II~ Un posto senza nome [pt. 2/3]

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«Lui conobbe lei e sé stesso, perché
in verità non s'era mai saputo.
E lei conobbe lui e sé stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s'era potuta riconoscere così.

-Italo Calvino

[30 Dicembre 1995]

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[30 Dicembre 1995]


NARRATORE ESTERNO

Michael, col capo posato sul cuscino e la guancia adagiata sul palmo della mano sinistra, osservava un punto fisso dinanzi a sé. Era ormai sveglio da ore e le luci del mattino, attenuate dal candore delle tende a pochi metri da lui, gli sfioravano il corpo seminudo e coperto in parte dal lenzuolo. Il calore all'interno della spaziosa suite d'albergo, una temperatura resa tale dall'impianto di riscaldamento e da un camino che scoppiettava discreto a qualche metro da loro, rendeva possibile alla coppia dormire senza avvertire alcun brivido di freddo. Ma quei due, quella stessa notte, dopo aver pattinato per circa un paio d'ore ed esser caduti circa sei o sette volte per uno -scaturendo genuine risa soffocate nelle guardie del corpo- e dopo aver messo piede nella suite di uno degli alberghi più lussuosi di Parigi, avevano deciso di tenersi caldo a modo loro.
E funzionò.

A quel ricordo il cantante si destò dai pensieri, sollevando un angolo delle labbra e voltando il capo alla sua destra: a pochi centimetri da lui, Diana dormiva col petto adagiato al materasso, entrambe le mani sotto al cuscino e i lunghi capelli lisci e castani lasciati sparsi per la schiena nuda, al termine della quale -proprio come a lui- iniziava il bordo del lenzuolo. Si voltò anche col busto e le si avvicinò maggiormente, quasi a posare la testa sul cuscino di lei. Osservandola così innocua e vulnerabile, sorrise a labbra schiuse. Il suo respiro era impercettibile, così impercettibile che gli venne il sottile pensiero di portare un indice all'altezza del naso della ragazza, constatando così se stesse respirando o meno.
Sapeva fosse quasi ridicolo, eppure fu come se in quel momento volesse accertarsi che stesse bene e che sarebbe continuata a stare al suo fianco. Mamma Katherine lo aveva sempre fatto con lui, quando era bambino. E questo gesto gli restò negli anni e, non appena qualche dubbio lo assaliva, attento a non farsi scovare, lo faceva. E poi si tranquillizzava...

L'indice con il quale aveva sentito il respiro di Talìka, iniziò piano piano a sfiorarle le punte della chioma che toccavano il materasso, il perimetro della spalla... È soffice, pensò tra sé e sé, come se si fosse trattato di qualcosa di nuovo, come se non fosse la stessa pelle che ormai sfiorava e alla quale si univa con deliziosa abitudine. Ma lei, per lui, rappresentava sempre una scoperta, una sorpresa.
Si avvicinò al volto della donna e le lasciò un lieve bacio lungo la mandibola, e sorrise quando alla mente gli tornarono i momenti passati qualche ora prima assieme, mentre la Luna era già alta nel cielo scuro da ormai diverse ore: sulla pista di pattinaggio, dopo un commento sarcastico del cantante su quanto lei fosse sexy sui pattini, ella gli aveva risposto inizialmente offesa, poi si era avvicinata al suo orecchio con malizia dicendogli: 'Però è sexy l'intimo che indosso...' e lui non aveva risposto, o, almeno, non a parole. Si ripromise che lo avrebbe constatato da sé una volta tornati in albergo e mantenne la promessa.

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