I~ Un posto senza nome [pt. 1/3]

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"Sto provando a trattenere il fiato
Restiamo così
Non posso lasciare
che questo momento finisca
Hai iniziato un sogno con me
Che ora sta diventando più grande
Puoi sentire il suo eco?
Prendi la mia mano
Condividerai questo momento con me?
Perché amore senza di te
Tutto il brillare di mille luci
E tutte le stelle che ruberemmo dal cielo
Non saranno mai abbastanza
Torri d'oro sarebbero troppo poco
Queste mani potrebbero contenere il mondo
Ma non sarebbe mai abbastanza..."

-Loren Allred

-Loren Allred

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[29 Dicembre 1995]

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[29 Dicembre 1995]


NARRATORE ESTERNO

"Non vedo l'ora di partire per..." Il cantante si bloccò, Diana lo aveva appena guardato con un'espressione euforica. Poi, quando si rese conto che egli non era in procinto di dirle dove sarebbero andati, sbuffò e si mise seduta sulle gambe di lui, sorridendo. Egli poté sentire il suo profumo sfiorarlo.
"Avrà un nome questo posto! Avanti, dove mi porti?"
Egli però non ricambiò il sorriso, piuttosto parve restare incantato, quasi concentrato a così pochi centimetri dalla donna.
Quando prese un respiro, rialzò lo sguardo verso quei grandi occhi scuri e sorrise divertito.

"In un posto senza nome..."

L'aria era fredda, seppur si trovasse in auto sembrava quasi pungente sulla pelle della ragazza. Michael, che le sedeva vicino e gli stringeva una mano per scaldarla tra le sue, aveva gentilmente chiesto a Bruce di alzare il riscaldamento all'interno di quella Jeep scura e pian piano il tremolio della giovane stava diminuendo.
Fuori dal finestrino si poteva intravedere un'atmosfera tranquilla, ancora sonnolente. Erano a malapena le cinque del mattino, con ogni probabilità sarebbero arrivati in aeroporto circa dopo due ore e mezza di viaggio, attraversando la costa ovest per arrivare all'aeroporto di Los Angeles. Forse un po' di musica avrebbe potuto permettere loro di svegliarsi maggiormente, ma nessuno sembrava avere voglia di prendere l'iniziativa e accendere la radio. Gregor, che come suo solito sedeva al volante, sembrava quello più in forze dei quattro. Bruce teneva gli occhi aperti solo per senso del dovere, proprio come Michael che, a sua volta, permetteva alla ragazza di posare la testa sulle sue gambe e di appisolarsi quel poco che potesse. Guardarla sbadigliare e stropicciarsi gli occhi lo fece intenerire, l'istinto di attirarla a sé e di lasciarla sdraiare sui sedili fu più forte di lui, e vi cedette. Lo faceva sempre quando ne aveva l'occasione, era una gentilezza che amava indossare.
Osservò quel volto che pareva disegnato, quel profilo delicato: con un indice sfiorò impercettibilmente la piccola curva tra il naso e la fronte, alzando poi un angolo delle labbra con fare pensieroso.

𝐏𝐡𝐢𝐥𝐨𝐟𝐨𝐛𝐢𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora