III~ Fiore d'inverno [pt. 3/3]

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"Non so spiegarti l'amore.
So che dentro c'è molto perdono,
tanta cura, colori vastissimi, un po' di chimica, un po' di incastro e un po' di destino, brividi, capricci e risate e la voglia
di avventurarsi insieme nelle spire
incantate del tempo."

-Fabrizio Caramagna

"La natura di ognuno di noi è fiorire

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"La natura di ognuno di noi è fiorire.
Non importa se fuori è inverno."

-Iris Controluce

[19 Gennaio 1996]

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[19 Gennaio 1996]


NARRATORE ESTERNO

Aprì gli occhi con confusione, portando lentamente una mano su di esse e sbadigliando. Ogni suo senso era ancora ovattato, inizialmente riuscì a percepire solo la luce fioca di un'alba da poco sbocciata che filtrava dalle tende e il calore generato sotto le coperte pesanti del suo letto, un calore che si era fuso assieme al suo. Girò il capo verso destra quel poco che le bastò per constatare la presenza di Michael lì vicino a lei che, con entrambe le braccia sotto al cuscino e il petto rivolto al materasso, nascondeva metà del volto sulla federa. La schiena, nuda, era rimasta scoperta dal lenzuolo. Un piccolo accenno di sorriso comparve sul volto della donna: materna com'era, si preoccupò immediatamente di alzare un lembo del piumone e lasciare che si adagiasse sul corpo dell'uomo, non avrebbe mai voluto che sentisse freddo. Sembrava dormisse profondamente, in cuor suo ne fu contenta.
Era sereno.

Tentando di muoversi il più delicatamente possibile, scese dal materasso e posò sul pavimento freddo i piedi scalzi, camminando sulla punta e arrivando alla porta per chiudersela poi alle spalle. Non voleva accendere già la luce, era ancora assonnata e così camminò a tastoni, scendendo gradino dopo gradino tutta la rampa di scale che l'avrebbe condotta al piano inferiore. La sete l'aveva svegliata e anche nel tragitto verso la cucina non fece che inumidirsi le labbra. Strizzando le palpebre per poi riaprirle lentamente -abituandosi all'interruttore della luce che ora fu costretta ad accendere- avanzò verso un bicchiere e aprì il rubinetto dell'acqua, riempiendo l'oggetto fino all'orlo. Mentre beveva spostò lo sguardo sull'orologio a muro della cucina, segnava fossero appena alle sei del mattino.
Quando lo ripose, portò una mano sullo stomaco e guardò verso il soffitto per trattenere il senso di nausea che da più di due settimane non le dava pace. L'unica cosa che la rasserenava era sapere che fosse causato dalla cosa più bella che le sarebbe mai potuta capitare.
Posò una mano sul marmo del davanzale della cucina, mentre con l'altra si sfiorò il ventre.
Faceva ancora fatica a crederci.

𝐏𝐡𝐢𝐥𝐨𝐟𝐨𝐛𝐢𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora