Eighty.

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Benjamin non riusciva a crederci, non riusciva ad accettarlo.
Come poteva accettare, o anche solo credere, che da lì a sei mesi, nella migliore delle ipotesi, avrebbe perso il suo fidanzato?
Come poteva accettare che la persona che gli aveva insegnato ad essere felice e ad amare era destinato ad abbandonarlo prima di quanto lui volesse?
No, Benjamin, non poteva farlo.
Non voleva farlo.
Non riusciva ad accettare neanche la decisione presa dal più piccolo, gli aveva detto di comprenderlo e per quanto fosse difficile gli aveva anche detto di condividere la sua scelta ma gli aveva mentito, non lo capiva e tantomeno condivideva quella che a lui sembrava una follia, era vero, era vero che le cure lo avrebbe distrutto ma potevano salvarlo e lui preferiva rinunciare anche a quella sua ultima possibilità di vivere, preferiva abbandonare il più grande al suo destino, tanto lui non ci sarebbe stato per vederlo soffrire.
Solo sei mesi e Federico non ci sarebbe più stato per Benjamin.

Dopo essere tornati a casa, Benjamin e Federico non si erano quasi mai rivolti la parola, dopo la piccola discussione, se così poteva essere chiamata, riguardo la decisione presa dal più piccolo, senza neanche chiedere al suo fidanzato che cosa ne pensasse, i due si erano limitati a girovagare per casa alla ricerca di qualcosa che attirasse la loro attenzione e gli permettesse di pensare ad altro.
Il colpo di grazia però, a detta del moro, gli arrivò quando Diana li raggiunse e lui si ritrovò a fare i conti con la realtà, realtà che Federico non si premurò di nascondere.
-"Ragazzi com'è andata dal medico? Che cosa dicono i risultati?" Chiese la donna, mentre si sistemava il suo grembiule bianco con i pois rosa, ai due giovani che se ne stavano stravaccati sul divano. "E che cosa volete mangiare per pranzo?" Aggiunse, sicura che la risposta alla domanda precedente fosse qualcosa di poco conto, dato che il dottore aveva assicurato loro che non fosse nulla di grave.
-"Oh, nulla di che." Rispose Federico e alzò lo sguardo sulla donna che sospirò di sollievo. "Mi ha solo detto che ho un tumore alla testa." Aggiunse e Benjamin notò il viso della donna perdere ogni colore. "Credo che del pollo potrebbe andare bene, tu che dici, Benjamin?" Continuò come se ciò che avesse detto fosse qualcosa che non lo riguardasse, come se quella fosse solo una stupida menzogna o uno scherzo.
Benjamin invece si sentì nuovamente mancare la terra sotto ai piedi a sentire quelle parole, a sentire quale sarebbe stato il loro destino, e in quel momento prese una decisione.
Doveva allontanarsi.

-"Benjamin?" La voce, ancora assonnata, di Federico riecheggiò nella loro stanza da letto, dove la finestra era spalancata per poter far cambiare l'aria.
Lo sguardo del più piccolo vagò tra quelle quattro mura, che aveva decorato con una parte di lui, e un'espressione delusa si stampò sul suo viso quando vide che il suo fidanzato non era lì, neanche quella mattina.
Erano passati diversi giorni da quando avevano ricevuto la notizia che li aveva del tutto stravolti, i due però avevano reagito in modo differente, Federico aveva deciso di sorridere ad ogni cosa che gli accadeva, ringraziava per ogni suo nuovo giorno e vedeva il lato positivo di tutto, Benjamin invece sembrava essersi chiuso nel suo guscio, lo stesso che Federico aveva faticato ad aprire appena lo aveva conosciuto, ignorava chiunque provasse ad avvicinarsi e in particolare ignorava il biondo, era a lui che riservava il suo trattamento più freddo, ogni parola pronunciata dal più piccolo era per lui motivo di litigio e si premurava di rifiutare nel modo meno gentile possibile le proposte di fare qualcosa del suo fidanzato, Benjamin non aveva alcuna intenzione di averlo al suo fianco e questo faceva soffrire Federico, ancor di più della consapevolezza di avere solo pochi mesi di vita.
-"Benjamin." Lo chiamò nuovamente il minore quando scese in salotto, strascicando i piedi sul pavimento freddo, la casa non gli era mai sembrata tanto vuota come in quel momento, solitamente il moro se ne stava sul divano e anche se lo ignorava Federico era felice di poterlo vedere, ma non quella mattina.
-"Tesoro, buongiorno!" La voce, sempre allegra, di Diana raggiunse le orecchie del più piccolo che continuava a stropicciarsi gli occhi mentre lottava con una mosca che non voleva lasciarlo in pace.
Diana era stata per lui una presenza fondamentale in quei giorni, ogni volta che lui scoppiava a piangere quando il più grande lo ignorava, la donna, era pronta ad abbracciarlo e a ripetergli che sarebbe andato tutto bene, che Benjamin aveva solo una brutta giornata e lui non poteva fare a meno di chiedersi quando sarebbe terminata quella giornata.
-"Diana." Sorrise il più piccolo e si affrettò a raggiungere la donna, dimenticando la mosca che lo inseguiva.
La donna gli stampò un bacio sulla guancia rosea e fece una smorfia quando vide la maglia bianca del pigiama del ragazzo totalmente stropicciata.
-"Ah, voi giovani d'oggi, non vi preoccupate nemmeno delle condizioni con cui uscite dal letto." Blaterò la donna e gli sistemò l'indumento. "E tocca sempre a me sistemarvi."
-"Ma tu ami prenderti cura di me." La canzonò divertito il biondo e l'abbracciò. "E io amo che tu lo faccia."
Diana alzò gli occhi al cielo, interruppe l'abbraccio e gli prese la mano.
-"Proprio per questo ora ti porterò a fare colazione." Disse. "E tu mangerai tutto senza fiatare, sei troppo magro ragazzino."

-"Diana viene l'esercito a colazione e io non ne so nulla?" Chiese Federico mentre prendeva un biscotto al cioccolato, tra le tante pietanze che la donna gli aveva sistemato davanti agli occhi.
-"Mangia e non fare storie."
-"Magari potrei aspettare Benjamin e fare colazione con lui, sai che lui ama tutto ciò che prepari."
Il sorriso che continuava ad alloggiare sul viso della donna scomparve e il più piccolo notò i suoi occhi incupirsi.
-"Benjamin ha già fatto colazione." Disse. "Ore fa."
-"E perché non mi ha svegliato?
Sa che amo fare colazione con lui?" Chiese il più piccolo, con una morsa a stringergli il petto; anche se in quei giorni si era allontanato non aveva mai mancato alla loro abitudine di fare colazione insieme. "E ora dov'è?" Aggiunse.
Diana, seppur non convinta, aprì la bocca per rispondergli ma in quel momento la grande portafinestra in vetro, coperta solo da una tenda bianca, della cucina si aprì e un Benjamin stretto nei suoi pantaloncini aderenti neri e totalmente sudato fece la sua comparsa.
-"Benjamin!" Esclamò Federico e balzò giù dallo sgabello.
Il moro inarcò un sopracciglio e sbuffò.
-"Vedo che già sei sveglio."
-"Sembra quasi che ti dispiaccia." Replicò il minore e si avvicinò a lui. "Preferivi che io continuassi a dormire per evitarmi meglio?"
Il moro schioccò la lingua sul palato e alzò gli occhi al cielo.
-"Il dottore ha detto che devi riposare e tu invece te ne vai in giro per casa come una trottola." Disse.
-"Non ero in giro per casa, ero qui a fare colazione." Rispose il più piccolo e incrociò le braccia al petto. "Da solo."
-"Io invece sono uscito, non sono costretto a fare colazione con te ogni giorno." Disse Benjamin. "Non muori mica se per un giorno fai colazione senza di me." Continuò e si diede mentalmente dello stupido dopo essersi reso di ciò che aveva appena detto.
Il biondo vacillò, dovette reggersi al ripiano della cucina per non cadere e il suo viso divenne pallido tanto quanto la tenda ma decise di non far pesare quelle parole all'altro, si limitò ad annuire e ad indietreggiare.
-"Almeno puoi dirmi dove sei stato?" Chiese sottovoce, mentre Diana avanzava verso di lui, per poterlo aiutare a tornare al suo posto.
-"Ho fatto una corsa."
Federico sgranò gli occhi e dovette trattenersi dall'urlare.
-"E da tre giorni che ti chiedo di andare a correre insieme!" Esclamò.
-"Tu non puoi farlo, Federico." Replicò il moro, faticava a sembrare impassibile quando dentro si sentiva morire. "Il dottore ti ha detto che devi riposare."
-"Ha detto tante cose, il dottore." Rispose il più piccolo. "Non mi sembra però che abbia detto che tu debba ignorarmi." Aggiunse e Diana lo trascinò al suo posto.
-"Non ti sto ignorando." Mugolò Benjamin e bevve una generosa quantità di acqua dalla bottiglietta che si era portato dietro. "Sono solo occupato."
-"Sì, ad ignorarmi."
Il più grande alzò gli occhi al cielo e si diresse verso l'uscita dalla cucina.
-"Benjamin?" Lo chiamò Federico e l'altro si bloccò sulla soglia. "Sono io quello che è malato e morirà tra sei mesi, non tu."

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