Grossi nuvoloni grigi coprivano il cielo di quella mattina di quasi metà ottobre sembrava potesse scoppiare una vera e proprio tempesta da un momento all'altro ma nessuno sapeva il momento esatto in cui sarebbe successo, si limitavano a sperare che fosse il più tardi possibile, quando loro sarebbero stati al sicuro nelle loro calde dimore, speravano non li cogliesse impreparati, che non gli rovinasse la giornata e tutti i loro progetti.
Gli abitanti di New York si muovevano veloci tra quelle strade rumorose lanciando continuamente uno sguardo al cielo per verificare quale fosse la situazione, di tanto in tanto cercavano riparo sotto a qualche porticato per regolarizzare il respiro, messo a dura prove dalle corse che stavano facendo per sbrigare le loro commissioni, e non rischiare di bagnarsi nel caso fosse scoppiata una tempesta; le automobili, invece, sfrecciavano senza troppa fretta godendosi lo spettacolo di New York con lo sfondo del cielo nuvoloso, anche nelle situazioni più avverse quella città riusciva a splendere, a differenza dei pedoni loro non temevano una possibile tempesta, loro erano al sicuro nelle loro autovetture scintillanti, non si fermavano a pensare ai passanti, pensavano a loro e ai loro interessi.
New York era una città magica, una città dove non ci si annoiava mai, dove c'era sempre qualche novità che catturava l'interesse dei presenti ma, in fin dei conti, nessuno si interessava davvero a ciò che succedeva ai loro vicini, ognuno pensava a sé è quello Benjamin lo aveva capito fin da piccolo, se voleva vivere in una città come quella doveva mettere lui prima di tutto il resto e lo aveva fatto, lo aveva fatto fino a quando non aveva incontrato due occhi che lo avevano sconvolto, che lo avevano fatto innamorare, aveva messo lui stesso prima di tutto fino a quando non aveva incontrato Federico e aveva capito che far felice lui veniva prima di qualsiasi cosa, anche prima di lui.
In quella grande casa che era il sogno di molta gente a vederla dall'esterno, il meteo era l'ultimo dei loro problemi, una tempesta ben peggiore si era abbattuta su di loro e nessun ombrello o porticato sarebbe riuscito a metterli al riparo, nessuno li avrebbe salvati da ciò che era appena successo.
Erano rimasti soli.
-"Ho paura, Ben."
-"Paura di cosa?"
-"Non l'ho mai detto, non volevo farti preoccupare e stare male ma ho paura.
Ho tanta paura." Disse Federico. "Ho paura che questa sia la fine, quando chiudo gli occhi ho paura di non riaprirli mai più, ho paura di non poter più rivedere i tuoi occhi che guardano i miei.
Ho paura perché sento di non aver fatto tutto ciò che volevo nella vita, non sono riuscito ad andare in Nuova Zelanda come desideravo e passare lì il capodanno sapendo di essere tra i primi nel mondo a poter festeggiare il nuovo anno, non sono riuscito a crearmi una famiglia e non sono riuscito neanche ad urlare ciò che pensavo sulla cima del monte Everest, non ho realizzato molti dei miei sogni e ho paura perché non potrò più farlo.
Ho paura perché sento tutto intorno a me diventare sempre meno nitido e la vita diventa un ricordo sempre più lontano.
Ho paura di perderti anche se sarai tu a perdermi, ho paura di non riuscire a dirti tutto ciò che voglio, che tu un giorno rimpianga di avermi conosciuto." Continuò. "Ho paura di morire, Benjamin."
Il moro continuava a mordersi il labbro inferiore per reprimere le lacrime che minacciavano di abbandonare i suoi occhi, senza neanche rendersene conto aveva stretto la mano del più piccolo mentre questo parlava ed era tremendamente fredda e debole.
-"Non mi perderai Federico, non devi aver paura che io mi penta di averti conosciuto perché non lo farei mai.
Tu mi hai insegnato a vivere e io te ne sarò grato per la vita." Disse. "Tu realizzerai tutti i tuoi sogni, Federico, e lo farai con me al tuo fianco.
Urlerai ciò che vuoi sulla cima del monte Everest e io urlo urlerò che ti amo, creeremo la nostra famiglia e festeggeremo capodanno in Nuova Zelanda." Continuò. "Faremo tutto ciò che vuoi perché questa non è la fine, non è la tua fine.
Tu non morirai, Federico, non ora." Aggiunse e si lasciò andare ad un singhiozzo. "Non ora, per favore..."
Il più piccolo sospirò e strinse, per quanto possibile, la mano del maggiore.
-"Quanto vorrei poterti dire che hai ragione." Disse. "Quanto vorrei poterti vivere ancora un po' ma non riuscirò a farlo, me lo sento.
Me lo sento da tempo e oggi più che mai so che è giunta l'ora." Sussurrò mentre il suo volto diventava sempre più pallido.
-"No, ti prego..."
-"Ho freddo, Benjamin, ti prego abbracciami." Sussurrò Federico. "E ricordati che ti amo, te ne prego..."
-"Federico, non lasciarmi, te ne prego..." Disse Benjamin ormai in lacrime.
-"Ti amo, Ben." Sussurrò e Federico e poi.. e poi nulla.
Chiuse gli occhi.
-"Nonononono." Cantilenò, in preda alla disperazione e alle lacrime, il moro e si smosse freneticamente sul divano, facendo muovere anche il corpo del ragazzo che gli stava sopra. "Federico no!" Esclamò a gran voce e iniziò a scuotere il corpo esile del biondo. "Ti prego, ti prego amore mio svegliati!" Continuò ad esclamare, spostò il corpo del minore dalle sue gambe, si alzò per poi gettarsi in ginocchio accanto a lui, mentre delle lacrime salate gli bagnavano il volto arrossato. "Non farmi questo genere di scherzo, ti prego, ti prego, svegliati!" Continuò ad urlare il ragazzo mentre scuoteva più e più volte il corpo del minore che non voleva saperne di reagire, tanti erano i singhiozzi che stavano lasciando le labbra carnose del ragazzo ma l'altro sembrava non sentirli, sembrava non sentirlo.
-"Federico, Federico!"
-"Benjamin!"
Troppo occupato nell'urlare e nel cercare di far svegliare il più piccolo, il moro, non aveva sentito dei passi avvicinarsi a lui e per quel motivo quando Diana urlò il suo nome sobbalzò spaventato.
-"Benjamin che cosa sta succedendo?!" Urlò la donna visibilmente preoccupata, aveva sentito le grida del moro e non aveva esitato un sol momento nel raggiungerlo, seguito da qualche domestica che però era rimasta alle sue spalle.
Lo sguardo di Diana ricadde sulle lacrime che continuavano a rigare il volto del moro e quasi meccanicamente voltò la testa verso il divano, la donna sentì le gambe cederle è solo la presa sul bracciolo del divano riuscì a non farla crollare sul pavimento.
-"N- no..." Singhiozzò la donna e prima che se ne rendesse conto delle amare lacrime iniziarono a rigare anche il suo viso, divenuto improvvisamente più pallido. "Non può essere, non Federico..."
Nel sentire le parole della donna Benjamin sembrò riprendere il contatto con il mondo che lo circondava, in un momento le lacrime smisero di rigargli il volto e riprese a pensare lucidamente.
-"Che qualcuno chiami immediatamente il dottor Cameron!" Tuonò Benjamin e le domestiche, che addolorate guardavano la scena, sobbalzarono prima che ognuno di loro corresse in una direzione diversa per fare ciò che il moro aveva ordinato loro di fare.

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Terminal || Fenji.
Hayran KurguTerminal || Fenji. «Terminal 3. Un aereo preso nella speranza che tutto possa cambiare, tanti sogni ma poche speranze. Qualcosa però accadrà. Un paio di occhi saranno la sua turbolenza, sconvolgeranno la sua vita e lo cambieranno in ogni senso. Un v...