Twenty five.

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Federico non si sarebbe mai stancato di Benjamin, non si sarebbe mai stancato del modo come si sentiva quando era in sua compagnia, non sarebbe mai riuscito a rinunciare alla presenza del moro, ai sorrisi che questo gli donava, ai suoi occhi tanto belli da far invidia alle stelle e non avrebbe mai rinunciato neanche al rossore che si dipingeva sulle sue guance quando quegli stessi occhi finivano per osservarlo senza mai smettere, lo osservavano in ogni suo più piccolo dettaglio, lo facevano sentire speciale, quando gli occhi di Benjamin si poggiavano su di lui tutto il resto spariva, il filo invisibile che li univa li spingeva più vicini l'uno all'altro, li spingeva a nutrirsi di loro e di quel sentimento tanto forte che volevano negare per paura, solo per paura.
Federico non si sarebbe mai stancato di Benjamin perché per lui avrebbe significato stancarsi di essere felice.

Il mattino precedente Benjamin e Federico erano finiti per trattenersi al parco per più tempo di quanto avessero pensato, si erano dimenticati del lavoro, di tutti i loro doveri e anche di qualsiasi cosa che non comprendesse loro due e il posto in cui si trovavano; le ore erano trascorse veloci l'una dopo l'altra, i minuti scorrevano copiosi e i due neanche se ne rendevano conto, persi tra le loro risate e le carezze che si rubavano quando nessuno poteva vederli si erano beati di quelle ore, delle sensazioni che avevano provato e Federico non era riuscito a non pensare quanto sarebbe stato bello poter baciare ancora una volta, anche se fosse stata l'ultima volta, le labbra morbide e carnose del più grande, sentiva ancora il sapore che queste gli avevano lasciato quella fatidica sera e sentiva bruciare lì dove, solo poche ore prima, quelle stesse labbra si erano poggiate sulla sua pelle calda, avrebbe fatto di tutto per poterlo baciare ancora ma sapeva che equivaleva a perderlo e quello non poteva farlo.

Contrariamente al giorno precedente quel mercoledì newyorkese era abbastanza uggioso, l'azzurro splendente del cielo era stato coperto da delle nuvole che, almeno secondo il meteo, sarebbero state solo di passaggio, le strade della grande mela erano invase da passeggianti e da turisti curiosi di scoprire ogni segreto di quella città dai tanti colori, i negozi erano in piena attività, i bar emanavano un dolce profumo di cornetti appena sfornati misto a quello della cioccolata, tutto in quella città era vivo.
Federico aveva fatto fatica ad alzarsi quel giorno, un forte mal di testa aveva deciso di non dargli un solo momento di riposo, anzi, diventava sempre meno sopportabile minuto dopo minuto, il moro gli aveva più volte chiesto che cosa avesse e sembrava non credere molto alla sua risposta nonostante gli avesse proposto di prendere qualcosa o di tornare a casa, Federico era felice delle tante attenzioni che questo gli riservava ma non voleva che la loro amicizia influisse anche sul lavoro, non voleva trattamenti di favore, quindi decise di restare a lavoro.
-"Mh..." Mugolò in preda al dolore, per l'ennesima volta, Federico che se ne stava sdraiato in malo modo sul divano morbido.
Il moro sospirò nel sentire ancora una volta le lamentele dell'altro, lasciò cadere i fogli che reggeva e, con sguardo preoccupato, si voltò verso di lui.
-"Federico..." Sospirò e si passò una mano tra i capelli. "Dovresti andare a casa, dico davvero." Disse.
-"No." Scosse la testa il più piccolo prima di mugolare, nuovamente, per il dolore. "Se sono qui è per lavorare, non per starmene a casa." Replicò e strinse al suo petto il cuscino lucido nero.
-"Se però non ti senti bene non ha senso che tu stia qui, non puoi comunque fare nulla." Rispose Benjamin. "Se vai a casa, invece, puoi riprenderti e domani sarai in perfetta forma per lavorare e mi sarai più utile." Spiegò.
-"Io resterò qui invece." Disse sicuro di se stesso il biondo e, a fatica, si mise a sedere. "Dimmi come posso aiutarti e lo farò, non mi va di starmene qui sdraiato sul divano." Aggiunse poco prima che l'ennesima fitta di dolore lo cogliesse e lo costringere a lamentarsi per il dolore nuovamente.
-"Fiorellino..." Sussurrò il più grande prima di alzarsi dalla sua postazione e avvicinarsi a lui. "Ascoltami, te ne prego." Aggiunse e si inginocchiò davanti a lui.
-"Benjamin..." Fu tutto ciò che Federico riuscì a dire, prima che il dolore diventasse ancora una volta più forte e lo costringesse ad afferrarsi la testa tra le mani.
Una mano caldo del moro si poggiò sulla guancia pallida del moro e gliel'accarezzò leggermente.
-"Come stai?" Chiese in un sussurro.
-"Abbracciami..." Disse il più piccolo. "Abbracciami, Benjamin, ti prego." Aggiunse.
Benjamin non se lo fece ripetere due volte, circondò il busto del minore con le sue braccia e lo attirò al suo corpo.
-"Torna a casa fiorellino, te ne prego..." Sussurrò e lo strinse forte a lui.
Il biondo, per tutta risposta, allacciò le braccia al collo del maggiore e poggiò la testa dolorante sulla sua spalla.
-"Sono io che prego te, non insistere." Disse. "Voglio restare qui, qui con te."
-"Non mi piace vederti così tanto sofferente."
-"È solo un mal di testa, Ben." Rispose Federico senza mai sciogliere l'abbraccio che li univa. "Solo uno stupido mal di testa." Ripeté.
Il moro sospirò nuovamente e, con il corpo del minore stretto tra le sue braccia, si sistemò sul divano e, a sua volta, si sistemò il corpo del minore su di lui.
-"Almeno promettimi di prendere qualcosa." Disse.
-"Mi basta solo che tu mi stia accanto e presto mi passerà." Replicò il più piccolo e si strinse, ancora di più, a lui.
-"Io ci sono." Rispose Benjamin e iniziò ad accarezzargli i capelli biondi. "Io sono qui con te ma vedo che non stai bene, hai bisogno di medicine e di riposo." Continuò.
Il biondo allungò una mano per poggiarla sulla gamba, coperta da un pantalone classico nero, del maggiore e iniziò a disegnare cerchi invisibili su questa.
-"Tutto ciò di cui ho bisogno è te al mio fianco, tutto qui." Disse e chiuse gli occhi pesanti. "Non voglio medicine e tantomeno voglio andarmene a casa riposare, voglio solo restare con te, su questo stesso divano, e dimenticare tutto, anche il mio mal di testa." Continuò.
Il più grande scosse la testa e sospirò sconfitto.
-"Sei una testa dura, Federico." Rispose. "Non so dirti di no però."

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