IV~ Luce nell'ombra [pt. 4/5]

616 43 48
                                    

"Beato chi può dire a se stesso: io ho asciugato una lacrima."

-Giuseppe Giusti

-Giuseppe Giusti

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.



[3 Agosto 1989]

Quel giovedì, quando rientrai dal Cedars-Sinai Medical Centre -ospedale in cui era ricoverata mia madre-, trovai Michael intento a leggere uno dei tanti romanzi che tenevo nella mia libreria. Non si era neanche accorto della mia presenza tanto era concentrato, sul comodino accanto a sé era presente un piatto quasi terminato di fette biscottate con la marmellata.
Mi avvicinai a lui e mi sedetti al bordo del letto, tra le mani teneva un racconto che avevo sempre trascurato e non considerato.
'Il vecchio e il mare' di Hemingway.

Si coprì mezzo volto con il libro poi, non appena gli carezzai la mano, alzò lo sguardo ed incontrò i miei occhi. Capii sorridesse.
"Hai fatto merenda?" Domandai osservando il piatto e ridacchiando un po'.
"Sì, vuoi?"
"No grazie."
Poi silenziosamente tolse il libro dal viso, lo chiuse, lo ripose accanto a sé e si sedette vicino a me con lo sguardo basso e i gomiti poggiati sulle ginocchia.
"Qualcosa non va?" Gli domandai.
"No, affatto... Anzi." Posò la mano sulla mia coscia. "Stavo riflettendo su questo romanzo."
"È bello?"
"Non l'hai mai letto?" Sorrisi imbarazzata.
"Ehm... Veramente no." Mirò dinnanzi a sé con fare pensieroso.
"È un libro che contiene così tante emozioni: il coraggio, la suspence, la tristezza... Quando non puoi viaggiare, puoi farlo mentalmente attraverso la lettura. Puoi andare in qualsiasi posto tu voglia leggendo. E in quell'uomo un po' mi ci rispecchio, sai?"
"Quale uomo?"
"Quello del racconto!" Gridò mentre sorridente agitava le mani.
"Ma se tu non me lo dici come faccio a saperlo!" Incrociai gli avambracci fingendomi offesa e accavallando le gambe. Ridacchiando si sedette meglio sul letto e mi cinse da dietro i fianchi, poggiando la testa sull'incavo della mia spalla.

"Dicevo..." Continuava sussurrandomi dietro al collo. "Che mi rispecchio molto nel protagonista della storia: è così forte, audace... E solo, talvolta."
"Ti senti solo, Michael?"
"Mi ci sono sempre sentito..."
"Anche ora?"
"No, tranne quando sto con te." Sorrise e giocherellò con una ciocca dei miei capelli. "Capisci? È per questo motivo che non me ne vorrei mai andare da qui, rimanere con te e Grace fino ai miei ultimi giorni..."

Oh Michael, magari lo facessi. Sì dannazione, non tornare in pasto a quegli avvoltoi. Rimani con me. Invecchia al mio fianco. Questo fu ciò che pensai, ma che a malincuore mai gli dissi.
Cosa avrebbe dovuto rispondermi in fondo? Che anch'egli avrebbe voluto scomparire da tutto e da tutti, e che avrebbe voluto cambiare il passato? Ormai era quel che era, e neanche ero sicura che egli volesse abbandonare tutto.
Quella era la sua vita, la sua esistenza.
Era il divino, il re, ed io non potevo far altro che rimanere ad osservarlo discretamente da lontano, mentre i flash delle telecamere dei paparazzi immortalavano dall'alto ogni suo passo, ogni suo gesto, ogni suo respiro. Tutte le mie più efferate, disperate ed egoistiche preghiere sarebbero risultate irrilevanti.

𝐏𝐡𝐢𝐥𝐨𝐟𝐨𝐛𝐢𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora