One.

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L'aeroporto era un posto pieno di gente, di sogni, di speranze e anche di suoni, un punto di incontro, dove i sogni si univano alla realtà, dove tutti si concedevano quel pizzico di follia e felicità che in altri giorni non potevano avere.
La gente che affollava l'aeroporto, che fosse di partenza o di ritorno, aveva il cuore colmo di felicità e la voglia di scoprire che cosa sarebbe accaduto lì dove erano appena atterrati, borsone in spalla e una speranza nel cuore, tutti erano pronti a ricominciare.
L'aeroporto era il posto dei sognatori, di quelli che non erano riusciti ad accontentarsi di ciò che la vita aveva offerto loro, di quelli che cercavano di realizzare i loro sogni lì dove potevano essere se stessi, i sognatori erano quelli che restavano in piedi anche dopo le tempeste, quelli che sapevano che oltre le nuvole il cielo continuava ad essere azzurro e avevano fatto di quel colore il simbolo della loro speranza, del loro sole.

-"Si avvisa ai gentili passeggeri che l'aereo proveniente dall'aeroporto internazionale di Orlando è appena atterrato." Uno squillo riecheggiò nella sala d'attesa, prima che la voce femminile robotica riempisse le orecchie delle centinaia di passeggeri che attendevano il proprio volo, il volo che li avrebbe portati nel luogo da loro desiderato, sognato per tanti notti, o anche da un familiare che non rivedevano da troppo tempo.
Un volo poteva ricondurli a casa o lì dove se ne sarebbero creata una nuova, basata solo sui loro sogni e desideri.
-"A breve un nuovo volo partirà per Orlando, invitiamo i gentili passeggeri a recarsi al Terminal 5.
Ripeto, volo diretto per Orlando al Terminal 5." Ripeté la voce robotica e un brusio generale si innalzò, diverse riviste si chiusero al sentire quelle parole, delle valigie si scontrarono e i proprietari brontolarono delle scuse poco convinte, il loro viaggio stava per iniziare e loro temevano di non essere pronti, pronti a ciò che sarebbe successo.
-"Ai gentili passeggeri appena atterrati diamo il nostro più caldo benvenuto sul suolo di New York, la vostra vita sta per cambiare, qui nulla rimane uguale.
Benvenuti, ai passeggeri provenienti da Orlando, a New York!" Esclamò la voce robotica e se solo avesse avuto un viso sicuramente sarebbe stato sorridente in quel momento. "I gentili passeggeri provenienti dall'aeroporto internazionale di Orlando, sono invitati a recarsi al Terminal 3 per prendere i loro bagagli e sottoporsi agli ultimi controlli.
Ripeto, i passeggeri provenienti da Orlando sono invitati a recarsi al Terminal 3.
Buona giornata." Concluse la voce e un nuovo suono squillante si diffuse nell'aeroporto gremito di persone, tutti loro sapevano che quella sarebbe stata l'ultima comunicazione fino all'arrivo del prossimo volo, che sarebbe atterrato a momenti.

Un gruppo di persone, ammassate l'una sull'altra ma con il sorriso stampato sul viso stanco per il viaggio, si affannava per scendere dall'aereo che li aveva condotti sul suolo newyorkese, emozionati all'idea di ciò che poteva accadere ora che erano giunti in quel luogo che era stato base della realizzazione di tanti sogni, che aveva visto tanta gente, che aveva vissuto nell'anonimato, iniziare a splendere come se fossero delle stelle.
New York era per tanti la terra dei sogni, per loro che cosa sarebbe stata?
Un ragazzo dai capelli tinti di biondo, in modo abbastanza maldestro per altro, se ne stava dietro quella massa di persone, per niente desideroso di lasciarsi spingere in quella massa sudaticcia di persone con cui aveva condiviso le ultime ore della sua vita, e continuava a sbuffare annoiato di vedere la scena che gli si presentava davanti, trovava terribilmente noioso dover attendere minuti interi solo per riuscire a procedere di un gradino, per di più rischiando di cadere ad ogni passo.
-"Oh, adesso basta!" Esclamò il ragazzo annoiato e lasciò cadere, oltre il corrimano tinto di bianco della scala. "Faccio a modo mio." Aggiunse e, con un salto felino, balzò e atterrò accanto al suo borsone, aveva rischiato di rompersi una gamba ma lo avrebbe preferito al continuare a stare dietro quella gente.
Un coro sorpreso, e affascinato, si innalzò quando il giovane ragazzo dai capelli biondo realizzò il suo salto, tutti erano ammaliati dalla grazie e, seppur totalmente contrastante, la forza che quel ragazzo aveva dimostrato con un gesto tanto semplice.
-"Bel salto, biondino!" Urlò una ragazza dal corto vestito bianco, totalmente inadatto per quella fredda giornata di inizio dicembre. "Non che tu sia da meno." Aggiunse e fece l'occhiolino al biondo che le stava sorridendo, mentre si ripuliva la felpa grigia. "Come ti chiami biondino?" Chiese la ragazza e si scostò dal viso una ciocca di capelli castani, sfuggita all'elaborato chignon.
-"Federico." Rispose il ragazzo e si sistemò il borsone blu sulla spalla. "Mi chiamo Federico."

Il corridoio, con vetri al posto delle pareti che lasciavano vedere ciò che accadeva fuori, era meno affollato di quanto il biondo pensasse, con il borsone sistemato sulla spalla si avviava verso la nuova vita che lo aspettava, una nuova vita newyorkese.
Federico, chiamato da tutti Fede o Fè, era un ragazzo poco più che ventenne, veniva da Orlando, una città tanto bella quanto crudele, tra quelle strade non aveva mai trovato il suo posto, non si era mai sentito apprezzato neanche dal suo stesso sangue, neanche dalla donna che lo aveva dato alla luce solo per abbandonarlo al buio e quando aveva trovato la sua possibilità di cambiare, di scappare via da tutto ciò che era, non aveva esitato a rincorrerla e per farlo aveva preso un aereo diretto a New York, che cosa gli sarebbe successo nella grande mela?
Avrebbe trovato il suo posto nel mondo o sarebbe stato cacciato anche da lì?
Per lui era tutto da scoprire e non vedeva l'ora di farlo.

Il terminal indicato dalla voce robotica era praticamente deserto, nessuno dei suoi vecchi compagni di viaggio era giunto e immaginò fossero ancora intenti a scendere dall'aereo ma non se ne preoccupò, per lui era un bene che non ci fosse nessuno, tutto ciò che voleva era recuperare le sue cose e uscire da quel luogo tanto affollato che gli provocava un forte mal di testa.
-"Benvenuto a New York, signore." Gli disse un uomo di carnagione scura e dal buffo cappello blu, mentre gli restituiva il suo borsone dopo aver fatto i normali controlli di routine.
Il biondo si sforzò di sorridere, e non era sicuro di esserci riuscito, prima di allontanarsi e alzare gli occhi al cielo, era lì da solo qualche minuto e già diverse persone, anche troppe secondo lui, gli avevano dato il benvenuto ma quelle stesse persone avrebbero saputo valorizzarlo e accettarlo?
Un piccolo cartoncino bianco con una scritta blu attirò la sua attenzione, evidentemente a disagio, un ragazzo poco più grande di lui se ne stava tra altre persone, felici e rumorosi, con un foglio retto tra le due mani e lo sguardo annoiato di chi voleva tornare a casa; Federico non poté evitare di notare quanto elegante fosse quel giovane dai capelli mori, stretto nel suo abito di alta sartoria nero e con uno scintillante rolex al polso, quell'orologio però impallidiva in confronto ai due diamanti che quel ragazzo aveva come occhi.
"Proprio come lo immaginavo." Pensò Federico e, con un mezzo sorriso soddisfatto stampato sul volto, si avvicinò al ragazzo che reggeva un cartoncino con il suo nome scritto in blu.
Qui per Federico Rossi.
-"Salve, lei deve essere il signor Mascol..." Stava dicendo allegro Federico ma l'altro lo zittì bruscamente.
-"Sei solo in prova, ti tengo d'occhio, posso rispedirti da dove vieni senza troppi problemi.
Attento a ciò che fai." Disse, con tono brusco, il ragazzo vestito di tutto punto e gettò all'indietro il cartoncino che reggeva. "Benvenuto a New York, Rossi." Aggiunse prima di girare i tacchi e dirigersi verso l'uscita dell'aeroporto.
-"Benvenuto a New York, Federico." Si disse il ragazzo e sospirò pesantemente, la sua nuova vita era iniziata.

Terminal || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora