IV~ Quel che sai di me [pt. 4/5]

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"Amo la pioggia, lava via le memorie
dai marciapiedi della vita."

-Woody Allen

Echo Park, ore 17

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Echo Park, ore 17.15


[3 Gennaio 1990]

Sfiorai la fotografia con l'indice, ne tracciai le figure, i contorni e i profili. La osservai con ammirazione, come si guarda un opera monumentale, come se fosse stata qualcosa di estremamente incantato e affascinante, di delicato. Mi immersi nel momento rievocando pian piano sulla mia stessa pelle la sensazione dello stare così stretti, abbracciati e sdraiati nel sonno sullo stesso letto che stavo occupando io in quel momento. Scrutai il suo braccio teso e rigido sul mio fianco, come a non volermi far muovere in alcun modo, poi il viso tra i miei capelli, il suo petto a contatto con la mia schiena, quell'espressione buffa ma al contempo tenera dipinta sul delicato viso di quel giovane uomo dall'animo buono.
Era passata quasi una settimana da quando, Michael e le sue due guardie del corpo Gregor e John, mi riaccompagnarono e lasciarono sulla soglia del cancello del mio appartamento di Echo Park. Mordendomi nervosamente l'interno della guancia rievocai il suo capo poggiato al finestrino, il suo sguardo mascherato di una finta serenità e la sua mano stretta nella mia. Quel gesto lo aveva compiuto con naturalezza e disinvoltura, spontaneamente sfiorò le mie dita e le avvolse nelle sue, così lunghe e affusolate ma al contempo morbide e delicate. Prima che potessi scendere dall'automobile afferrò il mio volto e mi diede un dilungato bacio sulla fronte, poi si allontanò lentamente.
Sospirò.

"Parto." Disse a quel punto abbassando lo sguardo e distogliendolo dal mio sospirando.
"Parto domani e rimarrò circa un mese Londra." Si tolse gli occhiali scuri che indossava e mi osservò con sentimento.
"Ed io non voglio andarci." Gli afferrai le mani e le strinsi tra le mie, così piccole e minute in confronto alle sue.
"Allora non farlo..." Risposi con freneticità.
"Scendi anche tu da questa macchina e vieni con me. Come la scorsa estate, ricordi?"
Scosse la testa e si allontanò con occhi lucidi.
"Non posso."
"Perché?"
"Io vorrei, credimi, ma purtroppo non decido. Sembra che io sia capo a tutto, ma ciò
che devo e non devo fare a livello lavorativo non ho il potere di gestirlo pienamente. Ho delle cose da rispettare."
Abbassando nuovamente lo sguardo virò il capo a destra e sussurrò.
"Ora capisci perché non voglio essere più ciò che sono?"
Serrai rassegnata la mandibola.
"E allora quando ci rivedremo?"
"Non lo so, Talìka. Spero il prima possibile."
In quel momento mi abbracciò e inaspettatamente mi strinse forte, non potei far altro che ricambiare quel gesto. Dopo aver salutato anche i due uomini della sicurezza scesi dal veicolo, lui abbassò il finestrino e dall'interno dell'auto mi salutò con il cenno di una mano. Lentamente lo vidi scomparire. Divenne un puntino che a poco a poco si dissolveva.

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