II~ Fuoco e cenere [pt. 2/5]

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"Nel mio cuor dubitoso
sento bene una voce che mi dice:
'Veramente potresti essere felice.'
Lo potrei, ma non oso."

-Umberto Saba

[3 Agosto 1995]

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[3 Agosto 1995]



NARRATORE ESTERNO

Mentre avvertiva il suono metallico degli squilli ripetersi ininterrottamente, Diana portava una mano davanti al petto e la sventolava tentando di farsi aria a causa dell'alta temperatura. Aspettando una qualche risposta, nel frattempo si guardò allo specchio: i capelli raccolti in un'inusuale coda alta, la maglietta bordeaux risaltava sull'argento della catenina che le scendeva delicata sul collo facendo contrasto sulla pelle abbronzata.

<Diana?>
La ragazza distolse l'attenzione dallo specchio e si rizzò col busto, abbassando il capo e concentrandosi sulla conversazione.
<Ciao Michael...> Osservò l'orario sulla sveglia accanto a sé che segnava fosse quasi l'ora di pranzo. <Ti disturbo?>
<Figurati.> Lo sentì sorridere. <Come stai?>
<Abbastanza bene, tu?>
<Abbastanza bene.>
Talìka ridacchiò. <Ora mi copi?>
<Mh... Dici?>
La ragazza sorrise e alzò le spalle. <Secondo me sì.>
Non udì nulla per circa una decina di secondi, solo il respiro del cantante che irrompeva nella quiete. <Ho sentito Joseph.> Affermò poi egli tutto d'un tratto, sospirando pesantemente e restando taciturno ancora per un po'. <Ho attaccato qualche minuto fa, anzi ora che mi ha squillato il telefono ho pensato subito che fosse di nuovo lui.>
<E com'è andata?> Domandò ella sedendosi a gambe incrociate sul materasso e osservando il pavimento sotto di esso.
<Sì, sai... Le solite cose.>
Diana alzò un sopracciglio. <Michael, io non so più quali sono le tue solite cose.>
Egli ridacchiò. <Touchè.> Sussurrò prima di continuare. <Mi ha chiamato, mi ha chiesto cosa stavo facendo e poi ha iniziato a tampinarmi di richieste.>
<Di che genere?>
Il cantante schioccò la lingua al palato. <Soldi... Pretende mezzo milione di dollari.>
La ragazza sgranò gli occhi.
<Quanto?>
<Già... Ma non è la cifra che mi interessa, piuttosto il gesto.>
Diana si morse un labbro e corrugò la fronte.
<Cosa hai risposto?>
Jackson inspirò profondamente. <All'inizio niente, in realtà.>
<Mh...>
<Ha iniziato dicendomi di aver cercato di contattarmi per tre settimane.>
Ella alzò un sopracciglio. <Seriamente?>
<Eccome. E allora io 'Okay, cosa vuoi?' E lui 'Il tuo numero è cambiato.'>
<Il che è vero, no?> Irruppe Talìka. <Me l'hai dato ieri quello nuovo.>
<Certo, è vero infatti. Devo cambiarlo spesso ma lui non lo sa mai quando lo faccio, non voglio che lo sappia. Io ho continuato con 'Comunque, cosa vuoi?'>
Diana esitò. <Voleva il mezzo milione...>
<Esatto. Gli ho chiesto se avesse ancora debiti da saldare o cosa avesse combinato stavolta, ma lui ha risposto con frasi sconnesse e ho iniziato a stancarmi. 'Lo sai Michael, te li restituirò più tardi, magari con un contratto.'> Continuò imitandolo.
Talìka passò una mano sul volto e sospirò, chiedendosi interiormente come egli riuscisse a sopportare tutto ciò da anni.
<Assurdo... Ma sbaglio o l'ha già fatto in passato?>
<Certo, sempre. Al massimo quei soldi li darei a mia madre ma non a lui. Non mi fido, è continuamente in debito.>
Posò il capo sul palmo di una mano, poggiandosi allo scrittorio e chiudendo gli occhi: sarebbe voluto partire per un posto lontano e non tornare per giorni, mesi, anni.

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