II~ Scoprimi [pt. 2/5]

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"Ci sono molti che non vogliono
dormire per paura degli incubi.
Purtroppo, ci sono molti che non vogliono svegliarsi per la
stessa paura."
     
                          -Richelle E. Goodrich

"Mi baciò, e la mia bocca scrisse una poesia di benvenutosulle sue labbra

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"Mi baciò, e la mia bocca scrisse
una poesia di benvenuto
sulle sue labbra."

-Terri Guillemets


[7 Dicembre 1988]

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[7 Dicembre 1988]


NARRATORE ESTERNO

Diana era lì, avvolta nel buio della notte.
Si era svegliata all'una, aveva appena terminato di fare una passeggiata impegnata a rincorrere lungo il marciapiede un ciottolo, calciandolo quando esso finiva sulla sua traiettoria e le intralciava il cammino.
Mentre ora era di nuovo sotto le coperte.
Finì di parlare al telefono con Grace, chiedendole se avesse avuto modo di sapere le condizioni della madre, addormentata in quel terribile sonno che pareva interminabile.
Ma a cosa le serviva? Ogni giorno si recava da lei sperando riaprisse gli occhi. Anche quella volta la risposta fu negativa, e il solito peso sullo stomaco non l'abbandonò, costringendola a non chiudere occhio. Aveva paura. Paura di sé stessa e di ciò che la sua mente avrebbe potuto ricordare, portandola a vivere indietro nel tempo degli istanti dai quali, nel bene e nel male, era fuggita... Almeno fisicamente.
Dopo la tappa a Los Angeles, il 13 Novembre, il tour aveva momentaneamente sospeso i concerti. Perciò ognuno tornò nelle proprie case e dalle proprie famiglie, ma Diana aveva una famiglia? Da chi sarebbe tornata? Rincasò in quelle quattro mura che le donavano quel senso di frustrazione dal quale avrebbe voluto liberarsi, come una mosca in una ragnatela, come se avesse avuto le manette. Lì dentro c'era una forza attrattiva che, con mente e spirito, faceva tornare in vita i demoni del suo passato.
Della sua infanzia rovinata, sbriciolata.

Durante quel mese non mancarono i momenti di svago vissuti assieme a Grace, ma questi non erano assolutamente paragonabili a quelli durante i quali si rifugiava in camera, chiudendo gli occhi e immaginandosi una vita diversa, migliore. Aveva timore le sarebbe accaduto ciò che le successe durante uno dei periodi adolescenziali più brutti della sua vita, ma quando da più giovane lo faceva, era semplicemente un modo per cercare di passare il dolore dallo stato emotivo a quello fisico: incidersi gli avambracci di segni non troppo profondi, superficiali, proprio come si sentiva lei. Verso il sedicesimo compleanno era riuscita fortunatamente a ritrarsi da quell'abitudine.
E questa era una delle poche cose che la facevano sentire fiera di sé stessa.

𝐏𝐡𝐢𝐥𝐨𝐟𝐨𝐛𝐢𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora