IX~ Dietro la maschera [pt. 9/9]

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Nota bene:
Questo capitolo è finora il più importante del libro, è lungo più del doppio degli altri e, soprattutto, affronta una tematica adulta.
Si consiglia di prendersi il tempo necessario per leggerlo, perché è molto dettagliato e sicuramente necessita di elevata attenzione sia per la comprensione degli avvenimenti narrati, sia per quelli che susseguiranno.

 Si consiglia di prendersi il tempo necessario per leggerlo, perché è molto dettagliato e sicuramente necessita di elevata attenzione sia per la comprensione degli avvenimenti narrati, sia per quelli che susseguiranno

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"Se non potrò piegare gli déi del cielo, scatenerò quelli dell'Inferno."

-Virgilio

"Sono il mostro che si cela sotto la maschera del mostro

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"Sono il mostro che si cela sotto
la maschera del mostro."

-Dylan Dog

[28 Marzo 1996]

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[28 Marzo 1996]

NARRATORE ESTERNO

Percepiva i caldi raggi del Sole sfiorarle i lineamenti del viso delicato, il rumore del vento che accarezzava l'erba del prato sopra al quale era seduta e il silenzio attorno veniva, di tanto in tanto, interrotto solo da qualche lontano cinguettio.
Eppure Diana stava bene, si sentiva in pace.
Col capo rivolto verso il basso, osservava attentamente una candida farfalla bianca che, svolazzando qua e là, si era pian piano posata sul dorso della sua mano. Ogni tanto batteva le ali e riprendeva il suo volo, poi ritornava dalla giovane con delicatezza e premura, come se quel piccolo essere fosse, paradossalmente, preoccupato di non farle male o disturbarla più del dovuto.
E così come Talìka le sorrise lievemente e con dolcezza, stupita da quell'avvenimento così inusuale seppur assai piacevole, lo stesso parve fare la candida farfalla. Diana osservava quel leggiadro insetto con devozione, quasi ammirazione, poi portò l'altra mano libera chiusa a coppa sopra l'animale. Attenta a non ferirlo o sfiorargli le ali in alcun modo, si alzò dal prato e iniziò a camminare. Prima piano, poi sempre più velocemente.
Si ritrovò a correre, non sapeva se stesse fuggendo da qualcosa o quale fosse la sua meta, non sapeva neanche perché lo stesse facendo. Era sicura solo di una cosa: di dover proteggere quella farfalla a tutti i costi e fare in modo che potesse riprendere il suo volo con serenità, perché aveva iniziato ad agitarsi come se avesse avvertito qualcosa di sinistro.
Corse affannata lungo le ampie distese verdi, sorpassò gli archi di un acquedotto e si ritrovò, infine, ai piedi di un ruscello. Si guardò attorno per accertarsi che nessuno l'avesse seguita e si inumidì le labbra. Deglutendo col respiro ancora corto, tolse piano le dita dal dorso della mano sopra la quale l'insetto si era posato pochi minuti prima.
Sgranò gli occhi quando non lo vide più lì.
La farfalla che aveva tanto protetto e per la quale aveva corso a perdifiato era scomparsa nel nulla, ogni tentativo era stato vano. Controllò sopra di sé, alla sua destra o alla sua sinistra con la speranza di vederla svolazzare e, quindi, avere la certezza che fosse fuggita e si fosse salvata nella corsa.
Ma non la vide...
Non ce n'era alcuna traccia.
Quando si voltò per tornare nel punto in cui si era seduta prima dell'arrivo dell'animale, a qualche metro di distanza notò la presenza di un tavolino circolare. Non c'erano sedie attorno, tantomeno vi erano tracce del passaggio di qualcuno.
Il Sole stava calando, doveva fare in fretta. E così fece, di fatto camminò svelta verso il tavolo e infine lo raggiunse.
Quando vide ciò che vi era adagiato sopra, corrucciò la fronte in un'espressione sorpresa, confusa e contrariata. Quasi nauseata.

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