II~ Quel che sai di me [pt. 2/5]

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"Quella sua maglietta fina,
tanto stretta al punto che
m'immaginavo tutto.
E quell'aria da bambina che
non gliel' ho detto mai ma
io ci andavo matto..."

-Claudio Baglioni

[26 Dicembre 1989]

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[26 Dicembre 1989]

"Poi ho agguantato il mio boa e-"
"Il tuo boa?" Gli domandai interrompendolo e ridendo sguaiatamente assieme a lui.
"Sì! Povero il mio Muscles, l'ho fatto volteggiare come fosse stato il cappio dei
cow-boy. A quel punto Frank ha smesso di correre, ha tirato fuori la pistola puntandola all'animale e ha detto 'Se non metti giù quel maledetto rettile lo faccio fuori!' Iniziai a ridere come un pazzo."
"Oh santo cielo, sei serio?"
"Serissimo. Te lo giuro, è successo davvero." Mi rispose incrociando le gambe sul pavimento. Io ero invece sdraiata sul letto con la schiena che aderiva al materasso, e a testa in giù l'osservavo sorridendo con le mani congiunte sul ventre.
"Ma Frank chi? Il tuo ex manager?"
"Sì..." Rispose abbassando lo sguardo per poi rialzarlo su di me e sorridermi. "Sì lui."
Mi accigliai corrugando la fronte.
"Quindi fammi capire..." Dissi gesticolando. "Tu hai uno scimpanzé domestico, quello che hai portato in tour... Ehm, come si chiamava?"
"Parli di Bubbles?"
"Sì Bubbles, ed ora scopro che hai anche un boa?"
Egli si posò comodamente con la schiena al muro, adagiò i gomiti sulle ginocchia e ridacchiò sonoramente portandosi una ciocca riccia e corvina dietro l'orecchio.
"Ma non ho solo loro due."
"Solo..." Ripetei ironica prima che potesse continuare.
"A Neverland io ho uno zoo, e lì ci sono anche una coppia di lama che accudisco da quattro anni, Louis e Lola, delle giraffe, dei leoni, due cerbiatti, i cigni nel lago..."
"Leoni? Cigni nel lago?"
"Sì, cigni nel lago."
"Quindi nel tuo modesto appartamento di più di mille ettari hai anche dei laghi artificiali?"
Iniziò a ridere quando notò il mio sguardo sorpreso e la mia bocca spalancata.
"Se ti dicessi di no starei dicendo una bugia."
Mi scrutò attentamente.
"E comunque ti consiglio vivamente di rimetterti composta, così ti va il sangue al cervello."
Feci come mi disse, ed in effetti dovetti posare le mani sulle tempie non appena mi raddrizzai.
"Ti gira la testa?" Mi domandò sedendosi sul materasso accanto a me, ed io annuii sorridendo amaramente.
"Non è stata una buona idea." Parlai sussurrando.
"No, non direi proprio." Rispose lui ridacchiando e lasciandomi un bacio sulla nuca.

Ora ci eravamo nuovamente seduti sulle morbide coperte dal tessuto spesso e pesante, le schiene aderivano al muro dietro di noi.
Il ragazzo mi aveva chiesto ripetutamente e più volte di raccontare, come fece lui poco prima, qualche aneddoto divertente riguardo alla mia vita, alla mia adolescenza o alla mia carriera.
Osservai il soffitto e mi decisi a parlare.
"Oh, ho trovato!"
Attirai la sua attenzione e poi cominciai.
"Mi trovavo agli ultimi anni di liceo, ricordo che al professore di matematica risultavo davvero antipatica, ma la cosa era reciproca. Per non so quale assurda ragione ogni volta che arrivava in classe voleva che gli posassi la giacca sull'attaccapanni, faceva così con ogni studente delle sue aule e poco dopo quello stesso giorno mi riconsegnò il test della settimana precedente."
"Un test?"
"Sì purtroppo."
Già notavo il petto di Michael alzarsi ed abbassarsi a ritmo delle risate.
"Perciò, presa dalla collera per aver ricevuto un ingiusto voto insufficiente, scrissi su un piccolo post-it 'Dammi un calcio' e quando mi chiese di ridargli la giacca, prima che se ne andasse, glielo attaccai sulla schiena." Ora osservavo Michael ridere molto più forte, quelle risa erano così cristalline e contagiose.
"Il mattino seguente fece la sua entrata in aula e notammo tutti camminasse in modo strano, che quasi zoppicasse. Quando dei ragazzi gli chiesero cosa fosse successo lui raccontò che il giorno prima due, tre o forse quattro studenti gli avevano dato dei calci sul fondoschiena. Si venne a scoprire che si trattava del gruppetto più malfamato della scuola che faceva sempre danni, ma non potevo non ridere. Vennero espulsi..."
Jackson sgranò gli occhi.
"Ma... Ma non ti ha punita?"
"No, perché non c'erano prove che dimostravano fossi stata io. Il giorno precedente dopo aver fatto lezione nella nostra aula era andato in molte altre, e devi ricordare che in ognuna di esse c'era sempre un ragazzo che prendeva la sua giacca e gliel'appendeva per poi riconsegnargliela come fosse stato un fattorino. Perciò l'ho scampata."
Michael alzò il capo scuotendolo più volte, poi mi diede scherzosamente una pacca sul ginocchio.
"Piccola peste. Tutto calcolato eh?"
"Già." Risposi con aria innocente.

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