(6: Il giorno della prova definitiva)

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Flor si svegliò di soprassalto da un sonno agitato. Aveva sognato l'incidente che le aveva già portato via Fede una volta. Appena sveglia si guardò attorno e tese le braccia, per vedere dove si trovasse. Poi affondò il viso nel cuscino e pianse, perché Roberta non la sentisse.
"Fatine, non di nuovo, per favore! Non voglio perderlo di nuovo, non voglio!"
Nonostante le provasse tutte per non farsi sentire, però, Flor non sapeva che Roberta, già sveglia da un po' per un'agitazione che non riusciva a comprendere, la stava guardando.
"Ehi Flor... cos'hai?" chiese alzandosi e andando da lei.
"No, niente, tesoro mio, niente! Vai a letto! E grazie mille per essere stata così dolce, ma non devi preoccuparti!"
"Ma hai gli occhi rossi! Hai pianto?"
"Oh, tesoro mio, non preoccuparti! Ho solo avuto un incubo" disse Flor.
"So che non vuoi spaventarmi, Flor, ma puoi dirmi tutto, dico sul serio! Hai sognato l'incidente?"
"Sì, proprio quello" rispose Flor.
"Posso mettermi accanto a te?" chiese Roberta. "Ti farà bene avere compagnia. Siamo amiche in fondo, no?"
"Mi faresti un regalo, piccola" rispose Flor. "Ho tanto bisogno di un abbraccio!"
Roberta s'infilò nel letto vicino a lei e la strinse a sé. Questa volta era Flor ad aver bisogno di Roberta. Era Flor ad aver bisogno di un conforto e il calore di quel corpicino così sottile e così forte contemporaneamente fu un vero toccasana per lei. Inoltre sua madre e i genitori di Fede vegliarono su di lei tutta la notte, ma questo lei non poteva saperlo.
Il giorno dopo tutti si svegliarono molto presto. Sentivano che qualcosa non andava e avevano bisogno di ritrovarsi al pianterreno, dove si riunivano sempre, nei momenti positivi e in quelli negativi.
Erano tutti lì e Flor e Fede cercavano il modo di parlare ai ragazzi.
Ma, nonostante i loro sforzi, non riuscirono mai a prepararli a quello che stava per accadere, perché squillò il telefono e un poliziotto riferì loro che le streghe erano scappate.
Fede andò a cercare aiuto e, con il cuore in tumulto, Flor lo lasciò andare. Lui ne approfittò anche per consegnare le carte che davano ai suoi cari la possibilità di vivere tranquilli, senza ulteriori intromissioni da parte delle streghe, ma una volta uscito dal grande edificio in cui si era diretto a quello scopo, fu costretto a fermarsi.
"È giunto il momento, ragazzo" gli disse il Capo, sistemandosi accanto a lui e posando una mano sulla sua spalla.
Stavolta non aveva quel sorriso beffardo che usava per fingere che non gl'importasse di quanto molti di quelli che venivano in Paradiso, dopo il distacco dalla famiglia, fossero tormentati. Era triste, abbattuto, perché dopo tutti gli sforzi che Fede aveva fatto, e che lui aveva potuto vedere, detestava l'idea di metterlo di nuovo nella stessa situazione.
"Lo so" rispose Fede. "Grazie per avermi dato il tempo di coprire le spalle ai miei ragazzi."
"Mi sei simpatico, lo sai? Alla fine non sei stato un vigliacco. Eri solo un po' troppo ligio al dovere e l'amore è entrato nella tua vita e te l'ha sconvolta."
"Sì, e devo ringraziarla anche per questo."
"Credimi, ragazzo: ti eviterei questo strazio, ma se lo facessi potrebbe essere molto pericoloso. Comunque confido nel tuo coraggio e nella tua determinazione."
Ed era vero: il Capo non avrebbe mai pensato che gli risultasse tanto difficile far affrontare un simile ostacolo ad un uomo che chiedeva di tornare indietro, ma si era affezionato moltissimo a Fede, nonostante cercasse di non darlo a vedere. Certo, voleva bene a tutte le sue creature, ma non immaginava che una di loro potesse lottare così per tornare dal Paradiso.
In ogni caso le regole erano regole e, poco prima che il capo sparisse, Fede gli rivolse un sorriso. Questa volta sapeva benissimo a cosa andava incontro.
Margarita, Maria e Derick, suo padre, camminavano accanto a lui, che non poteva vederli, ma di sicuro li sentiva.
Un'auto in corsa si dirigeva verso di lui. La donna alla guida tentò di girare lo sterzo avendo visto una figura in mezzo alla strada, ma una macchia d'olio la fece slittare proprio verso di lui, la donna perse il controllo e lo travolse in pieno.
Quale non fu la sorpresa di Fede quando, poco prima di perdere i sensi, vide la strega minore scendere dall'auto e inginocchiarsi accanto a lui... e soprattutto: non si può descrivere quanto Fede sarebbe stato sorpreso se avesse potuto sentire la donna urlare disperatamente.
"No! Non farmi questo, ti prego! No!"
"Tesoro mio, ma che fai? Che cosa fai? Lascialo lì e andiamocene! Se lo merita, dopo quello che ci ha fatto!"
"Non posso lasciarlo qui... non posso!"
E si alzò da terra. Girando lo sguardo intorno riconobbe il conte e iniziò ad agitare le mani, disperata, nel tentativo di attirare la sua attenzione.
Si voltò di nuovo verso Fede e vide il suo volto diventare sempre più pallido.
Gli afferrò la mano e la strinse. "No! Non sono Flor, ma non volevo questo!"
Finalmente il conte decise di avvicinarsi. La sua memoria, per qualche strano motivo, non era stata modificata come quella di molti altri che avevano assistito all'incidente.
"Ma come può essere? Lui era..."
"Per l'amor del cielo, portalo in ospedale... non può succedere di nuovo!"
"Va bene" disse lui. Non sapeva perché lo stava facendo, in fondo quella donna l'aveva ingannato, ma forse il senso di colpa del primo incidente lo spingeva a comportarsi in quel modo. Chiamò un'ambulanza e non si mosse di lì fino a quando questa non arrivò e i portantini non caricarono l'uomo su una barella.
"Ditemi che è vivo, vi prego!"
"Sì, signore... è vivo, ma dobbiamo fare in fretta! I parametri vitali stanno crollando! Può avvertire qualcuno dei suoi parenti?"
"Sì... sì, certo!" rispose l'uomo, per poi estrarre il cellulare dalla tasca.
Intanto, a casa, Flor era agitatissima e correva avanti e indietro, sentendo il panico invaderla e l'angelo nero incombere sulla casa, su di lei... su di lui. Quel sogno tornava sempre nella sua mente e ogni volta era più chiara la visione dell'incidente. Flor aveva un presentimento orribile. Sentiva che c'era qualcosa che non andava. I ragazzi cercavano di calmarla, ma erano proprio loro i primi ad essere agitati.
Il telefono squillò di nuovo. Flor rispose con voce tremante e dall'altra parte udì la voce di un uomo. Una voce che solo dopo riconobbe come quella del conte.
"Signorina Florencia, deve correre in ospedale! È successa una cosa molto grave!" disse quella voce.
"Che... Che cosa è successo, signore?"
Mentre lo chiedeva, le parole di Fede rimbombavano a ripetizione nella sua mente.
""Devo affrontare un'altra volta l'incidente"." Così aveva detto, e qualcosa le diceva che era accaduto esattamente questo.
"Si tratta di Fritzenwalden!"
"Cosa? Come..." Flor impallidì e si lasciò cadere su di una sedia.
Nico e Franco l'affiancarono e le presero entrambe le mani, gelide e tremanti. Lei tenne il telefono tra la testa e la spalla.
"Per l'amor del cielo, che è successo?"
L'uomo dall'altro capo del filo si decise a pronunciare quelle fatidiche parole: "È stato investito di nuovo..."
Il ricevitore scivolò dalla presa di Flor, cadendo rumorosamente per terra.
"Flor! Che ti hanno detto?" chiesero Franco e Nico, in contemporanea.
"Devo andare! Devo andare in ospedale" balbettò lei.
"Che significa, Flor? Perché?"
Flor scambiò uno sguardo eloquente con Matias, poi, con un soffio di voce, disse: "È successo di nuovo!" Allontanò lentamente le mani dai due ragazzi. Li pregò di non dire nulla ai bambini finché non fosse stato chiaro lo stato in cui era.
"Ti accompagno" disse Franco, "non puoi andare là da sola, ridotta così!"
La ragazza non provò nemmeno a replicare. Si trattava di suo fratello, ci era già passato una volta e se non l'avesse assistito anche lui, Flor lo sapeva, anche se non era colpa di nessuno, Franco non se lo sarebbe mai perdonato.
Corsero insieme in ospedale e vi trovarono un uomo sulla porta, che, riconoscendo la descrizione di Flor, si spostò per lasciarli passare.
"Ecco la stanza" disse. "Ve la sentite di entrare("
Flor fece un passo avanti, anche se non si reggeva quasi più in piedi. Lo vide là, disteso su un letto, con degli apparecchi applicati addosso e la testa ferita e fasciata.
"Oh santo cielo!" riuscì a sussurrare.
Si voltò verso il dottore pur tremando.
"Com'è successo, come?" chiese agitata.
"Un'auto, signorina! L'ha travolto!"
Questo Flor lo sapeva già, ma sentirselo dire da un medico fu come un pugno dritto nello stomaco.
Il dottore prese la mano della ragazza.
"Mi dispiace tanto, mi creda" le disse.
Flor non poteva fare altro che piangere e sentiva un peso che le premeva con forza sul petto. Ma, nonostante la vista annebbiata dalle lacrime, si accorse che c'era qualcuno un po' più lontano dal letto. Si voltò e riconobbe sua sorella.
"Che cosa ci fai tu qui?" chiese Franco. "Sei venuta a staccargli i fili uno per uno?"
"Vi prego, non mi mandate via! Sono qui per chiedervi perdono!" rispose lei.
"Perdono di cosa? Vattene via! È colpa tua e di tua madre se lui è qui... sei una ricercata e se lanciassimo l'allarme ti manderebbero via a calci!"
"Aspetta" disse Flor. "Lasciala parlare."
"Sono stata io" sussurrò lei. "Ma non l'ho fatto apposta... non l'ho visto! E poi, quando l'ho visto, era tardi! Una macchia d'olio mi ha fatto perdere il controllo... hai ragione, Franco! È stata colpa mia!"
"Cos'hai detto? Maledetta strega, io ti..."
"No, Franco!" disse Flor, mettendosi prontamente in mezzo. "Non qui! Non davanti a lui!" Poi si avvicinò alla sorella. Stavolta sentiva che era sincera. "Se vuoi puoi restare, ma non combinarne qualcuna delle tue" le disse.
"Non voglio fare nulla, Flor! Non questa volta!"
"È stata lei! Lei l'ha investito!"
"Franco, ti ho detto di non urlarle contro qui, davanti a lui!"
"Vi prego... permettetemi solo di parlargli, ogni tanto! Avevo dimenticato come fosse provare sentimenti diversi dal desiderio... e... e quando l'ho visto là, per terra... ho sentito che una parte di me si era svegliata, e faceva male, ve lo giuro!"
Flor non ricordava di averla mai vista in quello stato e, istintivamente, le afferrò il polso e la condusse verso il letto. Mise la sua mano in quella di lui e rimase a guardare. Lui fece un piccolo movimento e provò ad accarezzarle il dorso della mano. Da dove si trovava, in quella specie di limbo in cui vanno le persone in coma, era impossibile imgamnarlo.
"Parlagli, coraggio!" le disse piano. "Lui ti crede!"

Flor 2: l'Amore oltre la Vita ||Fedecienta||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora