"A volte le parole non bastano.
E allora servono i colori.
E le forme.
E le note.
E le emozioni."
-Alessandro Baricco
[10 Ottobre 1988, ore 18.30]"Guardateli! Sono tantissimi!" Esclamò Michael sporgendosi dal finestrino. Dietro delle alte transenne sbracciavano urlanti centinaia e centinaia di fans, che alzavano cartelloni e manifesti sperando di essere intravisti in qualche modo. Su molti c'erano scritte frasi del tipo We Love You Michael, oppure King Of Pop, e fu un qualcosa che mi fece sorridere molto, dimostrava una tale dose di umanità e amore che tutto ciò mi sorprese, mi faceva davvero piacere per lui. In quella grande auto nera dai finestrini oscurati eravamo, da sinistra a destra, un paio di ballerini, John io e Michael. Vi era poi Gregor, l'autista dalla carnagione color cioccolato e dalla parlata dura. Ormai mi stavo abituando maggiormente -anche se a fatica- alla monotonia della vita alla quale ero stata sottoposta da poco più di dieci giorni.
Sfregai le mani sulle cosce in modo da infondere maggiore calore al mio corpo, poi virai lo sguardo verso il parabrezza posteriore. Dietro la nostra auto ce n'erano molte altre, forse tre o quattro, ed ognuna di loro conteneva i componenti della crew che si sarebbe dovuta esibire assieme al cantante o che, come me, avrebbe lavorato dietro le quinte. Il giorno prima cambiammo nuovamente destinazione, salimmo sul jet privato e atterrammo sul suolo statunitense, a Richfield e, come previsto, quella sera si sarebbe dovuto svolgere il concerto al The Coliseum.
"Non si sporga troppo Signor Jackson, potrebbe essere pericoloso." Lo avvertì l'autista osservandolo dallo specchietto di fronte ai suoi occhi, ma il cantante non lo ascoltò e decise di far scomparire il tettuccio dell'auto decappottabile.
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𝐏𝐡𝐢𝐥𝐨𝐟𝐨𝐛𝐢𝐚
Fanfiction[IN REVISIONE] Era nei momenti di solitudine che i flashback del suo passato facevano ritorno, intrappolandola in un'asfissiante morsa che la costringeva a chiudere gli occhi, a piangere e a cercare di dimenticare. Un passato turbolento, un padre co...