(67: La sorte di Alberto)

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Flor e Fede tornarono a casa. Flor era tesa: l'idea di mettere al corrente Sofia della vera sorte di suo padre la faceva agitare... insomma: Sofia forse si sarebbe arrabbiata per essere stata l'ultima a sapere la verità e avrebbe desiderato aiutare suo padre, ma la stessa Flor aveva chiesto alle sue fatine e l'unica risposta che aveva ottenuto era stata un: "Non puoi fare nulla per lui, Flor... ma puoi amarlo."
"Flor! Flor!" la riscosse Fede, schioccandole le dita davanti al volto.
"Oh... don Freezer..." sussultò lei. "Che fai? Mi hai fatto prendere un colpo!"
"Dov'eri finita con quella testolina?" le chiese lui spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro.
"Dov'ero? Beh, ero con mia sorella..."
"So che hai paura della reazione di Sofia, ma la cosa migliore è che sappia la verità da voi piuttosto che da sua madre. Hai idea di come glielo direbbe?"
"Se glielo dice come ha detto ai bambini cosa mi era successo stiamo freschi!"
"Appunto. Per questo: ora entriamo, tu prendi un bel respiro profondo e se vuoi dico io a Sofia che Reina si è svegliata e le vuole parlare..."
"No! No, non ti voglio coinvolgere più di quanto non abbia già fatto, tesoro!"
Lo guardò implorante, poi aggiunse: "Ma ti prego, prima che entriamo abbracciami... sentirti vicino mi calmerà un po'" sussurrò, agitata. Fede non se lo fece ripetere: le cinse la vita con le braccia, tenendola vicina al suo corpo scolpito, e la baciò sulla fronte. Lei posò l'orecchio sul suo petto e ascoltando il suo battito ritmico parve calmarsi.
Anche lui pareva rassicurato dal calore del corpo di quella fantastica ragazza.
Aprirono la porta e lui le diede un ultimo bacio sulla guancia prima di entrare.
"Sofia! Sofia, tesoro!" chiamò Flor.
Sofia era in salotto, seduta su un divano, con Bata che le cingeva la vita e non faceva altro che sorridere.
Flor e Fede si scambiarono uno sguardo: erano dispiaciuti all'idea d'interromperli.
Ma fu la stessa Sofia a fermare Bata.
"Aspetta... ehi, ragazzi... è successo qualcosa a Reina?" chiese Sofia, vedendoli incerti.
"Ecco, lei... lei si è svegliata... e vorrebbe parlare con te" balbettò Flor.
"Con me?" chiese Sofia.
"Sì... sì, ecco... di una questione che ha a che fare con... con papà..."
Sofia non capiva: che c'entrava suo padre? Lui non c'era più, in fondo, no?
In ogni caso si diresse in ospedale ed entrò subito nella stanza di Reina. Quest'ultima si allungò verso di lei e le allacciò le braccia attorno al collo.
"Reina! Che è successo alle tue gambe? Perché non..." balbettò Sofia.
"Tranquilla, tranquilla, non è niente!"
Reina sapeva che Sofia si sentiva molto in colpa per quello che le era accaduto e non avrebbe voluto che si sentisse colpevole per il suo periodo in carrozzina.
"Ehm... bene... io... io vi lascio... da sole... avrete molto da dirvi."
E detto questo Fede si voltò verso la porta.
"No, aspetta... prima lascia che ti dia un abbraccio, ti prego!" disse Reina. "Devo ringraziarti per tutto, Fede!"
Flor sorrise a quell'uscita e Fede le si avvicinò e le cinse la vita con le braccia.
Quell'abbraccio fu lungo e intenso, ma era senz'altro l'abbraccio tra due amici che si vogliono un bene dell'anima.
Dopo aver salutato anche Sofia e Flor il giovane si diresse verso la porta e la chiuse con delicatezza.
Subito dopo si mutò in fantasma e cercò di ricordare dove potesse trovarsi il suo padrino.
L'avrebbe recuperato e messo al sicuro.
Fu affiancato da suo padre, che gli posò una mano sulla spalla, facendolo voltare verso di sé.
"Ti aiuterò io, ragazzo!" disse. "Hai fatto bene a trasformarti in fantasma... ai guardiani della strega funzionano solo l'udito e la vista e se da fantasma scegli che non possano né vederti né sentirti ti sarà più facile entrare. Il problema sarà portare fuori di lì Alberto. La luce del Sole gli provocherà dolore, lo farà gridare, e allora sarete in pericolo."
"Come faccio a coprirlo?" chiese Fede.
"Dovrai strapparti parte della veste da fantasma... e dopo dovrai correre!"
Fede si limitò a fare un cenno d'assenso.
"Ma c'è un problema: io non so dov'è... non esattamente, almeno, e non chiederei mai a Flor dov'era quel posto!"
"Tu non lo sai, ma io sì, caro ragazzo! Ti guiderò io." disse Fritzenwalden Senior rivolgendogli un sorriso. E, in gran segreto, i due si diressero verso la prigione.
Intanto le tre sorelle Santillan, sedute l'una accanto all'altra, si erano prese le mani e la primogenita, che non aveva mai smesso di pentirsi per aver maltrattato le altre due tempo addietro, si era incaricata di dare alla più piccola la notizia più bella, e insieme più straziante, della sua vita.
"Flor mi ha detto che volevi parlarmi di papà" disse Sofia, nervosa.
"Sì, tesoro. Senti... tu lo sai che ci sono capitate molte cose strane, no?" cominciò Reina.
"Sì... sì, lo so... le stranezze sono iniziate quando Fede se n'è andato..." assentì Sofia.
"Ecco... una di queste stranezze... ha qualcosa a che vedere con papà" proseguì Reina, respirando profondamente. Flor avrebbe voluto intervenire per aiutarla a dare la notizia, ma Reina le accarezzò il viso con fare rassicurante.
"Sai, quando Flor è stata rapita è stato messo un mostro a guardia della sua cella... e dopo un po' Flor ha scoperto che la luce lo metteva in fuga, perché gli provocava dolore... ne ha usata un po', solo per cercare di allontanarlo dalla porta, ma poi lui si è sentito male. Flor voleva aiutarlo e, quando gli si è avvicinata, ha notato che aveva una cicatrice su di un orecchio. L'ha stretta e quell'essere è diventato... è diventato nostro padre!"
Sofia non sembrava capire.
"Che vuol dire, Reina?" chiese nervosa mentre Flor da un lato e Reina dall'altro le prendevano le mani nel tentativo di calmarla.
"Nostro padre è vivo, Sofia." spiegò Reina. "La mamma ci ha sempre mentito. Quando lui le ha detto che era perdutamente innamorato della mamma di Flor, anche se lei dopo tutte le volte che l'aveva illusa non voleva più saperne niente di lui, la mamma l'ha trasformato nell'essere di cui ti stavo parlando prima e ogni giorno lo... lo tortura con... con la luce!" Reina serrò la mascella e strinse nella sua la mano della piccola Sofia, che aveva gli occhi pieni di lacrime.
"E non possiamo fare niente per lui?" le chiese Sofia, speranzosa.
"No... l'unico modo per spezzare la Maledizione è che mamma perda i suoi poteri... o direttamente la vita." sussurrò Reina.
"È... è per questo che non volevo che lo sapeste..." sussurrò Flor, "ma Reina mi ha sentita mentre lo dicevo a Fede... e... e lui non ha colpa, io gli ho fatto promettere di non dire nulla!"
Ma Sofia non era arrabbiata con loro. Era con sua madre che ce l'aveva, e anche tanto... perché quella vecchia strega sapeva che le sue figlie non avrebbero mai osato farle del male, e che Alberto sarebbe stato condannato ad una vita d'inferno. A quel punto cominciò a piangere disperata, e Reina, trattenendo le lacrime, l'attirò a sé e la strinse in un caloroso abbraccio. Flor si aggregò alla stretta e, dopo un tempo che sembrò interminabile, tutt'e tre si lasciarono andare al pianto.
Intanto, Fede e Derick erano giunti a destinazione.
La strega era arrabbiata: Flor e Reina erano state previdenti e ora anche "quella stupida della sua figlia minore" conosceva la verità... era entrata nella cella e aveva preso a torturare Alberto con la luce. Questa era così forte da fargli lo stesso effetto di cento frustate date in una volta sola.
Il povero Alberto, però, ormai non riusciva nemmeno più a gridare, e questo irritava ancora di più la strega, ammesso che fosse possibile.
"Oh mio Dio... è terribile!" sussurrò, sconvolto, il povero Fede. "Quest'essere intriso di malvagità è la nostra madrina!"
"Hai ragione, caro figliolo... abbiamo sbagliato a concederle la nostra fiducia."
"Non possiamo entrare, vero?" chiese Fede, che avvertiva dolore solo a guardarlo. L'empatia è una brutta bestia, a volte.
"No, purtroppo no! Se Marialaura si accorgesse del fatto che suo marito sta volando, tirato su da chissà cosa, potrebbe insospettirsi e scatenargli contro di tutto. E poi, tu sei un fantasma finché le forze te lo permettono. Dobbiamo aspettare che se ne vada!" rispose Derick.
"Sì, ma è orribile... lo sta straziando!"
"Tranquillo, a breve andrà via" provò a rassicurarlo il signor Fritzenwalden.
Infatti, dopo cinque minuti di quello strazio, finalmente la strega andò via.
Era così arrabbiata che dimenticò di mettere a guardia della cella altri mostri.
Fede e Derick attraversarono la porta.
Fede s'inginocchiò accanto ad Alberto.
"Padrino... padrino, sono io! Ehi!" lo riscosse, prendendolo per un braccio.
"Fe-de..." sussurrò Alberto. "Non farlo... è pericoloso..."
"Shhh, tranquillo... vieni, adesso ti aiuto ad uscire." lo rassicurò Fede.
Estrasse un paio di forbici che aveva preso di nascosto, quando lui e Flor erano entrati in casa, e tagliò rapidamente i fili.
"Non... non ce la farete a prendervi... cura di me..." sussurrò Alberto, mentre Derick, che non poteva farsi vedere, aiutava il giovane a tirare su quel corpo martoriato e immenso. Fede si strappò un lembo della veste da fantasma e vi coprì quel corpo, ovliamente dopo aver stretto tra le dita la cicatrice sull'orecchio del suo padrino, che si trasformò in un uomo. Questo rese più facile coprirlo tutto. Fede e Derick lo portarono via dalla cella e tornarono rapidamente a casa. Lo nascosero in cantina, poi Fede tornò normale.
"Ora devo andare, ragazzo! Sono fiero di te!" esclamò Fritzenwalden senior. Fede gli rivolse un sorriso, poi si voltò a guardare Alberto, disteso a terra.
Il suo corpo straziato faceva pietà.
"Come... come hai fatto... ad entrare?"
"Sono stato un fantasma!" rispose Fede. Le forze gli venivano a mancare: era distrutto dallo sforzo fatto per trasformarsi e portare il suo padrino fin lì.
"Allora Maria diceva la verità! Tu sei..."
"No! Sono riuscito a tornare! Il Capo Supremo mi ha permesso di tornare a casa."
"Vai... vai pure di sopra, caro ragazzo" sussurrò Alberto. "Sei ferito, fatti aiutare!"
Fede accennò un sorriso, poi chiuse la porta della cantina e coprì qualsiasi infiltrazione di luce.
Fu il suo migliore amico a vederlo: con un graffio piuttosto profondo al collo.
"Oh mio Dio... amico, ma che hai fatto?" chiese sconvolto.
"Ho tirato fuori il mio padrino che fino a pochi mesi fa credevo defunto dalle grinfie di un vecchio rospo!" gli rispose Fede.
"Ma tu devi farti curare, stai sanguinando!" esclamò il giovane avvocato per poi afferrare uno straccio.
Lo fece sdraiare su uno dei divani. La ferita gli faceva un male tremendo.
In quel momento entrò anche la povera Greta, che rimase sconvolta nel vederlo sdraiato lì, completamente sfiancato e ferito.
"Ach mein Gott!" esclamò sconvolta. "Che... che afere fatto?" Nei suoi occhi apparve una scintilla, come se quel giovane fosse stato figlio suo per davvero. S'inginocchiò a terra e prese lo straccio che Matias faceva l'atto di premere sulla spalla di Fede.
"Non... non è niente..." rispose Fede, a mezza voce. "Però... non andate giù, in cantina... e non illuminatela... per nessun motivo..."
"Cosa? Perché?" chiese Matias.
"Perché quella strega... ah!" sussultò, stravolto, il povero giovane. Solo nominarla lo faceva innervosire e questo gli faceva dolere la ferita. "Ha trasformato il mio padrino in un mostro che soffre se viene colpito dalla luce!"
"Povero Her Alberta..." disse con un filo di voce la donna inginocchiata accanto a lui, accarezzandogli il viso sofferente.
In quel momento entrò Flor, e quasi le prese un colpo quando vide Fede disteso lì, con la buona governante che per lui era quasi una mamma ed il suo migliore amico accanto, che gli tamponavano un taglio profondo.
"Oh santo cielo, che è successo?" chiese stupita.
"Ha voluto fare l'eroe" rispose Matias mentre attaccava lo straccio alla sua spalla.
"Lasciate che faccia io..." disse Flor con un filo di voce.
"Mi raccomando: la cantina..." disse lui, teso.
Greta e Matias si allontanarono facendo un cenno d'assenso con la testa.
Ormai non risultava loro così difficile credere che un defunto non fosse più defunto.
"Tesoro, che è successo?" chiese Flor.
"Non potevo sopportare... che... che il mio padrino... che tuo padre... rimanesse nelle mani di quella... brutta stre... ah, accidenti!" sussultò lui, serrando la mascella a causa del dolore.
"Tranquillo, tranquillo... va tutto bene, tesoro..." sussurrò lei. Sollevò appena lo straccio e vide che finalmente l'emorragia si era fermata. Premette dolcemente le labbra sul graffio e questo parve infondergli una sensazione piacevole, di pace.
Era così ammirata! Il suo principe non poteva sopportare di veder soffrire qualcuno.
"Sei davvero un angelo" gli disse piano tornando a dargli dei leggeri baci sulla ferita. "Mio Dio, che brutto taglio... ti fa molto male?"
"Un po'... ma ne vale la pena" rispose, con un leggero sorriso, il giovane. La ragazza lo strinse forte a sé, senza smettere di baciargli la ferita. Poi fu colta dall'emotività.
"Amore... se il Capo non ti avesse permesso di tornare io... io..." singhiozzò, stringendosi a quel corpo forte e caldo... così bello da non sembrare vero.
Lui, anche se debolmente perché aveva perso molto sangue, prese ad accarezzarle il volto.
"Non ci pensare..." le disse piano, prendendole la mano e facendole sfiorare il suo viso con quel leggero accenno di barba, i suoi capelli biondi e il suo petto, nel quale il cuore batteva forte.
Flor si strinse a lui: aveva bisogno di sentirlo vicino.

Flor 2: l'Amore oltre la Vita ||Fedecienta||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora