Ninety seven.

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-"Federico è peggiorato, Benjamin, la malattia si sta diffondendo molto più in fretta di quanto credevo e i farmaci che prende gli serviranno a ben poco." Disse Ashton con voce tremante. "Temo che gli restino meno dei due mesi che pensavamo."
Benjamin aveva sentito tutto intorno a lui cadere a pezzi, pesanti pezzi che si premuravano di colpirlo nei punti in cui gli facevano più male, il sole aveva smesso di illuminare l'ampia stanza, il buio si era impossessato dello spazio circostante e, prima ancora, di lui; tutto intorno e dentro di lui era diventato buio e Benjamin si era ritrovato a cercare una luce che non c'era e che non aveva intenzione di trovarlo.
Il moro credeva di essere pronto al peggio, lo credeva davvero, in quei mesi aveva pensato ad ogni eventualità, ed era stato ben attento a non crogiolarsi nel pensiero di una miracolosa guarigione del più piccolo, e aveva pensato bene anche all'eventualità che il più piccolo peggiorasse e che loro avessero meno tempo da passare insieme, eppure sentirselo dire lo aveva completamente messo al tappeto, gli aveva portato via quel briciolo di felicità e speranza che ancora serbava con estrema cautela.
Dopo attimi che gli parvero infiniti, qualcosa intorno a lui iniziò a riacquistare colore e si rese conto di non star più stringendo la mano del più piccolo, si rese conto di non essere neanche più seduto su quella fastidiosa sedia ma di essere sdraiato sul lettino bianco posto nell'ufficio di Ashton, sbatté le ciglia più volte prima di mettere a fuoco ciò che lo circondava e i visi preoccupati che lo sovrastavano.
-"Amore!" Esclamò Federico, con un tono di voce fin troppo alto che fece gemere di dolore il maggiore, non appena si rese conto che l'altro aveva aperto gli occhi.
Il moro, con gesti molto lenti, si portò le mani alle tempie e se le massaggiò lentamente.
-"F- Federico..." Balbettò sottovoce e richiuse gli occhi. "C- che cosa è successo?" Chiese.
-"Hai perso i sensi, amore." Gli spiegò il più piccolo e gli prese la mano fredda, il maggiore fece per mettersi a sedere ma lui gli mise una mano sul petto per costringerlo a rimanere sdraiato. "Resta giù, se ti alzassi potresti avere un giramento di testa e sentirti di nuova male, resta sdraiato ancora un po'." Disse.
Benjamin prese un respiro profondo e fece come il minore gli aveva detto.
-"Sai, ho immaginato una cosa strana." Rispose e chiuse gli occhi. "Molto brutta."
-"Che cosa?"
-"Ho immaginato che Ashton ci avesse detto che la tua malattia è peggiorata e che ti resta meno tempo di quel che pensavamo." Rispose il più grande. "Strano, non è vero?" Chiese e si sforzò di sorridere.
Federico abbassò il capo e la poca luce che aveva sul viso svanì.
-"Purtroppo è la realtà, Benjamin." Si intromise Ashton. "Non lo hai immaginato." Aggiunse. "Federico sta davvero peggio, la sua malattia si sta diffondendo molto rapidamente e gli resta meno di quel che credevamo.
Mi dispiace, Benjamin."
La sua più grande paura era diventata realtà, stava per perdere Federico.

Quel giorno il moro aveva fatto fatica a tornare a casa, ogni volta che pensava alle parole che il dottore gli aveva detto sentiva le gambe cedergli e tutto intorno a lui diventare meno nitido, solo la presenza di Federico era riuscito a tenerlo con i piedi sulla terra.
A differenza del moro, Federico, non sembrava per niente sconvolto da ciò che Ashton gli aveva detto, non aveva fatto parola su ciò che era successo, in macchina si era limitato a parlare del meteo e della sua voglia d'estate, pur sapendo che non ne avrebbe vissuta un'altra, e anche a lamentarsi di qualche guidatore o pedone particolarmente fastidioso, una volta tornati a casa gli aveva ricordato del loro progetto di tornare a letto a farsi le coccole e Benjamin non era riuscito a dirgli di no, se Federico voleva un po' di normalità lui gliel'avrebbe data.

Erano passati diversi giorni da quando i due si erano recati da Ashton, che aveva continuato a consigliargli le cure migliori da seguire per evitare che il minore stesse eccessivamente male, e nessuno di loro aveva osato parlare dell'accaduto, Benjamin lo aveva detto a Diana e Tyler ma aveva chiesto loro di non farne parola con nessuno e di evitare di parlarne in presenza del biondo dato che questo stava assumendo uno strano atteggiamenti nei confronti di quella notizia, in quei giorni Federico non si era sentito male neppure una volta ma il moro non era riuscito a trovare consolazione neanche in quello, sapeva che la fine era vicina e non aveva motivo di gioire inutilmente.
Era il 4 ottobre, un giorno speciale per entrambi i ragazzi, quel giorno Federico compiva gli anni, ventiquattro, e il moro aveva tutte le intenzioni di fargli passare una giornata speciale.
-"Tanti auguri, Federico!" Esclamò Diana non appena i due ragazzi, mano nella mano, entrarono in cucina.
-"Grazie mille, Diana." Sorrise il ragazzo e corse ad abbracciare la donna che, per lui, era diventata come la madre che non aveva mai avuto veramente.
La donna strinse il corpo esile del minore e non le sfuggirono alcune macchie che decoravano il petto e il collo nudo del ragazzo, molti simili a quelle che Benjamin aveva sul petto lasciato scoperto.
-"Vedo che qualcuno ti ha dato gli auguri prima di me." Lo prese in giro la donna e indicò alcuni succhiotti del ragazzo.
Il biondo arrossì violentemente mentre il moro scuoteva la testa e rideva, mentre si versava del succo d'arancia.
-"Ho atteso con ansia la mezzanotte." Rispose Benjamin e lanciò uno sguardo malizioso al minore che, invece, gli riservò un'occhiataccia. "Per fargli iniziare il compleanno al meglio!" Esclamò.
Diana rise e si voltò a prendere la colazione per i due.
-"Oggi colazione speciale per una giornata speciale." Disse e riempì il tavolo di prelibatezze dolci e salate di ogni genere. "Allora, che cosa avete intenzione di fare oggi?" Chiese ai due.
-"Qualcosa di davvero speciale." Rispose il più grande. "E questa sera, il qui presente Federico, - indicò il biondo che era indeciso se prendere un cornetto al cioccolato o alla crema - riceverà un suo regalo." Aggiunse.
-"Perché proprio questa sera?" Chiese il minore.
-"Perché questa sera è il momento perfetto."

Per tutto il giorno il più grande si era preoccupato che l'altro non si annoiasse mai, lo aveva portato in giro per New York nei suoi posti preferiti, lo aveva portato a pranzo al Gabriel Kreuther che li aveva deliziati con la cucina tipica europea e in particolare con quella francese, nel pomeriggio lo aveva portato ovunque l'altro desiderasse andare e si erano ritrovati a passare due ore abbondanti in un negozio per bambini, dove Benjamin si era ritrovato a comprare ben cento palloncini ad elio per suo marito che continuava a saltare come un bambino, la sera però Benjamin preferì restare in casa, per poter dare il suo regalo a suo marito che continuava a ripetergli che aveva già fatto fin troppo per lui per fargli anche l'ennesimo regalo.
-"Benjamin dico sul serio, non voglio l'ennesimo regalo." Disse Federico mentre l'altro, che lo teneva per mano, lo stava conducendo giù per le scale.
La casa era abbastanza buia, solo qualche abat-jour illuminava l'ampio salone, ed era anche particolarmente silenziosa perché il moro aveva dato la serata libera all'intero personale e aveva pagato una cena fuori a Diana e Tyler affinché i due uscissero e gli lasciassero la casa libera.
-"Zitto e cammina." Rispose, per l'ennesima volta, il moro e continuò a guidarlo verso la loro meta.
Una volta giunti in salotto, Benjamin aprì la portafinestra in vetro e uscì in giardino seguito dall'altro che continuava a guardarsi intorno confuso.
-"Perché siamo in giardino?" Chiese il più piccolo. "E poi perché hai dato la serata libera a tutti e hai fatto uscire Diana e Tyler?
Che cosa vuoi farmi?" Continuò a chiedere, usando un tono più drammatico per l'ultima domanda.
Il maggiore scosse la testa e si voltò verso di lui.
-"Per fare ciò che pensi non ho bisogno che vadano tutti via, amore." Gli disse con tono seducente. "Ti ho portato qui perché c'è il mio regalo e spero ti piaccia."
-"Qui?"
Il più grande annuì e prese un foglio di carta giallastro, più volte ripiegato su se stesso, dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni classici neri.
-"Questa è per te." Gli disse e gli porse il foglio.
Federico, ancora confuso, aprì il foglio e rimase a bocca aperta nel leggerne il contenuto.
-"Mi hai regalato una stella?!" Esclamò incredulo. "Non ci posso credere!" Esclamò.
-"È proprio quella stella lì." Disse il moro e indicò una stella più luminosa delle altre.
-"Sai che non si indicano le stelle?"
-"È tua, credo di poter fare un'eccezione."
-"Perché mi hai regalato una stella, Benjamin?"
-"Vedi, Federico, quella stella ogni sera, che sia inverno o estate, che piova o sia sereno, brilla sempre e illumina sempre questo giardino e sono sicuro sia la stessa perché brilla in un modo speciale, forse ti sembrerà folle ma quando la guardo sembra sorridermi." Iniziò a parlare Benjamin. "Te l'ho regalata perché quando tu non ci sarai più mi piacerà pensare che a sorridermi sarai tu, voglio avere un punto nel cielo che mi ricorda te, un punto dove andare e sentirti vicino, poterti parlare e voglio che sia lo stesso per te.
Quando non ci sarai più e ti sentirai perso in quel cielo immenso, cerca quella stella e ti riporterà a casa, ti riporterà qui e mi ritroverai seduto su quel muretto che secondo te andrebbe rifatto a lamentarmi della giornata, per poi concludere dicendo che mi manchi.
Quando ti sentirai perso, cerca quella stella, lo farò anch'io."

Terminal || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora