Ninety eight.

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Benjamin si sentiva fortunato, estremamente fortunato per ciò che il destino aveva deciso di riservargli, si sentiva fortunato per quei momenti di amore che viveva con il suo Federico, con suo marito.
Il moro durante tutta la sua vita ne aveva passate di tutti i colori, aveva sofferto tanto ancor prima di nascere e aveva dovuto rinunciare a sua madre non appena venne al mondo, aveva visto negli occhi dei suoi parenti la tristezza di aver perso una persona a loro amata e anche se nessuno glielo aveva mai detto si sentiva un po' responsabile ed egoista, per aver preferito la sua vita a quella di sua madre, a scuola era sempre stato quello viziato che non aveva intenzione di fare amicizia, o almeno era quello che i suoi compagni credevano e nessuno si era mai avvicinato per conoscerlo e capire se fosse vero, aveva solo pochi amici ma credeva che loro fossero più legati ai suoi soldi che lui, aveva perso suo padre e si era fatto carico di una vita che non voleva, Benjamin ne aveva passate di tutti i colori ma prima di conoscere Federico non aveva mai scoperto il rosso dell'amore, Federico era stato il suo punto fermo in una vita che non conosceva stabilità.
Federico era il suo punto felice.

Il compleanno di Federico era stato un vero successo, nonostante non avessero fatto nulla di troppo eclatante, anzi, si erano limitati a festeggiare tra di loro perché nel loro mondo esistevano solo loro e il loro amore, il più piccolo aveva apprezzato tanto il regalo che suo marito gli aveva fatto e non era riuscito a trattenere le lacrime quando si era ritrovato ad immaginare un Benjamin senza di lui, seduto su quel vecchio muretto a parlare ad una stella come se stesse parlando di lui e lui, perso tra le stelle, che lo osservava sognando di poterlo abbracciare, il moro non aveva impiegato molto a capire che cosa il minore stesse pensando e non aveva esitato neppure un momento a stringerlo a lui e a dirgli che si sarebbero ritrovati, che fosse in quella vita o nella prossima, che fosse in quel mondo o quello che gli altri non potevano vedere, loro si sarebbero ritrovati e si sarebbero amati, com'era giusto che fosse.
Erano passati due giorni dal compleanno del più piccolo e in quei due giorni nulla era stato calmo, Federico continuava a sentirsi male e i farmaci non riuscivano a calmarlo per più di un paio d'ore, il biondo si rifiutava di mangiare perché aveva delle continue nausee e i giramenti di testa lo avevano costretto a letto per tutto il tempo, di notte si svegliava in preda a dei dolori terribili e Benjamin si odiava per non poter far nulla per farlo stare meglio, cercava di stargli accanto e farlo rilassare ma Federico era spesso di cattivo umore e non si risparmiava nel risponderlo male, il più grande si ripeteva che sarebbe passato e che sarebbe stato meglio ma non ne era più sicuro, non mentre vedeva Federico spegnersi giorno dopo giorno.
-"Vuoi un altro cuscino?" Gli chiese Benjamin mentre metteva un po' d'ordine nella loro stanza, del tutto sottosopra perché quando il minore si sentiva male il moro cercava per tutta la stanza qualcosa che potesse farlo stare meglio. "O altro?" Continuò a chiedergli.
-"Vorrei che tu mi lasciassi in pace per almeno qualche minuto." Sbottò acido il biondo e incrociò le braccia al petto.
Il biondo era sdraiato a letto, sotto le coperte, proprio come aveva fatto negli ultimi due giorni, il viso pallido come non lo era mai stato prima e le ossa che iniziavano ad essere sempre più sporgenti, sembrava che le forze lo avessero del tutto abbandonato è lottava contro se stesso anche solo per stringere un bicchiere e non farlo cadere sul pavimento rompendolo in mille pezzi, Benjamin si era offerto di aiutarlo a fare tutto ma lui non voleva una balia, non voleva morire mentre ancora respirava, si era ripromesso di vivere e lo avrebbe fatto.
Il più grande abbassò la testa e sospirò.
-"Scusa se voglio solo aiutarti." Disse. "Scusa se non mi piace vederti in quello stato e voglio fare qualcosa per farti stare meglio." Aggiunse con tono più acido di quanto volesse.
-"Io non ho bisogno di una balia." Replicò Federico. "Non ho bisogno di qualcuno che mi tratti come se non fossi capace di fare nulla."
-"E io non ho bisogno che tu mi tratti così quando io voglio solo aiutarti!" Esclamò il moro e si pentì subito dopo di aver alzato la voce, si era ripromesso che non avrebbe mai alzato la voce con il più piccolo, ancor di più da quando aveva saputo della sua malattia, ma non era riuscito a trattenersi, erano due giorni che l'altro non faceva altro che risponderlo male quando si preoccupava per lui e non si prendeva nemmeno la briga di chiedergli scusa, come se fosse ovvio che Benjamin dovesse perdonarlo.
-"Non urlare con me!" Urlò in risposta il più piccolo e strinse i pugni per quanto gli era possibile. "E se non ti conviene puoi anche andare via, non ti costringo a restare al mio fianco!" Continuò.
Benjamin lo guardò per qualche istante prima di ridere amaramente e inarcare un sopracciglio.
-"Dopo tutto quello che ho fatto, che sto facendo, per te hai il coraggio di dirmi di andare via?!" Urlò Benjamin. "Federico davvero è questo il tuo ringraziamento dopo tutto quello che ho fatto?!"
-"Io non ti ho chiesto di fare nulla per me, Benjamin!" Rispose il biondo, a tono altrettanto alto. "Non ho mai voluto niente da te!" Aggiunse ma l'ennesimo spasmo lo colpì e lui iniziò a tossire furiosamente.
-"Federico!" Esclamò il più grande, gettò a terra la maglia militare che stava stringendo e corse dal minore. "Tranquillo Federico, tranquillo." Disse e gli versò dell'acqua in un bicchiere di vetro per poi avvicinarlo alle labbra di suo marito. "Bevi piano, piccolo, ti sentirai meglio."
Tra un colpo di tosse e un altro, Federico, fece ciò che il maggiore gli aveva detto e a fatica finì di bere.
-"Va meglio?" Gli chiese il maggiore e poggiò il bicchiere sul comodino.
Federico sospirò esausto e lasciò cadere la testa sulla spalla del maggiore.
-"Mi dispiace..." Sussurrò e chiuse gli occhi. "Mi dispiace, Ben, mi dispiace tanto..."
Il moro sospirò e gli circondò la vita sottile con un braccio, stando ben attento a non stringerlo troppo per evitare di fargli male.
-"Non devi scusarti..." Rispose. "Stai male e capisco che sei nervoso, lo sarei anch'io."
-"Non è giusto però che io ti tratti così." Replicò il più piccolo che faceva un po' di fatica a parlare e anche solo per respirare. "Come hai detto tu, mi vuoi solo aiutare e non meriti che io ti tratti così.
In realtà non voglio risponderti male ma le parole escono dalla mia bocca ancora prima che io ci pensi e mi pento subito dopo ma è tardi." Disse, mantenendo un tono di voce basso.
-"Neanch'io volevo urlare con te ma l'ho fatto di impulso."
Federico alzò leggermente gli angoli della bocca e scosse lentamente la testa.
-"Certo che siamo proprio perfetti insieme." Disse con una leggera ironia nella voce, nonostante pensasse davvero che insieme fossero perfetti. "Nessuno dei due si ferma mai a pensare e poi ci ritroviamo, come in questo momento, a chiederci scusa per cose che non volevamo fare."
Benjamin ricambiò il sorriso e mise un dito sotto al volto del minore per alzarglielo e far incontrare i loro occhi.
-"Forse è un bene che non ci fermiamo a pensare." Disse. "Se lo avessimo fatto avremmo perso molte occasioni e forse ora non staremo insieme." Aggiunse. "Quindi se non pensare mi farà stare con te, preferisco non farlo mai più." Aggiunse e fece ciò che desiderava fare da due giorni, fece incontrare le loro labbra.

Terminal || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora