La bocca del più grande era spalancata, le mani tremanti e la gola, improvvisamente, secca, il ragazzo non faceva altro che ingoiare a vuoto mentre cercava di capire che cosa stesse succedendo, come in pochi minuti la sua vita avesse perso ogni senso, stringeva quel foglio di carta stropicciato tra le mani tremanti e sperava che, se avesse continuato a guardarlo come faceva, il contenuto di quella lettera potesse cambiare.
È arrivata la nostra fine, non esiste più un noi.
Recitava la lettera e Benjamin, se solo il minore fosse stato lì accanto a lui dove doveva essere, avrebbe voluto urlargli che loro due non erano destinati ad essere due persone separate, erano nati per essere un noi e nessuno poteva separarli, neanche Federico stesso, il sentimento che li legava era sincero e puro e avrebbe trovato il modo di resistere ad ogni tempesta.
Benjamin sapeva che lui e Federico erano destinati ad amarsi per una vita intera eppure, a lui, sembrava che la sua fosse finita in quel preciso momento.Il respiro era mozzato, gli occhi appannati dalle lacrime che minacciavano di scendere prepotenti, il labbro inferiore tremante proprio come le mani; un singhiozzo, mal trattenuto, lasciò le labbra gonfie e rosse del più grande e, in preda ad un impeto di rabbia, lanciò il foglio in aria, che lentamente iniziò la sua discesa fino ad atterrare sul tavolino davanti agli occhi del ragazzo, un grido di rabbia si diffuse nell'ampio salotto e fece sobbalzare la giovane domestica che se ne stava, poco lontana dal ragazzo, a togliere la polvere da una mensola contenente alcuni trofei vinti dal ragazzo da piccolo.
-"Dannazione!" Esclamò Benjamin, in preda alla rabbia, e colpì con il palmo della mano aperto il piccolo tavolo in marmo bianco, in tinta con il divano, provocando un tonfo che si diffuse fino a giungere in cucina, dove Diana fece una smorfia preoccupata. "Dannazione, Federico, dannazione!
Non dovevi farlo!" Urlò e scattò in piedi.
Dalla cucina, a grandi passi, ne uscì una Diana preoccupata intenta a pulirsi le mani sul grembiule bianco con stampati dei cuori rossi qua e là.
-"Benjamin!" Esclamò la donna.
Diana era per il moro una mamma, quando il ragazzo era nato la donna era già al servizio della famiglia ed era stata proprio lei in persona ad occuparsi del bimbo quando il padre era via, questo si fidava solo di lei, e in situazioni come quella che si stava verificando in quel momento, lei, si permetteva di chiamarlo in quel modo e di dargli del tu.
-"Che cosa succede?" Chiese e gli si avvicinò per poggiargli una mano sulla spalla, coperta dalla camicia che indossava il giorno precedente.
Il moro, con un gesto brusco, si voltò verso di lei e i suoi occhi iniettati di sangue incontrarono quelli della donna che sospirò; Diana aveva capito che in quel momento Benjamin era triste ma il ragazzo non riusciva ad esprimere quel sentimento, nel corso della sua vita aveva ricevuto molte batoste e aveva imparato a trasformare la tristezza in rabbia, ogni qualvolta gli succedeva qualcosa di brutto, finiva per arrabbiarsi e incanalava quella rabbia per potersi migliorare e non ricevere più batoste come quella, anche al funerale di suo padre ne aveva urlate di ogni genere all'uomo ormai deceduto, lo accusava di averlo lasciato solo quando iniziava a conoscere il mondo, non aveva versato una sola lacrima perché diceva di essere lui quello che stava peggio e se la gente ci teneva a dispiacersi per qualcuno doveva essere lui, non suo padre che lo aveva abbandonato, Diana però sapeva che da quella situazione, proprio come dalla morte del padre, non avrebbe avuto modo per migliorarsi e sarebbe finito per autodistruggersi.
Lo sguardo della donna ricadde sul foglio lasciato sul tavolo, si abbassò per prenderlo e quando notò che l'altro la osservava in silenzio, velocemente, ne lesse il contenuto.
-"Che cosa ci fai ancora qui?" Disse Diana dopo aver letto, a grandi linee, il contenuto della lettera.
-"Lui non mi vuole."
-"Te l'ho detto l'altra mattina e te lo ripeto ora.
Lui è probabilmente la cosa migliore che può succederti e devi lottare per lui, devi farlo per lui e anche per te."
-"Lui non mi vuole." Ripeté Benjamin mentre i suoi pugni chiusi iniziavano ad essere meno serrati.
-"Se non ti vuole quantomeno deve darti una spiegazione." Replicò Diana. "Vai da lui, vada come vada, almeno non avrai rimpianti.
Vai Benjamin, lui lo merita.
Voi lo meritate."
Il moro guardò per un secondo la donna, gli occhi ancora iniettati di sangue ma l'espressione meno dura di poco prima, prima di annuire e risalire i pochi scalini che dividevano il divano dal resto del salotto.
-"Buona fortuna, tato."Il soprannome che Diana gli aveva affibbiato, lo stesso che usava fin da quando era bambino ogni qualvolta la situazione non fosse esattamente piacevole, aveva dato al moro la forza di uscire da quella casa e andare a lottare per il suo fidanzato, perché nonostante tutto, Federico, restava il suo fidanzato.
Dopo poco più di dieci minuti di guida spericolata, Benjamin arrivò davanti al vecchio motel dove era sicuro il biondo fosse tornato ad alloggiare, in così poche ore era certo che non avesse avuto il tempo materiale per prenotare un volo e, addirittura, partire e il motel doveva essere stata la sua ultima possibilità; a grandi passi salì le scale in ferro e giunse davanti alla porta della vecchia stanza del ragazzo, Federico era un tipo tradizionalista ed era certo avesse preso nuovamente la stessa stanza, bussò più e più volte molto rumorosamente, tanto che un paio di vicini si affacciarono per controllare se fosse successo qualcosa.
-"Arrivo, arrivo!" Esclamò una voce proveniente dall'interno.
Il solo sentire la voce di Federico fece sospirare Benjamin, che neanche si era reso conto di star trattenendo il respiro; dopo solo pochi istanti la vecchia porta si aprì ed entrambi rimasero a bocca aperta.
Il moro scrutò attentamente l'altro, non lo vedeva da solo poche ore eppure gli sembrava di avere davanti una persona totalmente diversa, indossava la sua vecchia felpa grigia che tante volte aveva stretto a lui e si chiedeva se ci fosse ancora il suo profumo, un tenero sorriso comparve sul suo volto al ricordo dei bei momenti passati insieme ma scomparve non appena l'altro cercò di richiudere la porta, lui però glielo impedì con un piede.
-"Dobbiamo parlare." Disse Benjamin e spalancò la porta per entrare nella stanza. "Che ti piaccia o no." Aggiunse e si voltò verso di lui, fermo nel bel mezzo della stanza.
Il biondo scosse la testa, sospirò e chiuse la porta per poi poggiarci contro la schiena.
-"Ti ho già detto tutto ciò che avevo da dirti." Rispose.
-"No, Federico, non me l'hai detto.
Me l'hai scritto, proprio qui." Replicò il più grande e tirò fuori la lettera, appallottolata nella tasca del pantalone che non si era la preso la briga di cambiare, si avvicinò di qualche passo a lui e indicò il pezzo di carta stropicciato. "E questa lettera mi sembra la cazzata più grande che possa esistere a questo mondo!" Esclamò.
Federico abbassò lo sguardo, incapace di reggere quello dell'altro.
-"Pensa quello che ti pare." Sussurrò. "Quello che c'è scritto è, però, quello che penso io."
Il più grande si piazzò davanti a lui, gli mise due dita sotto al mento e fece incontrare i loro occhi.
-"Guardami." Ordinò. "Allora perché non me l'hai detto di persona?" Chiese
-"Benjamin ti ho già detto quello che volevo dirti." Replicò il biondo e cercò di liberarsi del contatto dell'altro, stando ben attento a non guardarlo mai negli occhi. "Vattene."
-"Guardami negli occhi, Federico." Disse Benjamin e lo imprigionò tra il suo corpo e la parete, impedendogli di muoversi. "Guardami negli occhi, dimmi che non vuoi stare con me e me ne andrò." Aggiunse.
Il biondo sentì il suo cuore battere più velocemente, sentiva il calore del corpo dell'altro su di lui e la tentazione di baciarlo si fece più forte ma non poteva, alzò lo sguardo per guardarlo e ingoiò a vuoto, le parole gli morivano in gola e temeva di potersi tradire da un momento all'altro.
-"Fallo, Federico." Ordinò Benjamin. "Dimmi che non vuoi stare con me e me ne andrò, devi solo dirmelo e andrò via, svanirò dalla tua vita.
Dimmelo, fallo." Continuò.
Il biondo aprì la bocca per parlare, per poi richiuderla, fece così un paio di volte prima di parlare.
-"I- io..." Balbettò e abbassò lo sguardo, pronto a scoppiare a piangere.
Un sorriso soddisfatto si stampò sul volto del moro che gli accarezzò i capelli.
-"Sapevo che non potevi farlo, tu non vuoi lasciarmi."
Federico con un gesto brusco gli scostò la mano e fece incrociare i loro occhi.
-"Io non voglio stare con te." Disse. "Tra di noi è finita."
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Terminal || Fenji.
Fiksi PenggemarTerminal || Fenji. «Terminal 3. Un aereo preso nella speranza che tutto possa cambiare, tanti sogni ma poche speranze. Qualcosa però accadrà. Un paio di occhi saranno la sua turbolenza, sconvolgeranno la sua vita e lo cambieranno in ogni senso. Un v...