I~ Luce nell'ombra [pt. 1/5]

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"I bambini mostrano nei loro sorrisi
il divino che c'è in ognuno.
Questa semplice benedizione brilla dritta dal loro cuore e chiede
solo di essere vissuta."

-Michael Jackson

-Michael Jackson

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[30 Giugno 1989]

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[30 Giugno 1989]

Presi in mano la borsa e con uno slancio me la posai sulla spalla, ero ancora affannata dalla corsa che feci dal bus a casa.
Ma mi ero data uno scopo.
"Grace, io vado." Dissi andando incontro alla ragazza che, ancora seduta a tavola, masticava un biscotto appena intinto nel latte.
"Stai facendo una gran cosa, sai?" Parlò mentre si puliva la bocca con il tovagliolo.
"Sono fiera di te, piccola Meyer."
Le andai incontro e l'abbracciai, strusciando poi la mano sulla sua schiena.
"Lo faccio solo perché è una cosa che sento dentro... E poi, dopo aver visto quel povero bambino... Dopo il mio passato, insomma non potevo restare senza far niente. Non ce la faccio a rimanere in silenzio e non darmi da fare, ecco."
Mi strinse ancora più forte.
"Mi chiedo tutta questa bontà da chi tu l'abbia ereditata." Le sorrisi e le diedi un veloce bacio sulla fronte, poi mi allontanai e raggiunsi la porta, aprendola e sparendo dietro di essa.

Intanto, mentre camminavo e il vento mi sfiorava i capelli raccolti in una crocchia non troppo ordinata , ripercorrevo il tragitto sul quale la settimana scorsa vidi Bryan, un bambino che avrebbe potuto avere più o meno quattro anni, venir picchiato dalla madre. Era sul marciapiede e cercava di alzarsi, ma lei lo spintonava urlando qualcosa che non riuscii a capire mentre agitava le grandi mani. Cosa avrebbe potuto fare un bimbo di quell'età di così grave da far scaturire in lei quello stato d'animo così irrequieto? Nulla.
Ma quando istintivamente corsi dall'altro lato del marciapiede per intervenire e quei grandi occhi scuri mi videro e mi vennero incontro, il cuore mi si strinse in una morsa. Con un groppo alla gola lo sentii stringermi dalle sue braccia lisce ed esili. Non mi aveva mai visto, ma mi diede confidenza e mi disse il suo nome mentre gli asciugavo le palpebre bagnate. Quando la madre si rese conto che suo figlio si stava avvinghiando attorno alle mie gambe, inizialmente assunse un'espressione spaesata, poi si avvicinò con rabbia. Tentai di non darle peso e continuai a parlare con il figlio, che mi confidò l'età e il nome. Quando lo accarezzai dopo essermi alzata, camminai in direzione della donna che, immediatamente, iniziò ad alludere al fatto che Bryan si era comportato male, che l'aveva fatta innervosire e perciò lo aveva punito. Purtroppo non potei fare nulla, se non voltarmi, dare un bacio sulla fronte del bambino e guardare la donna con un'espressione di profondo disapprovo. In quel piccolo rividi me stessa da bambina: indifesa, fragile, senza alcun tipo di colpa.
Ed ora che passeggiavo su quello stesso marciapiede, ripensavo alla telefonata che intrapresi con Michael pochi minuti dopo.
Lo chiamai con un senso di vuoto al centro del petto e lui rispose subito, non mi fece aspettare un istante.

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