Federico aveva corso il più possibile per allontanarsi da quel parcheggio, per allontanarsi il più possibile da Benjamin e le cattiverie, che di certo non si meritava, che gli aveva detto, una volta fuori da quella limousine, diventata improvvisamente troppo piccola e da cui era scomparsa tutta l'aria, il biondo aveva ignorato lo sguardo preoccupato e la voce di Tyler, di ritorno dalle commissioni che il più grande gli aveva affidato, che lo chiamava per sapere che cosa fosse successo, voleva dimenticare tutto quello che era successo e non si sarebbe fermato neppure un secondo.
Federico sapeva bene che aveva sbagliato a dire quelle cose al moro, aveva sbagliato a dirgli di non averlo mai amato ma gli era sembrata la cosa più giusta da fare in quel momento, l'unico modo che aveva per evitare che l'altro continuasse a ripetergli che erano fatti per stare insieme, il più piccolo sapeva bene che era la verità, lui e Benjamin potevano essere felici sono se stavano insieme ma sapeva anche che non potevano farlo, lui non poteva farlo, ciò che gli aveva detto Vanessa era vero e lui preferiva evitare di soffrire, anche se doveva ammettere che per lui era abbastanza strano il comportamento che il moro stava assumendo, se era sua intenzione lasciarlo, perché voleva a tutti costi tornare con lui?
Faceva tutto parte di un suo piano o Vanessa aveva mentito?Federico aveva corso per un tempo a lui indefinito tra le strade, perennemente affollate, di quella città, aveva corso tra i marciapiedi Ben asfaltati, tra il verde, seppur in quantità minime rispetto a quanto sarebbe piaciuto al biondo, che quella città aveva da vantare, aveva rallentato la sua corsa contro il tempo solo quando era riuscito a confondersi tra un gruppo di turisti, troppo occupati ad ammirare le bellezze di New York per far caso agli occhi lucidi del ragazzo dai capelli biondi che li affiancava, un ragazzo che rimpiangeva di aver messo piede a New York, di aver stravolto la sua vita.
Il più piccolo, ormai affaticato dalla lunga corsa e dal peso che sentiva sul petto e che non voleva sapere di lasciarlo andare, decise di entrare in un bar che non aveva mai visitato ma il solo essere poco affollato gli fece capire che quella fosse la scelta migliore, il ragazzo non si soffermò nello scoprire quale fosse il nome di quel locale o tantomeno scoprire se godesse di una buona fama o meno, si limitò ad aprire, dopo aver imprecato più volte, la porta in vetro e si lasciò investire da una tiepida aria, piacevole nonostante fosse ormai piena primavera e le temperature stessero aumentando; il ragazzo dai capelli biondi si guardò intorno per qualche istante prima di decidere di sedersi ad uno dei tavoli più isolati, a grandi passi raggiunse il tavolo in legno e si buttò sulla sedia, anche essa in legno, a peso morto.
-"Che giornata." Borbottò sottovoce e si passò una mano sul viso distrutto dalla stanchezza e dal dolore.
Il ragazzo riusciva ancora a sentire l'odore del moro sulla sua pelle, sentiva ancora le labbra carnose di quello a contatto con la sua pelle nuda e sentiva, anche, il suono della sua voce mentre gli sussurrava all'orecchio che sarebbe stato suo, il ricordo di ciò che meno di un'ora prima era successo tra di loro lo investì e una scia di brividi gli invase il corpo, si domandava se mai sarebbe ritornato tra le braccia del moro ma subito dopo si ricordava ciò che gli aveva detto, il modo in cui lo aveva accusato, e si auto convinceva che doveva dimenticare Benjamin, sarebbe stata la cosa migliore per entrambi.
-"Scusami." Una voce, abbastanza allegra e che fece fare una smorfia di disgusto all'altro, interruppe i pensieri del ragazzo e lo costrinse a togliere la mano dal viso, per poterlo guardare. "Posso chiederti una cosa?" Chiese.
Federico rimase a bocca aperta quando vide il ragazzo che aveva davanti, aveva ciuffo ribelle color castano, occhi nocciola e un sorriso che aveva letteralmente mandato fuori di testa il più piccolo, che non faceva altro che osservarlo a bocca aperta.
-"D- dimmi." Balbettò e sbatté le ciglia più volte, come se volesse accertarsi che quello non fosse un sogno.
-"Mi chiedevo se sei mai stato in questo bar." Disse il ragazzo. "Non ci sono mai stato e volevo sapere se fosse affidabile o meno." Aggiunse.
Quella storia non aveva molto senso, a detta del minore, ma preferì non fare domande, voleva dimenticare il moro e il destino gli aveva appena dato un modo per farlo, perché non approfittarne?
-"No, non ci sono mai stato." Rispose e notò una piccola espressione triste impossessarsi del bel viso del ragazzo. "Potremmo scoprirlo insieme però, se ti va."
Il giovane dai capelli castani, allora, regalò nuovamente un raggiante sorriso al biondo e questo non poté fare che sorridere anche lui.
-"Posso?" Gli chiese e indicò la sedia.
-"Devi." Rispose Federico prima di porgergli la mano. "Io sono Federico."
-"Io sono Justin, Justin Baker." Rispose il ragazzo e gli prese la mano. "È un piacere conoscerti, Federico." Aggiunse sorridendo.
-"È un piacere mio, Justin." Replicò il biondo e appoggiò le braccia sul tavolo. "Non ti ho mai visto." Aggiunse e inclinò la testa da un lato.
-"Mi sono trasferito qui circa quindici giorni fa." Disse Justin. "Ma se avessi saputo che qui c'era gente come te mi sarei trasferito almeno dieci anni fa." Aggiunse sorridendo.
-"Beh, avresti perso tempo." Replicò il biondo e si lasciò andare ad una breve risata. "Mi sono trasferito qui a gennaio." Gli spiegò.
-"Quindi immagino di non poterti chiedere di farmi visitare la città." Rispose ridendo il castano.
Federico sorrise e si sistemò meglio sulla sedia.
-"Da dove vieni?"
-"Pittsburgh, tu?"
-"Orlando."
-"Come mai ti sei trasferito qui?" Gli chiese il castano.
-"Per lavoro e perché ero stanco della mia vita ad Orlando." Rispose il più piccolo e iniziò a giocherellare con il tovagliolo in stoffa. "E tu?
Tu perché hai scelto di trasferirti a New York?"
-"Per frequentare un corso d'arte." Disse Justin. "La mia città non ne offre di validi, qui invece ci sono i migliori del mondo."
-"Ti piace l'arte?" Chiese, sinceramente colpito, il biondo.
Il ragazzo annuì e gli regalò l'ennesimo sorriso.
-"Mi piace molto." Rispose. "Soprattutto disegnare." Aggiunse.
-"Mi è sempre piaciuto saper disegnare." Replicò Federico e fece una strana smorfia. "Non è mai stato il mio forte però." Aggiunse ridendo.
-"Potrai non essere bravo a disegnare." Iniziò a parlare Justin. "Io però darei di tutto per poterti disegnare."
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Terminal || Fenji.
FanfictionTerminal || Fenji. «Terminal 3. Un aereo preso nella speranza che tutto possa cambiare, tanti sogni ma poche speranze. Qualcosa però accadrà. Un paio di occhi saranno la sua turbolenza, sconvolgeranno la sua vita e lo cambieranno in ogni senso. Un v...