III~ Cocaina [pt. 3/5]

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"Appesi al filo di un casino stupendo.
Qualcosa che sarebbe impossibile
da spiegare."

-Anonimo

Continuo

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[11 Settembre 1995]


NARRATORE ESTERNO

"Dio mio..."

Affondò le mani nella chioma di Diana, sollevandole il capo e invitandola tacitamente ad un brusco stendersi sotto il suo peso, adagiandosi con la schiena all'imbottitura di quel divano non troppo spazioso. L'impatto della pelle scoperta le procurò una violenta scossa di brividi che non si placarono, soprattutto non appena inarcò la schiena e portò il capo all'indietro, permettendo così all'uomo di lambirle il collo con vigore, accecata lussuria. Divaricò le gambe e strinse le cosce attorno al bacino di lui: lo spacco del vestito scivolò verso il basso, mostrando per intero la gamba nuda.
Un gemito le uscì dalla gola, un suono interrotto tra le labbra di Michael che nel frattempo scendeva lungo il collo, la scollatura e si issava sulle ginocchia per sbottonare la camicia.

All'interno di quel piccolo studio era tutto estremamente silenzioso, solo il ticchettio delle lancette dell'orologio accompagnavano i mugolii sconnessi e accentuati dall'ebrezza causata dall'alcol che ancora -seppur decisamente lieve- scorreva loro nel sangue.

Tornò su di lei, ripercorse con la bocca il perimetro delle spalle, delle clavicole, avvertiva il cuore battere ininterrottamente e l'eccitazione farsi strada ovunque.
Ella strinse le labbra tra i denti, espirò e, infine, si ammutolì drasticamente.

Jackson seguì il suo silenzio, alzando il volto e aggrottando la fronte.
"Che succede?"
"Sh." Asserì lei alzando una mano in segno di attesa.
Alcuni secondi dopo, entrambi sgranarono gli occhi e scattarono in piedi, risistemando gli indumenti dapprima in procinto di essere sfilati e raggiungendo il muro accanto allo stipite della porta. Erano ben udibili delle voci conversare e dei passi lungo il corridoio, passi di donna: il rumore del tacco era ben distinguibile.

Michael ridacchiò divertito dalla situazione, sfiorò languidamente una natica della donna e avvicinò le labbra ad un orecchio.
"Potremmo-"
"Scendere, infatti." Interruppe lei.
Il moro mostrò un'espressione teatralmente offesa. "Non era quello che intendevo."
"Ma è quello che dovremmo fare." Continuò Meyer sorridendogli e lasciandogli un bacio all'angolo delle labbra. "Farci trovare mentre facciamo sesso dagli altri invitati, o da Norman stesso, non è un bel modo per sigillare un contratto di lavoro col nuovo manager."
Egli rise sguaiatamente, prendendole successivamente il viso tra le mani e lasciandovi sopra un prolungato bacio a stampo. "Va bene." Rispose accarezzandola, allungando la mano verso la maniglia e abbassandola. Non appena iniziò a camminare, avvertì che Diana non lo stesse seguendo.
Si voltò.
"Vai prima tu, io scendo tra poco." Disse prima di sporgersi e lasciargli un leggero schiaffo sul sedere. Lui si voltò, sgranando gli occhi e riducendoli poi in una buffa fessura che, intimamente, sembrava dirle: 'non mi provocare'.

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