I~ Estensione di te [pt. 1/7]

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"C'è qualcosa in te,
fisso i tuoi occhi
e mi sembra di trovare
tutto cio' che cerco."

-Michael Jackson

-Michael Jackson

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[21 Ottobre 1995]

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[21 Ottobre 1995]

NARRATORE ESTERNO

"Aspetta tesoro, ora cerchiamo di alleviare un po' il tutto. D'accordo?"
La ragazza alzò il tono della voce affinché l'adolescente potesse udirla, arrivando poco dopo nella camera da letto e raggiungendola: tra le mani teneva saldamente una pentola contenente dell'acqua fredda e una stoffa chiara.
Azmera respirava con affanno e tremava, lamentando di tanto in tanto il suo malessere. Diana si sedette sulla sedia accanto al letto, posando la pentola sul comodino e protendendo le mani verso il corpo della bambina. "Fammi vedere." Affermò chiedendole di alzare il braccio.
Afferrò il termometro e lo puntò alla luce dell'abat-jour.
Sgranò gli occhi e chiuse le palpebre in due fessure, sussurrando poi: "Trentanove e due..."
Ripose lo strumento nel cassetto e rivolse il busto alla più piccola.
Quest'ultima aveva gli occhi lucidi a causa dell'alta temperatura, teneva i capelli legati in una riccia acconciatura disordinata e la coperta quasi le arrivava al mento.

Senza dirle nulla, Diana afferrò il piumone che le copriva il corpo e lo scoprì.
"Ho freddo!"
"Lo so, ma devi lasciare che la temperatura si abbassi." Rispose Talìka donandole una carezza e sorridendole poi. "So come ti senti, ci sono passata tante volte quando ero bambina... Mia madre mi è sempre stata vicino. A proposito, guarda." Indicò la pentola. "Ora ti faccio qualche bagnolo. Sono i rimedi antichi, ma ti assicuro i più efficaci."
Azmera annuì.
"Va bene..." E dopo aver fatto in modo che si posizionasse più comoda allo schienale del letto, Diana impregnò la stoffa nell'acqua fredda e chiese alla bambina di non muoversi troppo.

Non appena il fazzoletto toccò la fronte bollente, la piccola trasalì.
"No, no-" Tossì. "È troppo fredda."
"È a malapena un po' fresca, tu la senti così perché hai la febbre."
"Lo so, ma-"
"Niente ma, piuttosto pensa a qualcosa di bello per distrarti un po'."
"A cosa dovrei pensare?"
"Non lo so..." Continuava Meyer, affondando nuovamente la stoffa nella pentola e tornando a posizionarla delicatamente sul volto dell'altra, già più tranquilla.
"Qualsiasi cosa tu voglia." Terminò.
La ragazzina chiuse gli occhi, ascoltò il silenzio presente in quella stanza e le goccioline d'acqua che si riversavano nel loro contenitore non appena il fazzoletto veniva strizzato al suo interno.
Poi alzò un angolo della bocca, sollevò nuovamente le palpebre e studiò Diana da capo a piedi: in quel momento, per la prima volta nella sua vita, si rese conto di quanto quella giovane sia stata fondamentale per lei, per la sua crescita e la sua salvezza. Ricordava ancora il primo giorno in cui la vide, era entrata nella sua stanza d'ospedale con passo felpato e un grande sorriso sul volto. Era grazie a lei se ora aveva trovato una famiglia che l'aveva amata, accettata e accolta, una famiglia tutta sua seppur temporanea, in quanto determinata nella ricerca della sua vera madre, delle sue vere radici.
Del suo vero io.
Ma di questi pensieri non ne fece parola, neanche adesso che Diana la stava guardando con curiosità e simpatia, tentando di capire cosa frullasse nel cervello di quella giovane dagli occhi vispi.

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