103: Gli occhi del mostro

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L'avvocato finalmente si convinse ad andare da Maya.
"Mia sorella è in camera di Flor." gli disse rapidamente Fede.
Lui si limitò ad annuire e vi si recò rapidamente. Vide Flor seduta sul letto accanto a Maya, con una mano stretta in quella della ragazza. Sospirò guardandola: Flor aveva un che di materno nei confronti dei ragazzi.
"Matias..." sussurrò, vedendolo fermo sulla porta. "Vieni, entra."
"Sei sicura che posso?" chiese lui.
"Ci mancherebbe! Sarà felice di vedere che sei venuto a controllare come sta."
"Si è calmata, vedo" disse a bassa voce per evitare di svegliare la ragazza.
"Sì, povera piccola! Siete stati tutti molto coraggiosi, sai?" disse gentilmente Flor, lasciando ndare delicatamente Maya e facendo cenno a Matias di prendere il suo posto accanto a lei.
"Se solo penso che per colpa di quella strega e di quel tipo stavo per perderla e non ho potuto neanche aiutarla io..."
"Non pensare al peggio! L'importante è che sia andato tutto bene" cercò di rassicurarlo Flor. "È vero, sembra che sulla nostra famiglia sia caduta una maledizione, ma al tempo stesso le fatine, gli angioletti e i folletti del bosco ci guardano e ci proteggono sempre da chiunque tenti di farci del male..."
"Spero solo che ci aiutino a sfuggire alle angherie di quella brutta strega!"
"Sono sicura di sì" lo rassicurò Flor.
Matias la guardò: il volto della ragazza era dolce, luminoso, trasmetteva un senso di pace, come quello di Maria Fritzenwalden: la donna che l'aveva praticamente cresciuto. Le passò un braccio attorno alle spalle, la strinse a sé e le diede un leggero bacio sulla guancia per poi dirle con orgoglio: "Sei una degna signora Fritzenwalden."
"Tu, invece, sei l'amico di famiglia, il fratello adottivo, il cognato acquisito più speciale che sperassi di avere. Il mio Freezer se lo merita eccome un amico come te!"
Gli rivolse un sorriso, poi si staccò dolcemente dall'abbraccio e si diresse verso la porta. Uscì con passo leggero, ma comunque lesto, e chiuse la porta dietro di sé con cautela, lasciandoli da soli.
Fede era in corridoio e quando la vide le si avvicinò e le posò le mani sulle spalle, facendola sobbalzare.
"Lo so che non sono un granché, ma non ti spaventare, piccola Flor!" le disse.
Le guance della ragazza si tinsero di un color rosso acceso e lei, percependone il calore, abbassò il viso.
"Da quando sei tornato sei sempre così duro con te stesso!"
"Sarà la legge dell'"occhio per occhio, dente per dente"!" le disse lui. "Me la sono presa troppo spesso con te e ora visto che tu non te la prendi con me, lo faccio io autonomamente!"
"Ti darei un bacio se non temessi che quella brutta strega ci mandi una spia."
Dicendo questo, Flor cambiò espressione e Fede comprese che era sul punto di scoppiare in lacrime. Anche lei si era spaventata terribilmente per quello che era appena successo.
"No... no, Flor, ti prego!" le disse. "Aspetta... devo darti una cosa che ho dimenticato $i avere con me!"
Si tastò la tasca della maglietta, ma prima di tirare fuori l'oggetto le mise una mano sugli occhi, spostandosi alle sue spalle per stare un po' più comoda.
"Perché mi hai coperto gli occhi?" gli chiese Flor.
"Allunga la mano" le disse lui semplicemente.
"Non vorrai mica mettermi in mano un insetto, signor Freezer!" disse Flor.
"Ancora non mi conosci? Non sono il tipo che fa queste cose, e tu lo sai..."
Flor, esitante, tese una mano e lui vi fece scivolare sopra un oggetto rigido e caldo... caldo... di un calore speciale che nessun altro oggetto poteva avere. Flor chiuse la mano, stringendo tra le dita quel qualcosa... @bum-bum.... bum-bum... bum-bum... sentiva un cuore battere sotto quella superficie calda.
"La mia noce!" esclamò Flor, sorpresa.
"Avevo dimenticato di restituirtela, mi dispiace." le disse gentilmente Fede.
"Ma... ma se non me l'hai ridata, vuol dire che ti serve ancora" protestò Flor agitata. Strinse ancora la noce, sentendo sotto le dita il battito del cuore della sua mamma.
"Io ho te, amore mio. Non posso mostrare i miei sentimenti troppo chiaramente, perché ho la strega appesa al collo come una sanguisuga, ma posso chiudere gli occhi, immaginarti vicina e abbracciarti nei sogni, e questo per me è sufficiente. Tu hai anche i nostri figli nel tuo ventre, e poi la noce è della tua mamma, che l'ha data a te... e serve molto più a te che a me, capito?"
Flor lo abbracciò, istintivamente, ma si rese conto subito del fatto che qualcosa non andava. Vide il volto del giovane congestionato dal dolore e si ritrasse di scatto.
"Oh santo cielo, che ti è successo?"
Lui si portò una mano alla base del petto e strabuzzò gli occhi, sofferente.
"Credo... che quando mi sono trasformato in fantasma e ho travolto Francisco lui... ah! Mi abbia... m-mi abbia dato un pugno dritto nelle costole e... e quando mi trasformo sento dolore a scoppio ritardato... ahi, accidenti!"
"Oh santo cielo!" esclamò la ragazza, più agitata che mai, al punto che gli crollò addosso, facendolo gemere di dolore. "Oh, scusa, scusa, scusami!"
"Niente, niente!" la tranquillizzò lui.
"Vuoi che chiamiamo un medico, Fede?" chiese preoccupata Flor, vedendolo piegarsi sulle ginocchia per il dolore.
"No, lascia stare! Non me le ha rotte, altrimenti farei fatica a respirare per il dolore" le disse lui con un sospiro.
Un gemito proveniente dalla camera dei bambini li fece voltare di scatto.
"Oh santo cielo! Come faccio con Martin?" _saltò su il giovane, agitato.
"Con Martin? Che cosa vuoi dire?"
"Se gli viene un altro attacco di febbre e non riesce a tirarsi su, io che faccio? Come faccio a tirarlo su, Flor("
Flor lo guardò con ammirazione: lui era buono, si metteva sempre in secondo piano. Neanche con le costole ammaccate smetteva di preoccuparsi per i ragazzi.
"Ci penso io a Martin" intervenne Bella. "Io e Nico siamo tra i pochi a non essere stati toccati da quel mostro di mio padre, e questo è il minimo che io possa fare per... per chiedervi scusa per quello che è successo stanotte... e per il tuo incidente, Fede."
Gli occhi della ragazza erano leggermente lucidi, ma lei si sforzava di non mostrarsi fragile. Suo padre di solito non la toccava perché, a differenza di Emma che era rimasta traumatizzata da quello che lui le aveva fatto, lei reagiva a ceffoni e grida. Con lei quel maniaco non provava gusto.
"Tesoro" disse Flor, profondamente scossa, "non devi scusarti di niente. Non è mica colpa tua se tuo padre è..."
Flor si morse nervosamente le labbra.
"Ti fa molto male?" chiese Bella, rivolgendosi questa volta a Fede.
"Non preoccuparti. Anzi: ti ringrazio" le rispose lui rivolgendole un sorriso.
Bella ricambiò, poi si diresse nella camera dei bambini. Martin era agitato.
"No... no, no, per favore, no!" $iceva nel delirio. Bella si avvicinò per sentirgli la fronte, ma si ritrasse senza neanche toccarlo per quanto scottava.
"È da molto che sta così?" chiese ai ragazzi, tutti ben svegli.
"Credo da mezz'ora" rispose Robertina.
"Accidenti! Il letto è di nuovo fradicio."
Bella prese in braccio Martin, che tremava come una foglia, mentre Pas si precipitava in bagno per prendere un asciugamano e gli altri cambiavano di nuovo le lenzuola.
"Non ti voglio perdere! Non ti voglio perdere!" continuava a ripetere Martin.
"Tesoro, non preoccuparti." disse Bella asciugandogli le spalle. Paradossalmente, nonostante la febbre, Martin aveva le mani ghiacciate.
"Flor! Fede! Mamma! Papà!" prese a biascicare il ragazzo, in preda ad un attacco di panico.
"Flor e Fede stanno bene, non ti devi preoccupare, amore mio!" esclamò Pas, mentre Bella rimetteva Martin a letto.
Si avvicinò e si mise nel letto vicino, allungandosi verso Martin e abbracciandolo da dietro, premurosa. Ne avevano passate così tante, insieme!
"Martin associa Flor e Fede ai suoi genitori... beh, un po' anch'io lo faccio, a dire il vero, perché sono loro che di solito si occupano di tutto." spiegò poi, rivolgendosi a Bella. "Non sai quanto è stato male quando... beh... oh santo cielo, scusami!" Tutti, spesso e volentieri, dimenticavano che, purtroppo, era stato il padre di Bella ed Emma a rovinare le loro vite quando aveva strappato la vita al capofamiglia senza far tanti complimenti. Si poteva dire che, con il suo ritorno, fossero in un certo qual modo rinati un po' tutti.
"Non posso credere che mio padre abbia potuto fare una cosa del genere" disse a bassa voce la ragazza, sfregandosi una mano sulla fronte, con troppa violenza, tanto che finì con l'irritarsi la pelle.
"No, ferma!" Nicolas le andò alle spalle e le fermò il braccio. "Non è colpa tua se tuo padre ha fatto quel che ha fatto, e poi mio fratello è tornato, sta bene... stiamo tutti bene, tesoro!"
Ma quel giorno sembrava che qualcuno volesse costringere Bella a vedere cosa effettivamente era accaduto quel giorno maledetto, quello in cui la vita della famiglia Fritzenwalden era cambiata per sempre.
Un bar all'angolo di una strada. Un uomo seduto su una sedia a rotelle senza che ve ne fosse alcuna necessità. Un altro uomo $i bell'aspetto, impegnato con la sua avvenente madre. Le stava dando un addio. Un addio letale.
Suo padre, quell'essere mostruoso, li stava spiando, scoprendo che quel Conte non era affatto gay, che se la intendeva con sua moglie. Gli occhi del mostro furono accecati da lampi d'odio.
"Ti voglio ammazzare! Ti voglio ammazzare!" ripeteva a mascella serrata.
E, purtroppo, non era una frase fatta. Lui voleva davvero uccidere quell'uomo.
Si lanciò in una corsa folle, mirando dritto al Conte, che camminava per la strada senza badare a nulla, come sempre. Chi invece badava fin troppo a ciò che lo circondava era il povero Fede che, vedendo sopraggiungere l'auto dal lato destro della carreggiata, gridò: "ATTENTO!"
Il Conte, però, non realizzò in tempo.
Con i riflessi di un supereroe, Fede gli si buttò addosso, dandogli uno spintone che lo mandò al tappeto, ma non ebbe il tempo di spostarsi e l'auto lo travolse in pieno, per poi lasciarlo lì.
Francisco non si era accorto di aver colpito la persona sbagliata. Non si era accorto di aver appena rovinato un gran numero di vite in un colpo solo. E intanto, l'uomo disteso a terra @non accennava a reagire: se ne stava lì, con gli occhi ribaltati all'indietro, le braccia allargate a formare una croce ed una ferita aperta al torace. La gente gli si accalcava attorno, gridando, ma l'uomo ormai non sentiva più nulla... o meglio: il suo corpo non sentiva nulla, perché la sua anima se n'era distaccata.
"No... no, no!" sussurrò, terrorizzata.
"Bella, che ti prende?" chiese Thomas.
"Ragazzi... restate un momento qui, per favore!" disse Bella correndo fuori.
Si precipitò sotto l'albero di Flor e si lasciò scivolare a terra, in lacrime.
Ma non fu l'unica ad avere quell'incubo, solo che lei era sveglia a differenza della sua sorellina e di Maya.
La piccola Fritzenwalden fu la prima a destarsi, quando vide in sogno suo fratello privo di vita dopo l'incidente.
"No... no, per favore, no!" supplicava.
"Ehi! Ehi piccola, svegliati!" la scosse Matias per riportarla alla realtà.
La ragazza si destò del tutto e i suoi occhi si riempirono @subito di lacrime. "Ehi... che ti prende? Cos'hai sognato per ridurti in questo modo, amore mio?"
"Lo odio, lo odio, lo odio!" prese a ripetere Maya. "Odio quel tizio! Mi ha quasi strappato mio fratello, lo odio con tutta l'anima, Matias... lo odio!"
"Litigavate quasi sempre, tu e tuo fratello, ma probabilmente tu sei quella che gli vuole più bene!" disse l'avvocato stringendo a sé la ragazza. "Ehi! Lui è qui, sta bene.. ce l'ha fatta! Sai quanto è testardo, quando lo desidera... e quel tizio è stato preso, finalmente! È finita! Va tutto bene."
"L'ho guardato negli occhi, Matias..."
Maya prese a respirare affannosamente. Lo sguardo glaciale di quell'uomo le penetrava fino in fondo all'anima. Gli occhi che aveva visto, che aveva guardato fin troppo bene pur essendo terrorizzata, erano ghiacciati. Aveva rivolto la parola "ghiacciolo" alla persona sbagliata per quasi sette anni. Lo sguardo furioso di suo fratello era un niente in confronto a quello di quel mostro infernale. In quegli occhi aveva visto l'auto in corsa, l'obiettivo e poi suo fratello che buttava a terra quell'obiettivo, prendendo il suo posto.
Aveva visto come aveva perso la vita il povero Fede solo guardando gli occhi di quella creatura deprecabile. Quell'uomo solo fisicamente, che non aveva nulla a che fare con un uomo. E lo odiava: odiava quell'essere! Per la prima volta aveva sperimentato il vero odio. Per il Conte provava antipatia, ma quello che provava guardando negli occhi l'assassino di suo fratello era puro e semplice, per quanto orribile, odio.
"L'ho guardato negli occhi e ho visto quello che è successo a Fede quel maledetto e stramaledetto giorno!" disse a mezza voce Maya. Era così scossa che avrebbe voluto urlare, ma solo a pensare a quello che aveva visto le faceva male tutto, persino la gola, e non riusciva quasi neanche a parlare.
"Maya! Maya, ti prego, torna in te!" le disse Matias, scuotendola forte poiché quella visione si era ripresentata. La ragazza ritornò alla realtà. "Lui è in prigione. Ci penserà la giustizia a fargli cascare i denti!"
Nel frattempo anche Emma era appena riuscita a riprendere sonno, ma il suo incubo era stato persino peggiore, perché dopo l'incidente, suo padre si era recato nel posto in cui la teneva e l'aveva praticamente conciata per le feste solo per sfogare la sua frustrazione. Diceva se quel ragazzo non si fosse messo in mezzo, lui avrebbe fatto giustizia e non provava neanche un po' di senso di colpa per aver spezzato la sua vita senza complimenti. Si svegliò terrorizzata, portandosi le mani al viso. Era spaventata e furiosa.
Sì, per la prima volta provava furia verso suo padre, perché quel maledetto giorno, mentre lui la torturava, anche lei, guardando i suoi occhi da serpente, aveva potuto vedere cos'era successo...
"Hai ammazzato un uomo..." sussurrò la piccola, guardandolo mentre lui le legava i polsi.
Francisco strinse i denti: aveva ancora l'immagine di quel giovane davanti agli occhi... quello che si era frapposto fra quel donnaiolo e la sua auto per salvarlo, dandogli uno spintone. Aveva appena visto il corpo ed era rimasto di sasso vedendo che aveva sbagliato uomo. Chi gliel'aveva detto d'intromettersi?
"Chiudi la bocca, strega!" disse a sua figlia, ma stavolta la ragazzina non rimase inerme. Immaginò che le corde che la legavano si disintegrassero e queste scomparvero direttamente. Francisco le tirò uno schiaffo, urlandole contro, ma stavolta lei decise di reagire.
"QUELL'UOMO AVEVA UNA FAMIGLIA DA PROTEGGERE, UNA DONNA CHE AMAVA, MOSTRO!" gli urlò contro, tempestandolo di pugni con una forza che non avrebbe mai immaginato di avere. "SEI UN ESSERE SPREGEVOLE! CHE TI AVEVA FATTO QUELL'UOMO?"
"Lasciami, sporca fattucchiera!" biascicò lui quando Emma si fermò un istante, e questo la irritò ancora di più, tanto che gli assestò uno schiaffo: uno schiaffo forte quanto tutti quelli che lui le aveva dato messi assieme, mandandolo a rotolare per terra.
"HAI AMMAZZATO UN VERO UOMO, MOSTRO!" tornò a gridare, infuriata...
Quella era l'unica volta in cui aveva preso a pugni e schiaffi suo padre. Quel mostro orribile che era suo padre.
Agitata, si alzò di scatto dal letto e prese a correre, cercando Fede.
Era talmente scossa che non si accorse di essere arrivata vicino alle scale, si buttò a capofitto in una corsa folle e cadde lateralmente, rotolando giù per la scalinata di casa Fritzenwalden. Quella scalinata sembrava maledetta: tutti cadevano giù e si facevano male...
Sia Fede che Franco accorsero a vedere, udendo il colpo, e rimasero di sasso quando videro la ragazzina distesa per terra, con gli occhi chiusi e un bernoccolo enorme al lato della testa.
"Oh santo cielo! Amore mio! Amore, ti prego, svegliati!" supplicava Franco. Provò ad alzarla da terra, ma tremava a tal punto da rischiare di farla cadere.
"Aspetta..." disse a mezza voce il fratello, inginocchiandosi a terra. "Ci penso io!"
"Come farai? Hai preso una botta nelle costole, ti farai male!" esclamò Franco, esagitato.
"Tu non ti preoccupare, va' a prendere l'auto, che tenere uno sterzo è più facile che tenere in braccio una persona in questo stato" disse lui, sbrigativo.
Franco corse giù e Fede si chinò sulla piccola Emma e le batté delicatamente le mani sulle guance, ma senza successo.
"Va bene... non è niente." continuava a ripetersi, per autoconvincersi di non avvertire dolore. Sollevò delicatamente la ragazza, ma quando il suo corpicino entrò in contatto con la zona dello sterno del giovane, questi fu attraversato da una fitta tremenda e storse la bocca mordendosi le labbra per impedirsi di gridare.
In quel momento lo raggiunse Pedro.
"Lasci che l'aiuti, signore." gli disse prendendogli la ragazza dalle braccia.
"Grazie... Pedro..." biascicò lui, cercando di rimettersi in piedi.
"Deve farsi vedere anche lei, signore."
Lui si limitò a fare un cenno d'assenso con la testa, per moi aggrapparsi al corrimano e scendere giù insieme a lui.
Si trovarono tutti in macchina: Pedro, come ai vecchi tempi, alla guida, Fede seduto accanto a lui e Franco dietro, con la sua ragazza sdraiata sulle gambe.
Quando giunsero in ospedale, Franco sembrava un pazzo: implorava medici e infermieri di salvare il suo amore, di fare in modo che non accadesse nulla, e per sicurezza i medici portarono dentro anche Fede, per accertarsi che la sua lesione allo sterno non fosse grave. Per fortuna non c'era niente di rotto. Fu sufficiente comprimergli il torace con una fasciatura, perché c'era una lieve incrinatura, ma niente di grave...
Per la piccola Emma non si sapeva ancora nulla: era in uno stato d'incoscienza e non sembrava essere in pericolo, ma i medici, non essendone completamente certi, non poterono rilassarsi.
Trovandosi in ospedale, Fede passò a trovare il Conte. Sembrava che stesse meglio, almeno a primo impatto.
"Ehi, Massimo! Come ti senti?" chiese gentilmente per poi prendergli la mano.
"Ciao..." salutò a mezza voce il Conte per poi fare l'atto di sedersi, ma Fede lo spinse gentilmente indietro.
"Resta disteso, non c'è bisogno" disse.
Massimo si limitò ad annuire stancamente.
"Sto per darti una buona notizia. Quel tizio che ti dà il tormento è finito in prigione, finalmente!" gli disse Fede.
Il volto di Massimo si aprì in un sorriso.
"Davvero?" chiese sorpreso.
"Davvero! È venuto a casa mia a dare il tormento alla mia famiglia e questo è stato il suo più grande errore" rispose Fede, con un sorriso altrettanto grande.
Questo sembrò essere un toccasana per quell'uomo, che vedeva la sua coscienza alleggerita di una parte di quel peso opprimente che da tempo lo perseguitava.
Nel frattempo Emma aveva riaperto gli occhi. Franco era rimasto accanto a lei per tutto il tempo, tenendole la mano.
"Ehi! Piccola, come va? Come ti senti?" le domandava preoccupato, sentendola gemere leggermente.
"Franco... perdonami..." sussurrò lei.
"Cosa dici? Cosa ti dovrei perdonare?"
"Tuo fratello... è stata colpa mia..." sussurrò la ragazza, cercando di tirarsi su a sedere, ma Franco la fermò.
"Di che parli?"
"L'incidente... mio padre... è stata colpa mia" sussurrò Emma, impallidendo.
Lui sopraggiunse proprio in quel momento, con la fasciatura al torace.
Vide che la ragazza si era ripresa e si avvicinò velocemente al suo letto.
"Piccola, sono qui!" le disse. "Cos'è questa storia? Di cosa ti senti in colpa?"
"Ti ho rovinato la vita... ti ho rovinato la vita..." ripeteva a pappagallo la ragazza.
La guardò con sorpresa: i suoi occhi erano praticamente rossi, aveva l'orecchio coperto di graffi ed era tesa e terribilmente triste.
"È tuo padre che mi ha rovinato la vita e tu non ti devi sentire in colpa, hai capito?" le disse gentilmente. "È per questo che sei caduta giù dalle scale?"

Flor 2: l'Amore oltre la Vita ||Fedecienta||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora