I~ Esordio [pt. 1/5]

2.2K 118 204
                                    

"Tutto comincia in un attimo, in
un giorno qualunque della vita,
quando meno te lo aspetti."

-Romano Battaglia

-Romano Battaglia

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.


[26 Settembre 1988]

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.




[26 Settembre 1988]

Come ad ogni calar della luna, quella notte la mia mente mi rese soggetta ad uno strano sogno: non era riprovevole come tutti quelli che si facevano spazio nel mio sonno da due anni a quella parte. Era strano, ambiguo e contorto, tanto che inizialmente non ne capii il significato. In quel luogo completamente buio neanche uno spiraglio di luce si intravedeva tra la fitta oscurità. Avvertivo il respiro pesante e le mie mani, disperatamente, tentavano di trovare a tastoni l'uscita del posto nel quale mi trovavo.
Inaspettatamente, come alla fine di un tunnel, un bagliore fortissimo mi colse di sorpresa mostrando qualche metro più avanti a me la sagoma sbiadita di una persona silenziosa. Restava immobile, sembrava una statua di sale. Nonostante i continui tentativi non riuscivo a distinguere il suo volto a causa di quella luce accecante, scorsi solo le mani che si rigiravano lentamente un delicato oggetto, forse una piccola clessidra. Abbassando il capo e scuotendolo a destra e a sinistra, come se stesse pensando a qualcosa di negativo e addolorante, sospirò. Un enorme boato si fece spazio attorno, voci e grida di ogni tipo chiamavano un nome che non decifrai. Portai le mani alle orecchie e continuai a fissare il soggetto dinanzi a me: questo afferrò l'arnese che teneva tra le dita, s'inginocchiò al pavimento e con veemenza lo scagliò al suolo più e più volte ancora, senza fermarsi. Poi si rialzò, sospirò e mi guardò, anche se io non potei scorgere i suoi occhi sapevo che mi stava osservando. Se ne andò con passo lento mentre la sabbia della clessidra era ancora lì, immobile, mentre ora si era nuovamente creato tutt'attorno il silenzio. Essa veniva spazzata via da un vento freddo, quasi gelido, finché dell'elegante e raffinato oggetto in vetro non ne rimasero che le scaglie taglienti.

{...}

Quel pomeriggio, lo stretto e corto viale in cemento che univa l'ingresso del cancello alla porta di casa mia, era completamente ricoperto di foglie scure e secche, alcune erano addirittura frantumate: probabilmente erano cadute dall'imponente e maestoso glicine che padroneggiava il mio giardino. Quei fiori, durante le stagioni calde, ricadevano colorati e profumati lungo la sottile staccionata in ferro che separava il mio spiazzo da quello della vicina. Ma era autunno, e le foglie e i loro meravigliosi boccioli violacei stavano pian piano morendo: lentamente, uno alla volta, si lasciavano cullare dal vento che in quel momento carezzava anche i miei capelli sciolti, intraprendendo una flemmatica caduta verso il suolo che sarebbe stato pronto ad accoglierli. Prima di aprire il cancello mi limitai ad osservare da dietro la soglia le ramificazioni più alte: erano spoglie, da loro traspariva un sottile ma pungente filo di malinconia reso tale anche dal silenzio creatosi attorno ed interrotto solo dal fruscio del vento fresco. Abbassando lestamente lo sguardo, portai una mano alla tasca destra della giacca che indossavo e tirai fuori da lì il mazzo di chiavi che mi avrebbe permesso di entrare nel vialetto. Ogni volta non potevo far altro che osservare il piccolo oggetto incastrato nell'anello argenteo che univa tutta la ferraglia: rappresentava una scarpetta rosa dalla suola marroncina, i piccoli lacci erano invece gialli.
'Frankfurt', Francoforte, vi era inciso sopra.

𝐏𝐡𝐢𝐥𝐨𝐟𝐨𝐛𝐢𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora