(71: Legati)

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"Stai meglio, Flor?" chiese Fede, facendola sedere sul letto.
"Sì... va meglio... a proposito: grazie per... per quello che hai fatto... anche se non so come hai fatto!"
"Se lo sapessi te lo spiegherei, ma l'importante è che stiate bene" disse il giovane, tendendo la mano libera verso il ramo dell'albero di Flor che aveva attraversato la finestra della stanza. Lo accarezzò con delicatezza e sorrise.
"Mi dispiace tanto, piccola!"
"Per cosa? Mi hai salvato la vita, mio ex Freezer!"
"Sì, ma... fino a qualche mese fa avrei appoggiato Massimo..." le disse piano.
"Avresti... non hai" gli disse lei, sorridendo.
Lui le sfiorò delicatamente il viso e le rivolse un sorriso dolcissimo. Lei gli aveva stravolto la prima vita ed aveva reso la seconda indimenticabile.
Gli venne in mente il primo abbraccio che si erano scambiati e che l'aveva lasciato letteralmente di sasso, ma gli aveva tolto di dosso tutta la tensione di una vita in pochi secondi. Ora si poteva dire che facessero a turno: lei era da sempre un angelo terreno e lui, dopo quello che chiamava il suo "giretto turistico nell'aldilà", aveva acquisito un'aura speciale che riusciva a calmare la ragazza quando si sentiva nervosa.
"Aspetta, ma..." disse Flor, notando che Fede aveva un taglio sul braccio. "Come te lo sei procurato quello?"
"No, non è niente. È stata la motosega a farlo, quando l'ho afferrata."
"Oh mio Dio, scusa... scusa, scusa, scusa!" supplicò Flor, facendo come quando era arrivata, con la differenza che quella volta era molto allegra. Gli premette la ferita con le sue dita fresche e lui provò di riflesso una sensazione di sollievo.
"Va già meglio, tranquilla." le disse sorridendo e scompigliandole i capelli.
"Dovresti disinfettarla, però." gli disse Flor.
"Non essere così tesa, dai!"
"Ti prego, ti prego... è colpa mia se te la sei fat..." Ma lui non le lasciò il tempo di concludere la frase, perché, non volendo che lei pronunciasse la parola "colpa" dopo tutto quello che era successo a causa di quella sensazione tanto opprimente, non sopportava l'idea che la sua ragazza ne fosse ancora toccata. La baciò sulle labbra, un po' per impedirle di proseguire, un po' perché semplicemente voleva farlo.
"Io me la disinfetto, la ferita, ma tu, principessa, non provare a dire di nuovo che me la sono fatta a causa tua perché il buon vecchio signor Freezer potrebbe risvegliarsi dal suo torpore ed incavolarsi di brutto." le fece notare.
"Ma io ti amo!"
Lui era diventato davvero un altro: anzi, era il vero se stesso. Un po' morigerato lo sarebbe stato sempre, ma non sarebbe mai più stato un bacchettone come diceva Flor. In quel momento lui l'aveva fatta ridere con quella frase.
"Beh, ora vado. Tu stai tranquilla, mi raccomando." le disse lui, dandole un bacio sulla guancia.
In quel preciso istante, Reina rimase stupita: una spinta che le veniva da chissà dove la portò ad alzarsi dalla sedia a rotelle.
"Amore mio... sono stata io..." sussurrò sua madre, e Reina fu scossa dai brividi.
"C'è un liquido che uccide le piante... viene chiamato "killer": si versa sulle radici..." Quella era la voce del boscaiolo.
"Ora, gioia mia, voglio che tu prenda il telefono e chiami il vivaio... dovrai ordinare una confezione di quella roba, e fare un bel massaggio all'alberello."
Reina avrebbe voluto opporsi, ma era come se la sua testa galleggiasse in aria. Le sue dita frementi presero il cellulare, ma lei non ne sentiva la consistenza. Parlò al telefono con qualcuno, ma non sentì davvero cosa stava dicendo e cosa le rispondeva l'interlocutore.
"Pronto? Salve, è il vivaio?" disse con una voce che non le apparteneva più.
"Sì... vorrei sapere se avete un liquido per eliminare le piante..." Qualcosa dentro di lei si opponeva, ma, purtroppo, la ragazza non riusciva a concentrarsi, a canalizzare la forza della sua mente per resistere al controllo di sua madre come aveva fatto, tempo addietro, con lo psicologo che si era occupato praticamente di tutti in casa Fritzenwalden.
"Sì, proprio quello... quello che chiamate il Killer... mandatemi la confezione più grande che avete: devo sterminare un bosco." concluse per poi chiudere la telefonata.
"Brava, bambina mia, brava..."
"Ah! Accidenti, chi l'ha inventato quell'affare?" disse tra sé Fede, mentre si tamponava il taglio al braccio e stringeva i denti.
"Fortuna che sei uno tosto, fratellino" gli disse Maya stampandogli un bacio sulla guancia. "Se vuoi ti do una mano: mentre non c'eri sono diventata una brava infermiera, sai?"
"Ah, il mio diavoletto intelligente!" esclamò lui, orgoglioso. "Va bene, mi fido!"
La ragazza gli fece appoggiare il braccio su un cuscino preso dal divano e prese a comprimere la ferita con la garza improvvisata che aveva usato Fede.
"Chissà perché l'albero è diventato così."
"Piccola mia, l'albero sta cercando di darci un segnale" rispose Fede con tono pacato, ma dentro di lui era scattato qualcosa... sapeva che non era finita lì e che a breve sarebbe accaduto qualcosa di orribile.
"Sai... benedico queste stranezze." gli confidò Maya. "Anche se tu mi facevi disperare e io facevo disperare te, ti voglio tanto bene... non riuscivo ad immaginarmi senza mio fratello..."
"Sei un po' sentimentale, oggi?" le chiese lui, accarezzandole il dorso della mano con la sua libera.
"Beh, io... non riesco a non pensare a quanto siamo fortunati ad avere te e Flor..."
"Non esagerare, piccola! Non per me, almeno!"
"No, dico davvero... e voglio che tu lo sappia: io ci sarò sempre per te... e spero di poterlo fare come tu l'hai fatto per me..."
"A quel livello ci sei arrivata da un bel po'."
"Sì, chi è?" chiese Flor, sentendo qualcuno entrare. "Signor... ah, sei tu! No, Conte Minimo, esci dalla mia stanza, adesso!"
"Flor, aspetta" le disse il Conte.
"No! Ti dico solo una cosa: se volevi prendertela con qualcuno dovevi prendertela con me, non con il mio albero! Non sai che un albero è un essere vivente e che gli scorre la linfa nei rami?" gli urlò contro. Massimo cercò di protestare, ma Flor non gliene lasciò il tempo. "Ma certo! Uno che ha succo di ragno nelle vene non lo può comprendere, vero?"
"Flor, ti prego!" protestò lui. "Quelle radici non possono restare lì!"
"E tu cerca di capire che se succede qualcosa a quell'albero, ci rimetterò anch'io!" esclamò Flor, adirata. "Quell'albero è magico, Massimo..."
"Florencia..." sussurrò il Conte.
"Mi scusi..." si aggregò Lorenzo, entrando nella stanza.
"Flor... queste cose succedono solo nelle favole, capisci? È semplicemente un albero" disse il Conte, e quello fu troppo per lei.
"Vattene" disse piano Flor, irritata.
"Che?" chiese lui, agitato.
"Ho detto vattene! Che ne sai delle favole?" chiese. "Hai solo un cuore di pietra! Tu non hai mai... mai..."
Improvvisamente Flor portò una mano al petto. Un senso di oppressione la invase e lei provò a respirare, ma sembrava che l'aria venisse respinta dai suoi polmoni compressi.
"Non respiro... non respiro..."
"Flor! Flor, calma, respira!"
Il Conte le si avvicinò e, se possibile, Flor s'irrigidì ancora di più.
"Flor, che cos'hai? Ehi!" chiese Lorenzo.
Flor cercò di respirare, ma l'oppressione aumentava.
"FEDE! FEDE, FA' PRESTO, VIENI!" gridò il Conte. Sapeva che solo lui poteva calmarla.
"Hai sentito?" chiese Maya, e lei e Fede scattarono in piedi simultaneamente.
"È Massimo. Sta con Flor!"
Fede corse nella stanza e vide la sua Flor sorretta dal Conte e da Lorenzo, con gli occhi spalancati e il viso così pallido da fare impressione. Con una grande prontezza di riflessi Fede la prese in braccio e l'adagiò sul letto.
"Flor! Flor, piccola, ti prego, non farmi questo!" disse piano, tenendole la mano. "Ehi... non andartene, ti prego! Non voglio perdere anche te, piccola!"
"Fede... Fede..." sussurrò Flor, tendendo una mano caldissima per accarezzare il viso umido di lacrime del suo povero compagno.
"Che cosa... oh mio Dio, no!" esclamò, sconvolto, il giovane, vedendo l'albero di Flor che si seccava e si piegava su se stesso.
"Il mio albero... il mio albero..." sussurrò Flor, scossa dai brividi. Lui d'istinto le sentì la fronte, poi fece un passo indietro e il Conte e Lorenzo si avvicinarono.
"Oh, cara Flor... è tutta colpa mia... hai... la febbre altissima... che cosa ti sta succedendo?"
"Massimo, ti prego, prendi... uno straccio e dell'acqua... e... e chiama un medico! I macchinari da ospedale devono essere portati qui: lei deve restare vicino all'albero, assolutamente!" disse cercando di sembrare tranquillo.
Il Conte, pur non essendo sicuro che fosse la soluzione migliore che Flor venisse curata in casa, filò via, e Lorenzo fece lo stesso.
"Reina! Ma che stai facendo, sei impazzita o cosa?" chiese Lorenzo, afferrandola per un braccio.
"Ahi... ma cosa...?" sussultò Reina.
"Perché l'hai fatto? Se l'albero si secca Flor..." balbettò Lorenzo, sconvolto, non osando pronunciare l'ultima parola.
"Non ci posso credere... sono stata io" sussurrò Reina.
Si era risvegliata da quella specie di trance e vedere l'albero di Flor che si seccava poco a poco, consumato da quel veleno, le spezzò il cuore.
Le gambe le cedettero: a sua madre non serviva più che lei camminasse.
"L'ho fatto io! L'ho fatto io" singhiozzò disperata. "Non volevo... io non volevo più essere un mostro..."
In quel momento Lorenzo capì: la strega l'aveva soggiogata come aveva fatto con lui.
"Io volevo essere diversa... lo volevo davvero... ma evidentemente non posso... ho fatto tutto quello che potevo... ma sono rimasta un mostro, un mostro!" sussurrò singhiozzando. Lorenzo la prese in braccio e la mise sulla sua carrozzina.
"Portami da lei, ti scongiuro, portami da mia sorella!" supplicò la ragazza, coprendosi il volto con entrambe le mani mentre Lorenzo faceva quello che lei gli aveva chiesto, poi corse fuori.
"Albero magico, non puoi seccarti. Fallo per Flor, reagisci! Ti prego!" supplicò. "Oh mio Dio... se il veleno raggiunge le radici si seccherà davvero..." E scacciò degli insetti. "Coraggio, devi resistere! Io ti salverò... ti proteggerò, alberello!"
Reina stava per entrare quando arrivò il medico.
"Signore... è meglio che resti solo lei" disse.
"Va bene" sussurrò Franco, "ma tu prenditi cura di lei, Fede! Ti prego!"
"Sì, tranquillo. Matias, portalo fuori, sta' con lui, ti prego!"
"Sì, tranquillo" lo rassicurò l'avvocato battendogli una mano sulla spalla per confortarlo.
"Stai con i ragazzi... va', presto!"
"Tranquillo, ci penso io ai ragazzi..."
E detto questo, prese dal braccio Franco ed entrambi uscirono.
Reina, che era dietro la porta, sentì dire al medico che la sola cosa che poteva fare era monitorare l'attività cardiaca di Flor, perché non sapeva a cosa fosse dovuto quel picco di febbre.
Quella notte Reina fu tormentata dagli incubi, e il peggiore la colse alle tre di notte.
Vedeva la faccia bianca di Flor ondeggiarle davanti agli occhi.
"Perché mi hai fatto questo?" sussurrò.
"Flor, io non volevo... non volevo..."
Poi sentì la voce di un medico: "Mi dispiace, signor Fritzenwalden... la signorina Florencia è deceduta..."
L'immagine cambiò ancora: c'era Fede, con il suo volto distrutto, che stringeva tra le braccia una persona. Con mani tremanti le scoprì il volto e Reina vide Flor, rigida e immobile. Lui era scoppiato in un pianto silenzioso che gli bloccava il respiro e continuava a baciarle il volto.
"NOOOOOO!" gridò spaventata.
Sofia, che aveva saputo tutto, aveva voluto dormire con lei.
"Tranquilla, tranquilla... shh, va tutto bene" disse abbracciandola.
"Dimmi che non è vero" sussurrò Reina.
"Cosa non è vero?" chiese Sofia.
"Dimmi che Flor è viva, ti prego!" supplicò Reina.
Sofia, per tutta risposta, la sollevò e la mise sulla carrozzina.
"Vieni con me."
"Ma... ma potrebbero mandarmi via..."
"Nessuno ti manderà via!"
Arrivarono vicino alla porta.
"Fede... possiamo entrare?" chiese Sofia.
Lui, sfinito, si voltò verso di loro. Aveva gli occhi rossi.
"Oh... Sofia, Reina... certo, venite" disse gentilmente andando a prendere la carrozzina.
"Mi dispiace tanto, Fede!" sussurrò Reina.
Flor, dal letto, continuava ad annaspare.
"So tutto" disse dolcemente Fede. "Non l'avresti fatto se non fossi stata sotto il controllo di quel demonio..."
Accanto al letto c'era anche Franco, che voleva dare il cambio a suo fratello e aveva preso a frizionare la fronte di Flor con lo straccio.
"Mi dispiace... non ho potuto fare diversamente..."
Franco non si spostò, ma si voltò verso di lei e le rivolse un sorriso gentile.
Una cosa era certa: i Fritzenwalden avevano un grande cuore.
"Ehi! Ascolta: non potevi evitarlo. Sono sentimenti che non si possono controllare." le disse.
"Sì, è vero." confermò Fede. "Non aver paura, vieni... sarà contenta di vederti."
E detto questo portò la carrozzina vicino al letto.
"Perdono... Flor... piccola mia, perdonami..." sussurrò Reina.
Flor tese la mano calda e dalla stretta sempre accogliente e, con le poche forze che aveva, strinse la sua.
"Ti ha perdonata" le disse Fede. "Tutti noi ti abbiamo perdonata." E le diede un bacio sulla guancia, come avrebbe fatto con sua sorella.
Flor rivolse un sorriso dolce a Reina.
Lorenzo, nel frattempo, era intento a sfregare unguenti su quel povero albero, cercando di ridargli vigore, ma quello sembrava di secondo in secondo sempre più spento.
"Ecco... è un disinfettante molto efficace."
Provò a sfregare il primo unguento sulle radici, ma sembrava solo che l'agonia si prolungasse.
"Ecco... prendi questi... sono sali marini..." esclamò, provando con il secondo unguento.
Niente da fare: l'albero non si seccava del tutto, ma almeno era ancora vivo.
"Bene, proviamo con questo, eh? È... è polline" balbettò Lorenzo, conciliante. I suoi occhi erano rossi.
Alla fine cadde a terra e pianse in silenzio.
Ci volle un po', tra i medici e i ragazzi, (i più grandi), che andavano e venivano, ma alla fine Flor e Fede rimasero soli e lui, che aveva fatto come suo solito il duro fino ad allora, per la sua famiglia, si lasciò scivolare per terra e premette le labbra sulle sue palpebre.
"Povero amore mio..." disse piano, prendendo la mano della ragazza e stringendola tra le sue. "Quanto starai soffrendo..."
"Freezer... cuore... d'oro..." sussurrò lei, respirando affannosamente.
"Piccola... non... non posso vederti così... perdonami, ti prego... non ho saputo difenderti, perdonami!"
"Non... non è... colpa tua..." gli disse piano lei, sforzandosi per stringergli la mano.
"Non farmi questo, ti prego! Non farmi questo, angelo mio!"
"Non... non voglio... perderti..."
"Allora riprenditi, ti prego!"
Flor respirò affannosamente ancora una volta e cercò di parlare, ma era così debole che quell'unica parola che voleva dirgli le costò uno sforzo immenso, e nonostante questo le venne fuori così piano che lui dovette avvicinarsi alle sue labbra, ma non riuscì comunque a capirci granché.
"Cosa dici, amore mio?" chiese accarezzandole il viso caldo e madido di sudore.
"Re... re... sta... resta..."
"Sì, io resto qui... ma solo se mi fai una promessa..."
"Re... resta... con me... Freezer..."
"Sì, ma solo se tu mi prometti che guarirai, che non arriverai dall'altra parte... sei la cosa più preziosa che ho, non ce la faccio se non resti con me!"
"Non... andare... non... andare... via..." continuava a ripetere lei, come se vedesse la sua immagine sbiadirsi, come se sentisse la sua voce allontanarsi. Lui parve capirlo, perché, tra un singhiozzo e l'altro, si avvicinò al letto e strinse a sé quel corpicino bollente, fregandosene degli apparecchi, delle lacrime che si mischiavano al sudore che imperlava la fronte della ragazza, della posizione assurdamente scomoda in cui era, e, come sempre, le ricoprì il viso di piccoli baci.
"È bello..." disse piano Flor.
"Cosa, tesoro?"
"Stare qui... con... con il mio principe..." E, con la sua manina dal tocco leggero, gli asciugò il viso.
"Ti amo, piccola... sei... la mia vita, e... e il mio amore eterno!" le disse a mezza voce, e crollò sfinito vicino a lei.

Flor 2: l'Amore oltre la Vita ||Fedecienta||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora