Seven.

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Una piccola nube di fumo, che andò a disperdersi nel cielo coperto da grossi nuvoloni grigi, lasciò le labbra screpolate del più piccolo quando, questo, emise l'ennesimo sospiro.
Federico stava camminando tra le strade di New York, il vento gelido di quella mattina di inizio gennaio si abbatteva prepotente sul suo viso arrossato per il freddo, il giovane continuava a mordicchiarsi il labbro inferiore con i denti mentre stringeva tra le mani, sprovviste di guanti che il ragazzo aveva dimenticato nella sua stanza, due cartocci contenenti del caffè caldo.
Quella stessa mattina il capo del ragazzo, Benjamin, si era assicurato di svegliarlo e lo aveva fatto con, quello che a Federico sembrava, un anticipo fin troppo esagerato e approfittando di questo, il biondo, aveva deciso di fare un salto al bar dove era stato con Benjamin il giorno precedente e prendere due caffè per entrambi, si era assicurato di ricordare quale fosse il preferito del moro, o almeno quello che aveva preso il giorno precedente, e si era ritrovato a sperare che al suo arrivo non fosse da buttare.
Contrariamente al giorno precedente, quel venerdì mattina, le strade non erano troppe affollate e lui potette muoversi con più libertà e senza dover scusarsi ogni secondo per aver urtato qualcuno.

All'arrivo del più piccolo sul luogo di lavoro, fu sorpreso di notare che il parcheggio era ancora vuoto, solo la macchina di Benjamin e un'altra, di cui non conosceva il proprietario, e solo in quel momento si ricordò che erano soltanto le otto e mezzo del mattino e tutti non avrebbero iniziato a lavorare prima delle otto.
Il più piccolo scosse la testa, coperta da un berretto dell'obey grigio con una scritta in bianco, e con passi svelti entrò nel grande e maestoso edificio che aveva davanti, ormai era arrivato, non aveva alcun senso restare fuori al freddo.
-"Buongiorno!" La voce di Federico riecheggiò nella stanza vuota, nessun occhiata poco gentile si posò sul più piccolo, nessuno era lì pronto a criticarlo, era vuoto in quella grande sala.
Prima che il ragazzo potesse fare qualsiasi cosa, dei passi leggeri riecheggiarono in quel grande spazio vuoto, una sagoma discese, lentamente, lungo la scala mentre si teneva al corrimano ben rifinito e Federico non poté evitare di guardare ammaliato ogni singolo movimento dell'altro.
Il moro stava aggraziatamente scendendo le scale, con il suo solito portamento che avrebbe fatto invidia ad un re, stretto nel suo completo di alta sartoria e Federico non poté evitare di pensare, per un solo secondo, come sarebbe stata la sua vita se fosse stato Benjamin ma, subito dopo, scosse vigorosamente la testa e si disse che lui era solo Federico, un ragazzo venuto da Orlando alla ricerca della sua felicità.
-"Buongiorno Federico." La voce soave del moro raggiunse alle orecchie del minore e questo non poté evitare di sorridere. "Vedo che questa mattina non sei in ritardo." Aggiunse mentre, con passi lenti, lo raggiungeva.
-"In realtà non solo non sono in ritardo ma sono anche in anticipo." Commentò il più piccolo mentre lo osservava rapito.
Benjamin, dopo averlo raggiunto, assottigliò gli occhi e gli sorrise.
-"Ne terrò conto." Disse ma la sua attenzione fu rapita da ciò che il ragazzo stringeva tra le mani. "E questi sono?" Chiese e indicò i due caffè.
-"Uh, giusto, me ne stavo dimenticando!" Esclamò il biondo e prese uno dei due caffè, dove era stato scritto il nome del moro. "Sono passato al bar di ieri e ho pensato di prendere due caffè.
Spero le piaccia." Aggiunse e gli diede il caffè che aveva appena preso.
Il più grande prese l'oggetto dalle mani del ragazzo e lo guardò attentamente, prima di sorridere.
-"Grazie mille, Federico." Disse sorridente e strinse il caffè. "Vieni, andiamo nel mio ufficio, devo parlarti di alcune cose." Aggiunse prima di girare i tacchi e tornare da dove era venuto.
Federico sentì il sangue raggelarsi nelle vene, che cosa doveva dirgli Benjamin?
Voleva licenziarlo?

-"Accomodati." Disse il maggiore mentre si sistemava sulla sua sedia girevole in pelle nera, dietro la sua grande scrivania.
Federico annuì e fece come gli era stato detto.
-"Di che cosa vuole parlarmi?" Chiese, mentre cercava di mascherare la sua agitazione.
Il moro congiunse le mani e sorrise.
-"Vai dritto al punto, mi piace." Disse. "Perché non togli il cappotto, qui fa abbastanza caldo e non voglio tu ti senta male per questo." Aggiunse con tono sinceramente preoccupato.
-"D'accordo." Annuì il più piccolo e tolse il cappotto nero, rivelando, così, il suo maglione grigio chiaro.
Benjamin fece una smorfia contrariata alla vista dell'abbigliamento del ragazzo, un semplice maglione e un semplice jeans troppo chiaro per i suoi gusti.
-"Dovresti valorizzarti di più." Disse. "Questo maglione non lo fa." Aggiunse.
Il biondo abbassò lo sguardo sui suoi abiti e non poté che dargli ragione, non si era mai interessato tanto di moda e trovarsi in una stanza con un ragazzo vestito di tutto punto non lo metteva a suo agio.
-"Lei trova?" Fu tutto ciò che disse.
-"Io trovo." Rispose il più grande e si avvicinò alla scrivania. "Non siamo qui però per parlare di questo." Aggiunse.
-"Di che cosa vuole parlarmi?" Chiese nuovamente Federico e l'agitazione tornò ad impossessarsi di lui.
-"Ho bisogno che tu mi dica tutte le tue precedenti esperienze lavorative." Rispose il moro.
Il più piccolo si ritrovò a ringraziare mentalmente chiunque stesse vegliando su di lui, era già pronto al peggio.
-"In realtà non ne ho molte, in realtà ne ho solo una." Disse il minore. "Ho lavorato al supermercato del mio quartiere, come contabile." Continuò.
-"Come contabile." Ripeté Benjamin e annuì. "Non hai altre esperienze?"
Il biondo scosse la testa.
-"No, signore." Rispose. "Ho lavorato lì quasi un anno, da dopo la mia laurea." Aggiunse.
-"La tua laurea, parliamo proprio di questa." Disse il più grande mentre giocherellava con una penna stilografica. "Ti sei laureto con il massimo dei voti, giusto?" Chiese.
-"Giusto." Annuì Federico.
-"Ti ritieni soddisfatto?" Continuò a chiedere il moro.
-"Come?"
-"Ti ritieni soddisfatto dei tuoi risultati in campo lavorativo e dei tuoi studi?" Chiese Benjamin. "O credi che avresti potuto fare di meglio?" Chiese ancora.
-"Per quanto riguarda gli studi ho fatto del mio meglio e ho ottenuto i risultati sperati."
-"E per quanto riguarda il lavoro?
Anche in questo campo ti sentì soddisfatto?"
-"Beh, non ho avuto molte esperienze come le ho già detto, si può quasi dire che è questa la mia vera esperienza."
-"Ti piaceva lavorare in quel supermercato?" Chiese il moro con lo sguardo fisso sul minore.
-"È stato l'unico lavoro che mi è stato offerto, non potevo concedermi il lusso di rifiutare." Rispose Federico.
-"E qui?" Domandò il moro. "Qui credi di poter rifiutare o ti piace e non lo farai?" Chiese.
-"Qui mi piace, altrimenti non mi sarei mai trasferito."
-"Ti piace fare da segretario ad un ragazzo della tua stessa età alquanto scorbutico ed esigente che ti butta giù dal letto alle sei del mattino?" Replicò Benjamin. "Ti piace o preferiresti essere altro?" Chiese.
Il biondo rimase per qualche istante in silenzio, lui stesso aveva immaginato come sarebbe potuto essere se fosse stata diversa la sua vita, era quello che voleva?
-"Questo è solo l'inizio, potrà andarmi bene o no." Rispose. "Cercavo un lavoro, l'ho trovato ed eccomi qui." Aggiunse.
-"Qui non si tratta solo di cercare lavoro ma di cercare la tua felicità." Disse Benjamin. "Tu credi di poter essere felice lavorando con me?"

Terminal || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora