III~ Quel che sai di me [pt. 3/5]

550 39 14
                                    

"Si limitò a guardarmi.
Quello sguardo mi disse tutto
quello che c'era da dire."

-Charles Bukowski

[27 Dicembre 1989]

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.




[27 Dicembre 1989]

Osservavo attentamente e con diligenza lo scroscio dell'acqua che fuoriusciva dalla cipolla della doccia: le molteplici gocce sfioravano la mia cute e continuavano il loro corso lungo tutto il corpo, carezzandone le delicate ed esili forme. Correvano lungo la coscia, il polpaccio e la caviglia, per poi finire in un turbine che le attirava e faceva cadere al di sotto del pavimento della doccia. Era un rapido movimento rotatorio, faceva quasi venire il giramento di testa a guardarlo. Ricordai che quando ero molto piccola era mia abitudine rannicchiarmi alla base della vasca e rimanere a contemplare per uno, due o tre minuti al massimo quel piccolo vortice che si veniva a creare a motivo del fruscio dell'acqua. A volte cercavo di fermarlo, altre mi chiedevo fin dove sarebbe arrivato tutto quel sapone. Poi, non appena mia madre mi richiamava dicendomi di non sprecare l'acqua, lo richiudevo immediatamente ed iniziavo veloce ad insaponarmi. Ed era ciò che stavo ripetendo in quel momento, nel rammentare tutto ciò non mi resi conto che compii lo stesso identico gesto. Quasi sorrisi all'idea. Afferrai il barattolo di bagnoschiuma: sul lato frontale vi era inciso fosse all'aroma di vaniglia. Così lo versai sul palmo della mano e cominciai a passarlo su tutta la superficie del mio corpo con freneticità, cercando di sfregare un poco cosicché il profumo si sarebbe potuto meglio impregnare sulla pelle. Tentai di far attenzione a non bagnare anche i lunghi capelli castani che avevo accuratamente raccolto in un grande e disordinato chignon, poi tornai con le dita sul rubinetto e lo richiusi. Tutt'attorno si formò il totale silenzio: lo struscio era terminato ed ogni tanto si percepiva  solo qualche goccia che, ripetutamente e con un cadenzato ritmo, si schiantava contro la base della doccia. Aprii l'anta in vetro di quest'ultima e posai i piedi sul bianco tappetino sotto di me. Mi guardai attorno alla ricerca dell'asciugamano che credetti di aver precedentemente preparato, ma purtroppo era troppo lontano da me ed io ero completamente fradicia. Sbuffai sonoramente, se avessi camminato su quel pavimento liscio sarei sicuramente caduta. Mi grattai la nuca imbarazzata.

"Michael!" Lo chiamai alzando la voce sperando in qualche modo che potesse sentirmi, la sua risposta arrivò immediata e con lo stesso identico tono.
"Sì?"
"Mi sono dimenticata di prendere l'asciugamano e la maglietta!"
Dall'altra parte della porta potei avvertire una sguaiata risata contagiosa.
"Cosa ti ridi?"
"Sei unica."
"Me li potresti passare?"
"Dove sta la maglietta che ti ho dato ieri?"
"Dovrebbe stare sulla poltrona accanto al materasso."
Ora dei passi si facevano sempre più vicini alla parete che ci divideva. La voce era più nitida.
"Ma tu in quali condizioni sei?"
"Oh sai, io faccio la doccia vestita." Risposi ironicamente e portando la mano su un fianco.
"Come vuoi che sto? Sono nuda!"
Passarono secondi di silenzio.
"E tu vuoi che io entri a passarti questa roba mentre non hai neanche uno straccio addosso?"
"Mi chiedo perché tu stia facendo la questione così lunga. Tappati gli occhi."
"E poi come faccio a trovare quello che ti serve?" Nella sua voce avvertivo una grande dose di ironia e divertimento, tanto che inevitabilmente contagiò anche me.
"Vai a tastoni!"
"Gli occhi sono fatti per guardare."
Intanto la maniglia si stava abbassando, ed io cercai ancor più con lo sguardo qualcosa che potesse coprirmi. Alla fine mi dovetti arrangiare con una bacinella che oscurava a malapena il basso ventre mentre, il seno, era scoperto per metà.
"Copriti gli occhi."
"Sì sì." Rispose lascivo.
"Jackson, ti giuro che se provi anche soltanto a guardarmi ti soffoco."
Ed ora eccolo lì, che rideva con le palpebre coperte dalle dita che, a loro volta, erano coperte dalla stoffa della grande maglietta. Quest'ultima se la portò al naso.
"Che buon profumo."
"È il mio." Dissi.
"Lo so... Lo riconoscerei tra mille." Iniziò a fare qualche piccolo passo. "In questo momento vorrei mi cadesse la mano."
"Oh cielo..."
Rise e portò il braccio non occupato dinanzi a sé. Sapevo non avrebbe neanche tentato di scorgere qualcosa, era troppo rispettoso per farlo.
Il suo sorriso bianco era a diversi metri da me, il bagno di quella lussuosa suite era enorme.
"Dove devo andare?" Domandò mentre si voltava lentamente in ogni direzione.
"Più a destra..." Iniziai a guidarlo io.
"No, ora più a sinistra."
"Sembra che stiamo giocando a mosca cieca."
"Sei andato troppo avanti."
Toccò un gancio argenteo.
"È qui?"
"Sì, afferralo e passami entrambi per favore."
"Se sapessi dove sei lo farei."
"Sono poco più a destra rispetto a te."
Gli indumenti mi colpirono erroneamente in pieno viso, ed io cercai di afferrarli tentando di non far cadere la bacinella. Ora lo vedevo toccare la maniglia, voltarsi dandomi le spalle e scoprirsi cautamente gli occhi portando il braccio lungo giù il fianco.
"Talìka, sappi che se fossi stato un altro non mi sarei fatto alcun problema nel guardarti!" La porta si richiuse con uno scatto, così mi affrettai ad aprire la stoffa dell'asciugamano e a portarmela e arrotolarmela sul corpo, poi afferrai un lembo che incastrai sotto ad un altro in modo tale da non farlo cadere. Sorrisi a quella sua affermazione, era così vera... Lui non si era mai approfittato in alcun modo di me, la mia mente non poté far altro che tornare al giorno precedente quando, mentre l'osservavo asciugarsi il volto liscio, mi prese e mi portò di peso sul materasso. In quel momento ebbi timore, ebbi paura potesse cercare di persuadermi, invece mi dimostrò che desiderava solo accoccolarsi sul mio corpo caldo. Per poter fare ciò però mi diede un bacio, sussurrandomi e chiedendomi se fossi stata d'accordo. Rammentai il calore del suo viso roseo, ricordai il suo respiro solleticarmi la pelle al di sopra delle costole. Poi tornai ad io che attorcigliavo i suoi ricci corvini in quel momento spettinati ma, al contempo, morbidi e setosi. Serbai memoria per la conformazione della sua schiena magra e delineata che sfioravo delicatamente con il polpastrello di un indice, alle sue scapole, alle sue spalle. Cercai in ogni modo di non provocar dolore a quella tremenda ustione al cuoio capelluto, avrei voluto saperne di più al riguardo ma non feci alcun tipo di domanda. Mi godetti il momento.
Lo carezzai mentre si addormentava su di me.

𝐏𝐡𝐢𝐥𝐨𝐟𝐨𝐛𝐢𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora