Quanta gente usa l'espressione 'mi è crollato il mondo addosso' anche per le cose più stupide è facilmente risolvibili?
Quante volte, per strada, abbia sentito persone che pronunciavano a gran voce quella espressione e subito dopo vederle scoppiare a ridere?
Quando, però, davvero il mondo crolla addosso ad una persona?
Quando questa vede cadere tutto ciò che era stata la sua vita senza riuscirne a vedere una nuova? Senza vedere futuro?
Quando il buio si impossessa di tutti i progetti futuri di una persona?
Quando la lampadina della vita si spegne e non rimane più nulla?
Federico credeva che quella fosse un'espressione usata da chi era tendente al dramma, di chi voleva essere sempre al centro dell'attenzione senza neppure pesare le parole che diceva per esserlo.
Federico credeva che mai in vita sua avrebbe pronunciato una frase del genere, perché anche quando tutto gli sembrava perduto sapeva che la vita gli stava riservando qualcosa di grande, ma se sapeva di non avere più una vita poteva dire che il mondo gli era crollato addosso?
Aveva il diritto di essere drammatico, come credeva, e di sentirsi sconfitto?
Non sapeva se ne aveva diritto ma era come si sentiva in quel momento, aveva sentito ogni pezzo del mondo crollargli addosso e sentiva, anche, che quelle macerie lo stavano schiacciando.
Il biondo aveva tanti progetti, tanti sogni, e quella stessa mattina parlava con il suo fidanzato di passare la loro intera vita insieme, quella stessa mattina era felice ma in quel momento era rimasto senza nulla, senza felicità, senza sogni, senza vita.
Era rimasto vuoto sotto un mare di macerie.-"Federico, mi dispiace ma..." Si bloccò Ashton e si passò una mano sul viso." Ma tu hai un tumore al cervello."
In quel momento Federico aveva smesso di ascoltare le parole del dottore, aveva smesso di sentire che cosa ne sarebbe stato della sua vita, tutto intorno a lui si era spento, si era spento poco prima che lui riuscisse a vedere il suo fidanzato crollare, prima che anche le mura di Benjamin si frantumassero ma aveva sentito il peso di queste cadere su di lui, era lui il responsabile anche della sofferenza del moro, di colui che si era promesso di rendere felice.
Sapeva che Ashton e Benjamin stavano continuando a parlare, sentiva un leggero vociare ma non riusciva a capire che cosa stessero dicendo, immaginava stessero parlando di lui come se non fosse presente nella stanza e forse non lo era davvero, lo sguardo perso nel vuoto e sentiva come se la sua anima stesse fluttuando nella stanza illuminata dal sole e osservava il guscio vuoto che era diventata il suo corpo.
Federico avrebbe voluto urlare, urlare più forte che poteva ma non ci riusciva, non riusciva a muoversi sulla quella sedia verde che tanto gli piaceva, l'avrebbe più rivista?
Avrebbe più rivisto quello studio?
Avrebbe vissuto una nuova primavera?
Tutto era diventato incerto nella sua vita, era diventato incerto da quando non sapeva se ne aveva ancora una.-"Federico?" La voce, ovattata, del maggiore risuonò nelle orecchie di Federico come se l'altro si trovasse a chilometri di distanza da lui. "Federico, piccolo." Lo chiamò nuovamente il maggiore e lo scosse, riportandolo con i piedi sulla terra. "Amore, ci stai ascoltando?" Chiese e gli strinse la mano.
Quasi meccanicamente, Federico girò la testa verso il suo fidanzato nella speranza di trovarlo sorridente, come era abituato a vederlo, ma non fu così, gli occhi di Benjamin erano vuoti proprio come i suoi, iniettati di sangue, segno che si stava trattenendo dal piangere, e il viso pallido come non mai, erano entrambi morti dentro.
-"No." Rispose sottovoce Federico. "Non stavo ascoltando." Aggiunse, per lui anche solo parlare era uno sforzo.
-"Stavamo parlando delle cure che devi fare." Si intromise il dottore. "C'è una nuova terapia che sembra funzionare molto, l'unico problema è che viene fatta solo in Cina ed è molto costosa." Aggiunse.
-"Non importa del prezzo ne di altro." Replicò il moro e si voltò verso l'uomo, senza mai lasciare la mano del suo fidanzato. "Mi farò carico io di tutte le spese, voglio solo il meglio per Federico." Aggiunse sicuro delle sue parole.
-"Io non voglio cure." Disse Federico, lo sguardo perso verso il basso e il cuore che sembrava aver dimenticato come battere.
Lo sguardo dei due presenti ricadde sul più piccolo che sembrò non notarli, troppo preso dai suoi pensieri.
-"Che cosa?" Chiese, confuso, Ashton.
-"Non voglio cure."
-"Amore ma che cosa stai dicendo?" Gli chiede il moro allarmato e si avvicinò a lui.
Federico, lentamente, alzò il suo sguardo verso il dottore e sospirò prima di parlare.
-"Credi che se facessi queste cure, per quanto siano costose e quant'altro, potrei stare bene in seguito?" Chiese all'uomo. "Credi che se mi sottoponessi a delle terapie, potrei guarire?" Continuò. "C'è qualcosa che mi può salvare o sono solo vane speranze?"
Ashton aprì e chiuse la bocca più volte prima di rispondere, voleva misurare bene le sue parole per non dare altre false speranze a quei due ragazzi.
-"Voglio una risposta, diretta, niente giri di parole." Aggiunse il biondo.
-"Non c'è nulla di sicuro, purtroppo è stato scoperto tardi e si è diffuso molto rapidamente." Disse. "Queste cure però stanno avendo molto successo e magari provare potrebbe farti stare meglio, farti vivere..." Stava continuando il dottore ma il minore lo bloccò.
-"Non mi sottoporrò a queste cure." Ripeté il più piccolo. "Non voglio vivere qualche mese in più attaccato a qualche macchina e consapevole di aver sprecato i miei ultimi mesi." Continuò.
-"Ma Federico..." Cercò di controbattere Benjamin ma l'altro lo zittì.
-"Quanto mi resta?"
-"Nelle migliori delle ipotesi, sei mesi."Federico non se l'era sentita di restare oltre in quello studio, voleva uscire da quel posto, respirare aria pulita e fingere che tutto andasse bene, fingere di avere ancora dei progetti per il futuro, fingere di avere ancora un futuro.
Il viaggio di ritorno verso casa era stato silenzioso, nessuno dei due aveva pronunciato una parola neppure per sbaglio, la radio spenta e i pensieri che risuonavano forti nelle loro teste, uno pensava a che cosa sarebbe successo, l'altro pensava a come poteva impedirlo.
Benjamin non condivideva la scelta del suo fidanzato di non sottoporsi a delle cure, non voleva neanche provare, era già stato una fatica fargli accettare di prendere quel rimedio naturale, che aveva iniziato ad usare, quando i dolori erano troppo forti, era come se il più piccolo volesse lasciarsi morire e lui non riusciva ad offrirgli nessun buon motivo per restare in vita.Una volta entrati in casa i due ragazzi si diressero verso il salotto, il moro stava faticando per mantenere il passo del suo fidanzato, questo si gettò a peso morto sul divano e sospirò rumorosamente.
-"Federico?" Lo chiamò il moro e si sedette su uno degli scalini per scendere verso il divano.
-"Mh?"
-"Sei proprio sicuro di non volerti sottoporre alle cure?"
Federico si passò una mano sul fronte e si voltò verso di lui, gli occhi spenti e il viso pallido.
-"Non voglio passare i miei ultimi mesi dipendente da delle medicine e da delle macchine, non voglio dimenticare anche dove mi trovo per vivere un mese in più.
Non voglio che tu sia costretto ad occuparti di me solo per qualche mese in più." Disse. "E ora non pensare che ho preso questa decisione per colpa tua, non è così.
Come ti ho già detto, preferisco vivere sei mesi il più possibile, sapendo a che cosa vado incontro ma con il sorriso stampato sul volto.
Preferisco vivere ciò che mi sarà concesso in libertà e non qualche mese in più senza poter fare nulla." Continuò. "Per quanto assurdo ti possa sembrare, Benjamin, io voglio vivere."
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Terminal || Fenji.
FanfictionTerminal || Fenji. «Terminal 3. Un aereo preso nella speranza che tutto possa cambiare, tanti sogni ma poche speranze. Qualcosa però accadrà. Un paio di occhi saranno la sua turbolenza, sconvolgeranno la sua vita e lo cambieranno in ogni senso. Un v...