Seventy.

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Erano passati diversi giorni da quando il più grande aveva comunicato ai suoi dipendenti che Federico era il nuovo presidente della società e anche che sarebbe stato meno presente in azienda, per poter vivere il più possibile la sua relazione con il biondo, aveva anche comunicato loro che Vanessa a partire da quel giorno non avrebbe più lavorato da loro, queste sue comunicazioni avevano provocato un fitto chiacchiericcio tra i dipendenti, e il suo bacio con Federico come conclusione del discorso non aveva fatto altro che provocare ancor più malcontento nei dipendenti, questi si sentivano in dovere di dire la loro sulle scelte di Benjamin, credevano che stesse sbagliando tutto e che stesse tradendo i principi su cui si era basato suo padre per fondare quella azienda, alcuni, che credevano di essere più coraggiosi di chi restava in silenzio, si erano spinti oltre e avevano deciso di affrontare il moro, di dire lui che cosa pensassero delle loro scelte e non si erano di certo trattenuti nel linguaggio per farlo, Benjamin, con la sua solita finta calma che lo contraddistingueva, non aveva perso tempo nel ricordargli quale fosse il loro posto e di ripetere che, se era la loro volontà, erano liberi di andare via.
Benjamin voleva vivere la sua relazione con Federico, dopo tanti momenti brutti volevo poterlo vivere, e nessuno si sarebbe intromesso, lui non lo avrebbe permesso.

In quei giorni i due ragazzi avevano cercato di recuperare il tempo perso, si erano preoccupati di chiarire tutto ciò che era successo, affinché questo non creasse loro un problema nel futuro, avevano ritrovato quel legame che avevano, quel gioco speciale di cui solo loro conoscevano le regole, quel forte sentimento che provavano l'uno verso l'altro, che solo una settimana prima credevano non fosse abbastanza per ritrovarsi, era ritornato più forte che mai ed era destinato a non svanire, a non soffrire mai più, loro erano destinati a vivere felici insieme.

-"Benjamin." Lo chiamò Federico, con la bocca piena di noccioline appena comprate. "Io sono stanco." Aggiunse borbottando e finse un'espressione da cucciolo stanco.
Il moro, incapace di reprimere un sorriso, alzò gli occhi al cielo e gli circondò le spalle con un braccio.
-"Io invece credo che tu sia sazio." Disse il moro e gli prese le noccioline, per poterle mangiare lui. "E anche un pessimo attore." Aggiunse e gli scompigliò i capelli biondi.
Il più piccolo sbuffò arrabbiato e incrociò le braccia al petto, il maggiore, allora, non riuscì a fare altro che scoppiare in una fragorosa risata, non curante delle occhiate confuse che gli gettava chi si trovava a camminargli accanto.
I due ragazzi, felici della meritata pausa dal lavoro, stavamo camminando lungo una delle strade principali di New York, dove tante erano le luci che la rendevano più allegra e viva, ancor di più però erano le persone che la affollavano, persone che riempivano quelle strade con le loro risate, con le loro storie, che raccontavano a quelle mura che cosa avevano vissuto e che cosa ancora dovevano vivere.
New York era una città piena di storie, piena di amore, piena di vita.
New York era la città dell'amore di Benjamin e Federico.
-"Non credo che tu sia più bravo a recitare." Bofonchiò il più piccolo mentre teneva su un broncio che fece venire al maggiore una voglia assurda di baciarlo. "E ridammi le mie noccioline." Aggiunse e si riprese le sue noccioline.
Benjamin sorrise amorevolmente e gli stampò un bacio sulla tempia.
-"Il mio bimbo si è arrabbiato e questo non va bene." Disse e gli scostò i capelli dal viso.
-"Allora fai qualcosa per farlo tornare felice."
-"Torniamo a casa, amore mio?"

Federico era stato ben felice di accettare la proposta del suo fidanzato, era stanco di camminare per quelle strade trafficate, per quanto piacere gli facesse stare in compagnia di Benjamin e bearsi del suono della sua voce mentre gli raccontava storie e aneddoti di quella città ma preferiva, di gran lunga, restare a casa con lui e lasciarsi coccolare, lasciarsi trattare come un principe.
-"Ora va meglio, bimbo?" Gli chiese il maggiore e gli porse uno dei tanti cuscini presenti sul divano.
Federico prese il cuscino, del medesimo colore del divano, se lo sistemò sotto la testa e stese le gambe su quelle del maggiore.
-"Molto meglio, vecchio." Rispose Federico e lanciò uno sguardo di sfida al moro che alzò gli occhi al cielo.
-"Così ora sono un vecchio?" Chiese e iniziò ad accarezzargli le gambe coperte da un pantalone color beige.
-"Sì ma, se può consolarti, ho sempre avuto un debole per gli uomini maturi." Disse il più piccolo e gli regalò uno smagliante sorriso.
Benjamin decise di evitare alcune battute che l'altro avrebbe, sicuramente, trovato di cattivo gusto e preferì cambiare argomento.
-"Federico sei ancora deciso a non tornare a vivere qui?" Gli chiese, con tono improvvisamente più serio.
-"Sì, Benjamin." Annuì il biondo e cercò di usare il tono più dolce possibile, sapeva quanto all'altro ferisse quella sua decisione. "Per il momento preferisco ricreare il rapporto che avevamo e poi tornerò a vivere qui, se vorrai." Continuò.
Il più grande abbozzò un sorriso, gli spostò le gambe e si avvicinò a lui.
-"Come posso non volerti?" Chiese retorico e gli accarezzò la guancia con una mano. "Io voglio tutto di te, ti voglio in ogni momento della giornata." Disse. "Ti voglio, Federico." Aggiunse prima di annullare le distanze tra di loro e far unire le loro labbra.
Federico sorrise a quel contatto, il maggiore lo faceva sorridere e non poteva negarlo, gli mise le mani tra i capelli e ricambiò a quel contatto, concedendogli l'accesso alla sua bocca subito dopo.

In casa regnava il silenzio, nel buio del salotto, solo la luce della luna illuminava i corpi dei due ragazzi, ancora sdraiati sul grande divano, avvinghiati l'uno all'altro mentre si beavano dei loro baci e del contatto dei loro corpi, mentre le mani di Federico vagavano sulla schiena nuda del moro e le mani di quest'ultimo armeggiavano con la cintura dei pantaloni del ragazzo disteso sotto di lui.
-"B- Ben..." Mugolò Federico, decisamente contrario ad interrompere quel contatto ma era costretto a farlo.
-"Dimmi fiorellino." Sussurrò il moro e abbandonò le labbra del minore per spostarsi sulla pelle calda del suo collo.
-"N- non credi c- che dovremmo andare in c- camera?" Chiese il più piccolo, incapace di non balbettare, totalmente succube al volere del suo fidanzato.
Benjamin, smise di baciare la pelle a suo dire perfetta del minore e alzò lo sguardo per guardarlo, uno sguardo divertito ma allo stesso tempo desideroso di averlo.
-"Perché vuoi andare in camera, tesoro?" Gli chiese e iniziò ad accarezzare la pelle nuda del suo busto.
Il biondo aggrottò la fronte.
-"Beh, lì staremo più comodi e nessuno ci disturberà." Spiegò.
-"Dimmi il perché vuoi andare in camera." Ordinò il più grande, mentre un sorriso si faceva spazio sul suo volto.
-"Benjamin, va tutto bene?"
-"Andrà meglio se mi dirai perché vuoi andare in camera."
-"Non è abbastanza ovvio?" Chiese retorico il biondo.
-"È ovvio che io voglio te ma tu che cosa vuoi?" Replicò Benjamin. "Tu che cosa vuoi, Federico?"
-"Voglio te." Rispose Federico. "Anch'io voglio te, Benjamin."

Terminal || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora