? Che cosa devo fare?"
"Il Capo vuole che tu passi di nuovo attraverso quello che ti è successo e che ti ha portato qui."
"Cioè... dovrei farmi investire di nuovo?"
"Non ti faresti esattamente investire, ma sarai consapevole del fatto che l'incidente si ripeterà e questa volta avrai del tempo per lottare, ma se non troverai l'uscita per tornare, dovrai ritornare qui... e questa volta dubito fortemente che il Capo ti permetterà di vedere amcora Flor e i tuoi fratelli."
"Cosa?" disse Fede, scattando in piedi. "Ma perché questo?"
"Vedi, salvo quelli che hanno missioni dettate dal Capo stesso, i pochi che tornano aprono una breccia tra questo mondo e quello dei vivi e c'è solo un modo per chiuderla: attraversare nuovamente la causa del loro arrivo qui. Io non volevo dirtelo, ma il Capo ha voluto che ti preparassi al peggio..."
Fede non aveva avuto il tempo di porre domande, perché era stato praticamente sbalzato via ed era entrato di forza nel suo corpo, ora totalmente riformato.
E da allora, nei giorni seguenti, aveva provveduto a tutto. Aveva riunito i tre tutori che aveva scelto per i ragazzi e li aveva praticamente pregati di mettere le loro firme sui documenti. Diceva solo di essere agitato e di non voler ripetere gli errori della sua "vita precedente", come lui la chiamava.
Ma tutti si erano resi conto del fatto che qualcosa non andava, in particolar modo se n'era accorta Flor, che ormai lo conosceva bene ed era proprio a lei che non voleva dirlo, ma per qualche strana ragione sentiva di doverlo fare. Infatti, dopo il loro incontro prima del ritorno, Flor aveva avuto un figlio da lui, perché la prima notte che Fede aveva trascorso in casa come fantasma si erano amati fino in fondo ed erano legati indissolubilmente. Fede non lo sapeva ancora, ma sentiva che qualcosa era cambiato, e Flor esitava a dirglielo, perché lo vedeva nervoso e il presentimento che l'aveva colta il giorno della terza prova da superare era tornato, più intenso che mai.
Erano in camera di lei, insieme, ma sembrava che nessuno dei due avesse voglia di rifugiarsi nell'amore, anche se entrambi ne avevano bisogno.
Quella sera, infatti, Fede non riuscì più a mostrarsi tranquillo. Aveva bisogno di camminare, e lo fece. Si alzò e prese a camminare avanti e indietro, misurando a grandi passi la camera, sfregandosi le braccia che erano coperte di pelle d'oca al solo pensiero di affrontare un'altra volta l'incidente. La prima volta gli era andata male, ma gli era stata concessa un'altra possibilità... peccato che non sarebbe stato possibile chiederlo ancora. Quella era l'ultima possibilità che aveva per tornare a stare con Flor e i ragazzi ed era determinato a non sprecarla, ma non sapeva quanto il destino gli sarebbe stato favorevole.
"Fede... va tutto bene?" chiese Flor.
Lui esitò. Guardava la ragazza seduta sul letto e gli si stringeva il cuore al pensiero di scaricarle addosso un peso del genere.
"Sì... perché me lo chiedi?"
"Eri terribilmente in ansia. Ho chiesto anche a Greta e Matias dopo la storia di quel documento, e mi hanno detto che è sembrato anche a loro che ci fosse qualcosa che non andava."
Prese a tormentarsi le mani. In fondo non voleva davvero saperlo.
Sentiva che il malessere che si celava dietro quegli occhi color dell'oceano le sarebbe piombato acdosso come una valanga e l'avrebbe distrutta definitivamente.
"Non ti va proprio di dirmelo, vero?" chiese dopo pualche istante di silenzio.
"Flor, io... santo cielo, come faccio?"
"Dillo e basta" disse lei. "Qualunque cosa sia, ora stiamo insieme e io desidero che tu la condivida con me, altrimenti non posso aiutarti."
"In effetti è vero... devo parlarti." disse Fede con voce tremante. La ragazza si alzò, gli prese la mano e camminò con lui per la stanza... lo conosceva bene, aveva imparato che quel: "Devo parlarti" non significava niente di buono. Ma la frase che lui pronunciò in seguito non solo fu una conferma, ma la gettò nello sconforto più assoluto, perché le lasciò intendere che si trattava di qualcosa di troppo grande per entrambi e anche dividendone il peso non avrebbero potuto porvi alcun rimedio. "Però... anche se te lo dicessi non potresti aiutarmi. Nessuno può aiutarmi."
"Che significa? Cos'è che devi dirmi?"
Il suo tono venne fuori più alto di quanto lei volesse, ma lui comprese che non era arrabbiata, ma preoccupata.
"Vedi, il fatto è che io... per restare qui... devo affrontare un'altra volta l'incidente."
"Cosa?" Flor si sentiva quasi mancare.
E c'era un'altra persona che aveva quasi avuto un mancamento, perché aveva ascoltato tutto, e quello era proprio Matias, che pure ne aveva passate tante insieme a loro. Non ebbe il coraggio di ascoltare il resto. Quello gli bastava, e per qualche ragione sentiva di doverlo sapere.
Flor, d'altro canto, volle sapere tutto quanto. Aveva bisogno di una speranza, anche piccola, alla quale aggrapparsi.
"Come l'hai saputo?" chiese.
"Ricordi quando sono svenuto? Mi avevano riportato lì. È stata tua madre a dirmelo. Lei era il mio supervisore" disse Fede, sforzandosi di non piangere.
"Non può essere... non può essere vero" sussurrò la ragazza, voltandosi dall'altra parte e cercando di soffocare un singhiozzo. Tentativo inutile, perché quel singhiozzo fu seguito da molti altri e da quello scaturì un pianto disperato, come da una scintilla può nascere un incendio. E così si sentiva Flor: con il cuore incendiato da un dolore che lo bruciava come acido.
"Ehi! Sono ancora qui, tesoro... ehi!" cercò di riscuoterla lui.
"Per questo avevi tanta premura di farci mettere quelle firme... volevi che non ci fosse impedito di occuparci dei bambini in nessun modo... era questo l'errore della vita precedente, è così?"
Lui fece un cenno d'assenso con la testa, incapace di parlare.
"Non può essere! È un incubo! È terribile!"
"Non fare così, piccola, ti prego!" le disse Fede, spostandosi di fronte a lei e facendole girare il viso in modo che lo guardasse. E glielo disse: "Ti prego, guardami! Guardami, piccola..."
"Perdonami... perdonami." balbettò lei.
"Cosa dovrei perdonarti, piccola mia?" le chiese lui.
"Sei tu che sei stato praticamente quasi condannato per la seconda volta, e invece di confortarti e incoraggiarti a sperare io so solo disperarmi, perché ho una maledetta paura di perderti e..."
"E...?" chiese lui.
Flor stava per dirgli della sua gravidanza, ma non ne ebbe il coraggio. Sapeva che l'avrebbe gettato in uno sconforto persino maggiore instillando in lui un altro dubbio: avrebbe visto da vicino i suoi figli crescere? Avrebbe potuto giocare con loro come sperava da sempre? Quindi la sua conclusione fu: "Ho un maledetto bisogno di te."
"No, ti prego! Non fartene una colpa."
Ma lei sentiva di doverlo fare, di doversi sentire in colpa, perché, mentre sua sorella aveva fatto di tutto per far credere di essere incinta, Flor sentiva di dover fare esattamente il contrario.
Fede la strinse a sé e Flor dovette staccarsi da lui un attimo prima che la creatura che le cresceva dentro, seppure minuscola, si muovesse. Non poteva permettere che lui la sentisse.
Ma per fortuna un dubbio colpì la ragazza appena in tempo, facendola sussultare così forte che Fede non si rese conto del distacco e del movimento.
"E i ragazzi? Cosa diremo ai ragazzi?"
"Dobbiamo dirglielo insieme, cercare di prepararli senza ferirli troppo." disse Fede. "Ti ricordi com'è andata l'ultima volta?"
Lui aveva saputo dopo molto tempo come la strega aveva rivelato ai ragazzi che, in seguito al coinvolgimento in un incendio, Flor era stata ricoverata in ospedale, in gravi condizioni, e non voleva che la cosa si ripetesse.
"Allora faremo del nostro meglio" disse lei, e subito dopo si scambiarono un lungo bacio, nel quale era compreso tutto quello che provavano e lui lasciò la camera. Flor, sconcertata, stanca e triste, si lasciò cadere sul letto.
Dei colpi delicati alla porta la fecero sussultare. Lei si alzò di scatto e andò ad aprire, scacciando via le lacrime e asciugandosi il viso.
Quello che si trovò di fronte, però, era il volto del migliore amico dell'uomo che amava, distrutto dal dolore.
"So tutto." riuscì a biascicare lui con un filo di voce.
"Matias... io... io non riesco a credere che sia vero!" si lasciò sfuggire lei.
"Devi dirgli del bambino, Flor" le disse a mezza voce l'avvocato, dopo aver chiuso la porta e averla fatta sedere di nuovo sul letto.
"Non posso, non posso dirglielo!" disse lei. "Ti rendi conto di cosa significherebbe per lui se lo sapesse adesso e non..."
Non osò terminare la frase, per cui fu lui a farlo, anche se con il cuore infranto solo al pensiero di pronunciare quelle parole terribili.
"E non riuscisse a sopravvivere..."
"Sì! Non lo sopporterebbe... non riuscirebbe a sopportarlo!"
"E se invece lo venisse a sapere dopo?"
"Se lo venisse a sapere dopo... cosa?"
"Non pensi che starebbe male comunque?"
"Sì, ma darebbe tutta la colpa a me, perché non gliel'ho detto. Preferisco che ce l'abbia con me piuttosto che con se stesso, come l'ultima volta."
E di nuovo le lacrime presero a scorrerle lungo le guance.
"Lui... lui ce la farà. Lui deve farcela" le disse Matias, anche se sembrava che parlasse più a se stesso che a lei. E si trovarono stretti in un abbraccio fraterno, non sapendo nemmeno loro se fossero stati travolti dal dolore di perdere qualcuno per la seconda volta o dalla speranza di poterlo recuperare una volta pel tutte.
(Nota Autrice: questa l'ho trovata in spagnolo, e anche se la voce della cantante non somiglia tanto a quella di Flor, provate a immaginare che sia lei a cantare.)

Flor 2: l'Amore oltre la Vita ||Fedecienta||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora