V~ Arma a doppio taglio [pt. 5/5]

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"Capii di aver trovato la persona che poteva condividere le mie vette senza inorridire
dei miei abissi."

-De André

[28 Dicembre 1995]

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[28 Dicembre 1995]


NARRATORE ESTERNO

<Che fai?> Domandò l'uomo dirigendosi verso un pensile della grande cucina del suo ranch, strusciando di tanto in tanto le pantofole al pavimento in parquet.
<Indovina.> Gli rispose la donna al telefono in tono divertito, mordendosi le labbra e storpiando un sorriso.
<Mh... Non lo so... Sei sul letto?> Chiese reggendo il telefono tra guancia e spalla mentre, servendosi di un coltello, iniziò a spalmare del formaggio fresco sopra al prosciutto del panino che stava farcendo.
La donna virò lo sguardo verso il suo materasso, disordinato ma vuoto. <No.> Affermò poi.
<Brava.> Replicò lui, alzando lievemente un angolo delle labbra. <Lì ci devi stare solo con me.>
<Certo... Il resto del tempo dormo sul pavimento.>
Michael roteò gli occhi e sbuffò divertito.
<Non era questo il punto... >
<Lo so.> Terminò lei ridacchiando. <Invece tu che fai?>
<Io sono in cucina a preparami un panino.> Disse affondando i denti nel primo morso, continuando poi a parlare a bocca piena. <E nel frattempo aspetto che una certa signorina venga a farmi visita.>
<La signorina sta facendo la valigia al momento.>
<Ah, dove va di bello?>
<Sai, non lo so! Non me lo vuoi dire!>
Michael ingoiò il boccone e rise acutamente. <È vero.>
Poi continuò.
<Tra quanto pensi di essere pronta?>
<Circa... Un'ora, penso.>
<Ho già mandato Bruce a prenderti.>
<Ma... Non c'era bisogno, potevo venire da sola.> Sussurrò piegando i panni e riponendoli nel trolley.
<Farti venire da sola fin qui con il gelo e il buio? Non penso proprio.>
Intimamente, Diana sorrise tra sé e sé. <Allora ci tieni a me...> Esordì sarcastica, quasi timida.
<Sì, dai... Abbastanza.>

Poco prima che la telefonata terminasse, egli parlò per l'ultima volta. <Prendi qualcosa per intrattenerti durante il viaggio di domani... Durerà un bel po'.>
<Ai suoi ordini.>
<E il passaporto.>

Così la ragazza posò il cellulare sul materasso sfatto. Lì ci devi stare solo con me, sorrise come una bambina ripensando a quelle parole, a quei momenti. Rifletté su quanto entrambi fossero così tremendamente esposti e vulnerabili in quei momenti di passione, per poi tornare -come stava accadendo a lei in quell'istante- a sorridere per una lieve provocazione per via telefonica. Scosse il capo, si avvicinò al letto con l'intento di rifarlo e afferrò un cuscino per spostarlo, ma si frenò quando una scia di profumo le accarezzò il volto. Portò la federa al naso e l'annusò: vi era ancora vagamente impregnato l'odore dei ricci corvini di Michael, del profumo delle sue labbra dopo che vi aveva dormito due notti prima. Ormai quel cuscino era suo, dormiva solo con quello quando si ritrovava da Diana.
Sfiorò la catenina che aveva al collo, quella raffigurante il piccolo aereo tempestato di diamanti che aveva ricevuto per Natale, forgiato come se fosse stato una specie di indizio o preambolo di quello che sarebbe stato il loro viaggio: una scossa di euforia le divampò nel petto che la costrinse a saltellare sul pavimento. Erano così tanti i posti che avrebbe voluto visitare che proprio non aveva idea del luogo dove il cantante avesse intenzione di portarla, ma non se ne fece un problema. Continuò a riempire il suo trolley e afferrò dall'armadio l'ultimo vestito rimasto: era rosso, con un vertiginoso spacco lungo la gamba sinistra e la schiena scoperta.

𝐏𝐡𝐢𝐥𝐨𝐟𝐨𝐛𝐢𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora