Twenty three.

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-"Ti voglio bene, Federico."
Gli aveva sussurrato Benjamin mentre faceva sì che i loro corpi diventassero una cosa sola, mentre si ritrovavano a combaciare come due pezzi di un puzzle.
Federico avrebbe voluto urlargli che non era giusto torturarlo in quel modo, che dicendogli quelle cose non faceva altro che farlo star male, volete urlargli che non poteva volergli bene, non doveva farlo, e che se avesse davvero tenuto a lui come diceva non avrebbe mai compiuto determinate attenzioni ma non lo fece, ancora una volta finì per tenersi dentro tutto ciò che provava nella speranza che l'altro potesse capire anche senza le sue parole, nella speranza che tutto cambiasse ma sapeva che se non avrebbe fatto niente non sarebbe mai cambiato nulla.
Il biondo era arrabbiato con il più grande, avrebbe potuto odiarlo ma farlo sarebbe stato come commettere un errore verso se stesso, odiare Benjamin non avrebbe fatto altro che danneggiare se stesso, sarebbe finito per odiare ciò che era perché il moro era diventato parte integrante della sua vita e della sua persona, era diventato uno dei suoi punti di riferimento.

Contrariamente a quanto il più piccolo potesse pensare la giornata che il maggiore aveva deciso di dedicare al loro picnic non si era rivelato poi così tanto brutta come credeva, anzi si era addirittura divertito, per qualche ora era riuscito a dimenticare tutto ciò che la sua vita stava diventando da quando era arrivato nella grande mela, si era dimenticato di quello che era successo solo poche sere prima con Benjamin, si era semplicemente goduto una serata in compagnia di colui che stava diventando, giorni dopo giorno, sempre più importante per lui e per la sua quotidianità, aveva riso in compagnia del moro e, a fine giornata, si era ritrovato a pensare che forse non era tutto perso, che forse Benjamin aveva ragione e loro potevano davvero essere ancora amici, quello che era successo tra di loro forse era davvero stato solo uno sbaglio ed entrambi dovevano dimenticarlo, forse quel loro rapporto, per quanto assurdo e complicato potesse essere, meritava una seconda possibilità e non sarebbe stato il più piccolo a negargliela e non l'avrebbe negata neanche a lui stesso, meritava di essere felice.

Il lunedì mattina insolitamente puntuale Federico si presentò all'azienda del moro, nonostante questo gli avesse dato il permesso di restarsene a casa o meglio al motel, e si sorprese di vedere che nonostante fosse appena iniziato il loro turno fossero già tutti perfettamente operativi.
Lo sguardo del biondo vagò per molto tempo alla ricerca di volti familiari tra così tanta gente, non che conoscesse molta gente in quel luogo, anzi, conosceva solo Benjamin e Vanessa, e quando riuscì ad intravedere i capelli perfettamente ordinati del più grande sorride raggiante.
-"Benjamin!" Esclamò allegro Federico, attirando l'attenzione di tutti i presenti, e corse verso di lui ignorando le tante occhiate che gli altri dipendenti gli riservavano.
Il moro alzò lo sguardo dal foglio di carta stropicciato che stava leggendo e sorrise alla vista del minore che correva verso di lui.
-"Federico, buongiorno." Gli disse sorridente non appena fu abbastanza vicino e gli prese la mano. "Vieni, andiamo nel mio ufficio, qui c'è troppa gente." Aggiunse e l'altro annuì.

-"Benjamin come mai c'è già così tanta gente?" Chiese Federico una volta entrato nell'ufficio dell'altro. "Sono in ritardo io e non me ne sono reso conto?" Continuò a chiedere e inclinò la testa da un lato.
Il moro chiuse la porta alle sue spalle e sorrise alla tenera vista del minore davanti a lui.
-"Non sei in ritardo fiorellino, tranquillo." Lo rassicurò e si avvicinò all'altro. "Ho solo chiesto agli altri di venire un po' prima oggi, tutto qui." Aggiunse.
-"Perché non l'hai chiesto anche a me?"
-"Perché credevo che oggi saresti rimasto a casa."
-"Questa notte ho dormito abbastanza bene e mi sento molto meno stanco." Disse il più piccolo. "Se però non hai bisogno di me e preferisci che me ne vada devi solo dirmelo, non voglio esserti d'intralcio." Aggiunse.
Benjamin sorrise teneramente al minore, gli sfiorò la guancia fresca prima di stringergli i fianchi e prenderlo di peso per farlo accomodare sulla scrivania libera.
-"Tu non mi sei mai d'intralcio e ho sempre bisogno di te, Federico, qui a lavoro e anche nella mia vita di tutti i giorni." Rispose. "Se non ti ho chiesto di venire prima è solo perché, come ti ho già detto, credevo che oggi non saresti venuto, sapevo che eri stanco e volevo ti riposassi, tutto qui." Continuò.
Il biondo si sistemò meglio sulla scrivania, urtando più volte le gambe del maggiore che gli stava davanti, e annuì.
-"Posso chiederti perché hai chiesto agli altri di venire in anticipo?" Chiese.
-"Tra poco verrà qui un uomo che potrebbe dare un grosso contributo a questa azienda, ho chiesto loro di riceverlo nel migliore dei modi." Spiegò il più grande.
-"Ci sarà una riunione come quella dell'altro giorno?"
-"No, solo io e lui, ha preferito evitare le grandi riunioni che provocano solo forti mal di testa." Rispose il moro. "Mi piacerebbe però che ci fossi anche tu, se te la senti ovviamente."
Federico sgranò gli occhi.
-"Vuoi che partecipi ad una riunione tanto importante?"
-"Voglio che tu sia al mio fianco Federico, tutto qui."

Proprio come il maggiore gli aveva chiesto il biondo aveva deciso di prendere parte alla riunione, non avrebbe ricoperto un ruolo di grande importanza, si sarebbe limitato a prendere degli appunti, a portare loro delle bevande e del cibo e a procurare a Benjamin tutto ciò di cui aveva bisogno, ma il solo fatto che il più grande lo volesse al suo fianco lo rendeva felice e fiero di lui.
La riunione si era protratta per più tempo di quanto i due ragazzi avessero pensato, il signor Lee, un ricco imprenditore cinese proprietario di una delle banche più famose d'America, si era dimostrato essere un tipo più duro di quanto descritto, era stato davvero difficile convincerlo a stipulare un contratto con l'azienda di Benjamin e solo le grandi abilità e il carisma di questo erano riusciti a persuaderlo, più di una volta il signor Lee aveva chiesto l'opinione di Federico e questo aveva faticato a rispondere, non perché non sapesse cosa dire bensì perché lo sguardo di quell'uomo riusciva ad intimorirlo.
-"Direi allora che è tutto deciso." Disse Benjamin e unì le mani provocando un rumore sordo.
La fronte rugosa del signor Lee si corrugò è una strana espressione si stampò sul volto di questo.
-"Direi di sì, signor Mascolo." Rispose. "Avrei l'ultima cortesia da chiederle se è disposto a farmi questo ultimo favore." Aggiunse e finse un sorriso che fece accapponare la pelle del minore.
-"Certo, mi dica pure." Replicò il moro e sorrise all'uomo dai capelli bianchi.
-"Il suo assistente qui, - indicò Federico che sobbalzò - Francisco."
-"Federico." Lo corresse il maggiore.
-"Come preferisce." Sospirò il signor Lee e alzò lo sguardo al cielo. "Il suo assistente potrebbe andare a prendermi un caffè al The Polo Bar?" Chiese e rivolse la sua attenzione al più piccolo.
-"È dall'altra parte della città..." Borbottò Federico.
-"Sì, lo so." Annuì l'anziano uomo. "E il problema è?" Chiese.
-"Impiegherò almeno un'ora e mezza per andare e tornare, senza contare che di sicuro ci sarà una fila immensa." Disse il biondo e questo fece diventare più profondo il cipiglio presente sul volto del signore.
-"Continuo a non capire quale sia il problema." Replicò l'uomo.
-"Signor Lee." Lo chiamò Benjamin. "Il mio assistente le sta dicendo che il bar da lei è scelto è troppo lontano, a quest'ora le strade di New York sono piene e per lui che non è auto munito sarà davvero pesante e difficile esaudire la sua richiesta.
Se gradisce il caffè di qualsiasi altro bar più vicino a noi, Federico, sarà più che lieto di andare a prenderglielo, le consiglio il bar che si trova a soli tre isolati da qui, fa un caffè davvero eccellente." Disse il ragazzo e sorrise all'uomo.
-"Io voglio un caffè di quel bar, non di altri." Ringhiò il signor Lee. "E non mi importa se impiegherà un'ora, due o anche una settimana, lui è uno stupido segretario e fa quello che gli dico perché io posso farlo.
Muoviti ragazzino o questo sarà il tuo ultimo giorno qui!" Continuò l'uomo e puntò un dito verso il minore che sbiancò.
Un rumore violento riempì la stanza e Federico e l'anziano uomo si voltarono verso Benjamin, rosso dalla rabbia e, in quel momento, in piedi e con i palmi aperti sulla scrivania appena colpita.
-"Adesso basta!" Urlò. "Ho cercato tutto il tempo di essere gentile con lei, ho esaudito tutte le sue assurde richieste e sono stato in silenzio davanti alle sue manie di grandezza, ora però ha davvero esagerato!
Lei qui non è nessuno, fuori dalla sua azienda è solo un anziano che si crede onnipotente solo perché ricco, si ricordi che non è nessuno e vada via!" Continuò.
I due presenti si stupirono della reazione di questo, non aveva mai alzato la voce in quel modo con nessuno e ancor meno con chi poteva essergli d'aiuto nel lavoro.
-"Sa che ha appena perso un vantaggioso contratto?" Chiese il signor Lee e, indispettito, si alzò.
Per tutta risposta, il moro, prese il contratto appena firmato e, davanti agli occhi dei due, lo strappò in più pezzi.
-"Buona giornata, Signor Lee." Disse. "E si ricordi di chiedere scusa a Federico."

Terminal || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora