Twenty two.

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Benjamin osservava il ragazzo dai grandi occhi, puri come cristalli, davanti a lui, osservava il suo viso pallido e gli occhi arrossati, le labbra sanguinanti in alcuni punti, osservava come questo apparisse stanco e spento e faticava a credere che era stato proprio lui a ridurlo in quelle condizioni, non riusciva ad accettare di aver distrutto quel cuore tanto puro e allo stesso tempo tanto fragile, come era riuscito a guardarlo negli occhi e dirgli che si era pentito di quello che era accaduto?
Sapeva, lo sapeva bene, che quelle sue parole lo avrebbero distrutto, gli avrebbero strappato via quel briciolo di felicità che si era conquistato a fatica ma non se l'era sentito di prenderlo in giro, non lo meritava, e mentre aveva visto il sorriso del più piccolo svanire dopo ogni sua parola era stato preso dalla voglia di gettargli le braccia al collo e di stringerlo forte a lui ma si era dovuto trattenere, lo aveva fatto per Federico.

In quel sabato pomeriggio Benjamin si era ripromesso di restargli accanto, quando alla fine della loro uscita aveva visto gli occhi di Federico umidi aveva capito che quel ragazzo aveva bisogno di lui, per quanto potesse essere assurdo e privo di senso, Federico aveva bisogno proprio di colui che l'aveva distrutto è il moro non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro, gli sarebbe stato accanto anche quando Federico gli avrebbe detto di andare via, sarebbe stato il suo angelo custode; per questo stesso motivo aveva deciso di invitarlo il giorno seguente ad un picnic, aveva sentito dei suoi dipendenti parlare di un posticino abbastanza carino e tranquillo ideato proprio per questi eventi e aveva deciso che un po' di tranquillità avrebbe fatto bene al più piccolo, non era stato facile convincere questo ad accettare, sosteneva di essere stanco, di voler riposare e di voler stare un po' da solo e solo dopo grande insistenza da parte del moro questo si era ritrovato costretto ad accettare, seppur non con felicità.

Alle undici del mattino di una soleggiata domenica, Benjamin, si recò al motel dove alloggiava il minore e con sicurezza e felicità bussò alla porta del ragazzo, pronto a vedere il viso angelico di questo che ormai aveva impresso nella sua memoria con un ricordo felice; la fronte del più grande si corrugò quando, dopo alcuni minuti, la porta continuava ad essere chiusa, solitamente l'altro era abbastanza veloce ad aprire soprattutto quando si trattava di lui.
-"Forse è sotto la doccia." Si disse e riprovò a bussare, questa volta riuscì ad avere risposta.
-"Dannazione, sto arrivando!"
La voce di Federico, dall'interno della stanza, arrivò alle orecchie del maggiore e questo sorrise nel sentirlo, dopo pochi istanti la grande porta del motel si aprì e un Federico assonnato, con i capelli arruffati e a petto nudo apparì davanti ai suoi occhi.
-"Benjamin." Borbottò Federico prima di sbadigliare. "Che cosa ci fai qui?" Chiese e si passò una mano tra i capelli arruffati.
Il moro, dopo un attenta analisi dell'aspetto esteriore del ragazzo, inarcò un sopracciglio.
-"Sono venuto a prenderti per il picnic, ricordi?" Chiese. "O te ne sei dimenticato?" Aggiunse notando la strana espressione stampata sul volto dell'altro.
Il più piccolo scosse la testa ma sembrava poco convinto.
-"Non me ne sono dimenticato." Rispose. "Mi sembrava però di averti detto che sono stanco e che oggi preferirei riposare, o sbaglio?" Continuò e appoggiò la testa allo stipite della porta.
-"Sì, me l'hai detto." Annuì Benjamin e fece un passo in avanti verso di lui. "Mi hai detto anche però che saresti venuto, ci hai messo un po' ma hai accettato di venire e quindi ti ho detto che sarei passato a prenderti alle undici, dato che dove andremo è un po' lontano." Continuò.
Il biondo sospirò.
-"Mi dispiace Benjamin ma preferirei riposare." Replicò il ragazzo. "Domani è lunedì, c'è il lavoro e voglio essere al meglio, sono davvero molto stanco.
Mi dispiace." Si scusò.
-"Sciocchezze." Esclamò il più grande e fece uno strano gesto con la mano. "Se sei tanto stanco domani puoi anche restare a casa, non importa il lavoro, ma oggi verrai con me.
Hai mezz'ora di tempo per prepararti, io ti aspetto sul divano." Continuò e, prima che l'altro potesse replicare, entrò nella stanza dell'altro e si accomodò sul divano proprio come aveva detto.

Circa tre ore più tardi i due ragazzi arrivarono al luogo scelto dal più grande, una grande distesa di verde che ospitava decine e decine di tavoli per i picnic o anche delle tovaglie per chi preferiva pranzare sull'erba fresca, ogni dettaglio sembrava essere curato nei minimi dettagli, sembrava un angolo di paradiso sulla terra.
Benjamin osservava felice il luogo che si mostrava davanti ai suoi occhi, sperava di passare una bella giornata in compagnia del più piccolo ma questo sembrava abbastanza annoiato e anche infastidito, non stava prestando alcuna particolare attenzione a ciò che lo circondava, si limitava a continuare a sbuffare annoiato.
-"Non trovi sia bellissimo?" Chiese felice Benjamin e si voltò a guardarlo, mentre prendeva dalla sua macchina il cesto per il picnic.
-"Trovo che starei meglio a casa a dormire." Replicò, seccato, il biondo e incrociò le braccia al petto.
Il più grande lanciò al minore un'occhiataccia severa e chiuse la sua macchina.
-"Federico è una bella giornata e possiamo divertirci." Rispose il maggiore. "Non voglio vederti con il muso, siamo qui per distrarci e non possiamo farlo se continui a mostrarti acido e a rispondermi male." Lo rimproverò.
-"Non ti rispondo male." Borbottò Federico infastidito.
-"Giusto, non mi rispondi per niente, che forse è anche peggio." Disse il moro e si avvicinò a lui. "Federico voglio che ti diverta, non che per te questa giornata sia un inferno, capito?" Chiese.
-"Questo me lo dici come capo e quindi è un ordine oppure no?"
-"Te lo dico come amico." Disse Benjamin. "Perché sono tuo amico, Federico." Aggiunse.
Il biondo abbassò la testa e sospirò.
-"L'hai preparato tu?" Chiese e indicò con un cenno della testa il cesto che l'altro reggeva.
-"No." Scosse la testa il più grande. "L'ha preparato Diana."
-"Chi è Diana?"
-"La mia cuoca di sessant'anni." Disse il maggiore divertito. "Se questo può rassicurarti." Aggiunse e gli sorrise.
Federico avvampò, odiava che l'altro riuscisse a capirlo tanto facilmente, quando era diventato per lui un libro aperto?
-"Perché dovrebbe rassicurarmi?" Chiese fingendo disinteresse. "Per me puoi circondarti di tutte le donne che vuoi, a me non importa, io non sono nessuno." Aggiunse e pronunciare quelle parole gli fece male, si illudeva di star mentendo ma sapeva che, purtroppo, quella era la triste realtà.
-"Sbagli Federico." Scosse la testa il moro e poggiò sul prato il cesto. "Tu per me sei importante e tanto, voglio che tu ti interessi alla mia vita e anche che tu ne faccia parte a tutti gli effetti.
Non dire che non sei nessuno perché per me sei tutto ciò che ho al momento." Continuò.
Il più piccolo si ritrovò ad abbassare la testa e si trattene a stento dal singhiozzare, davanti agli occhi di Benjamin lui non aveva difese, era nudo.
-"Mi d- dispiace Ben..." Sussurrò.
Benjamin si avvicinò a lui e gli alzò il viso.
-"Vieni qui." Disse prima di circondargli il busto con le braccia e stringerlo in un abbraccio. "Ti voglio bene, Federico."

Terminal || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora